Il 2022 del tennis mondiale è stato un anno sui generis per diversi motivi. Uno Slam come Wimbledon non ha assegnato punti ed ha escluso i giocatori russi e bielorussi per motivi bellici, si è giocato un torneo 1000 in meno (Shanghai) e il 21 volte campione Major Novak Djokovic ha rinunciato a due Slam e quattro 1000 per la scelta di non vaccinarsi. Una serie di circostanze che rendono la classifica mondiale attendibile fino a un certo punto, viste le tante circostanze particolari. Dunque è possibile affidarsi a criteri differenti da quelli del ranking ATP per misurare la bontà della stagione dei migliori tennisti al mondo. Un dato che può essere preso in esame a tal fine è il rapporto tra vittorie e sconfitte, ossia la percentuale di vittorie in base a quanto ogni tennista ha giocato.
Sono tre i giocatori ad andare oltre l’80%: Novak Djokovic, Rafael Nadal e Carlos Alcaraz. Il serbo ha vinto ben 42 partite perdendone appena 7: l’85,7% di successi in una stagione nella quale ha giocato “part-time” per i noti motivi. Per giunta, la maggior parte delle sconfitte sono arrivate nella parte iniziale dell’anno, quando ancora l’ex numero 1 del mondo non era in condizioni perfette. Dalla sconfitta nei quarti del Roland Garros contro Nadal ha perso una sola partita: la finale di Bercy contro Holger Rune. Numeri inequivocabili che parlano di una stagione pazzesca, malgrado le condizioni difficili.
Un’annata di fattura notevole è anche quella di Nadal: 39 vittorie e 8 sconfitte, 83% di successi. Possiamo definire agli antipodi le stagioni di Nadal e Djokovic: lo spagnolo ha infatti brillato nella prima parte della stagione, con due Slam vinti in Australia e a Parigi. La flessione c’è stata invece nella seconda parte: poche partite giocate dopo l’infortunio a Wimbledon e le uscite premature a Cincinnati, US Open, Parigi-Bercy e ATP Finals.
L’81,4% di vittorie invece per Alcaraz: lo spagnolo ha però giocato decisamente di più rispetto a Nadal e a Djokovic. Ben 57 vittorie e 13 sconfitte: l’attuale numero 1 del mondo ha avuto grandi momenti di fulgore, come quello del 500 vinto a Rio e i due 1000 di Miami e Madrid o la splendida cavalcata agli Open degli Stati Uniti, alternati ad altri di appannamento. Non semplice è stato il periodo post Roland Garros: le due sconfitte con Sinner a Wimbledon e Umago, il k.o. in finale ad Amburgo con Musetti. Difficile anche l’ultimo scorcio di stagione dopo lo US Open, chiuso con il ritiro nel match contro Rune a Bercy per l’infortunio all’addome che ha decretato la fine della sua stagione. Con l’andare avanti degli anni sarà sempre più importante per il murciano gestire al meglio la programmazione, evitando di giocare tantissimi tornei.
Lo stacanovista per eccellenza è stato Stefanos Tsitsipas: per lui un’ottima classifica (n.4 ATP) a fine anno giocando tantissime partite, probabilmente troppe. Il greco ha vinto 61 partite su 85 giocate, per un 71,76% che lo pone solo al nono posto nella nostra speciale graduatoria. Sette finali raggiunte avendone vinte due (Montecarlo e Maiorca). Forse la decisione migliore per l’ellenico sarebbe giocare qualche match in meno e provare a fare un ulteriore salto di qualità: la quantità di partite giocate a lungo andare può rivelarsi controproducente.
Subito dietro a Tsitsipas in decima posizione c’è Daniil Medvedev: 45 vittorie e 19 sconfitte, per una percentuale del 70,3% di vittorie. Un dato che testimonia un’annata tutt’altro che eccezionale per il russo che sembra aver smarrito qualcosa dopo la finale persa in modo incredibile agli Australian Open. Solo due titoli vinti, un 250 a Los Cabos e un 500 a Vienna e neanche una finale in un torneo 1000.
Al numero 4 di questa particolare classifica c’è Nick Kyrgios. L’australiano ha vissuto senza dubbio la migliore stagione della carriera con 37 vittorie e 10 sconfitte (78,7%). Il ranking non è eccelso soprattutto per i punti non assegnati a Wimbledon, che sarebbero stati 1200. Un titolo a Washington e tre vittorie contro top-5: due contro Medvedev tra Montreal e US Open e una contro Tsitsipas a Wimbledon.
In sesta posizione Alexander Zverev: 29 vittorie e 10 sconfitte (78,7%). Brutto colpo per il tedesco è stato l’infortunio al Roland Garros nella semifinale contro Rafa Nadal: non è riuscito più a rientrare alle gare. La prima parte dell’anno racconta come il teutonico sarebbe stato verosimilmente grande protagonista anche nella seconda parte dell’anno.
Ottavo Andrey Rublev: 51 vittorie su 71 (71.83%). Il russo si è costruito la qualificazione alle ATP Finals e la classifica nella top-8 grazie ai tanti tornei giocati.
Lasciamo volutamente in conclusione la posizione numero 5 e numero 7: sono occupate rispettivamente da Jannik Sinner e Matteo Berrettini. L’altoatesino, malgrado tutti i problemi fisici, ha sfiorato il 75% di vittorie (74,6%) con 47 successi e 16 sconfitte in stagione. Un 2022 che l’ha visto raggiungere i quarti di finale in tre Slam su quattro e gli ottavi di finale al Roland Garros. Un dato positivo riguarda le vittorie con i giocatori piazzati peggio in classifica (41/47), mentre solo 3/12 quando si ritrova ad affrontare un giocatore avanti nel ranking. Una stagione che sarebbe potuta svoltare in positivo convertendo il match point contro Alcaraz agli Us Open nei quarti di finale, ma con i se non si scrive la storia.
Estremamente positivo anche il bilancio di Berrettini: per lui 32 vittorie e 12 sconfitte (72,7%) in un anno, come per Jannik, caratterizzati dai tanti problemi fisici. La grande partenza in Australia con la semifinale raggiunta nel Major inaugurale della stagione, poi gli stop per l’infortuni alla mano e al piede, oltre a quello per Covid a Wimbledon. Malgrado ciò sono arrivati due quarti Slam su due Slam giocati e due titoli sull’amata erba a Stoccarda e al Queen’s. Statistiche che sono una magra consolazione per un anno davvero sfortunato per i due giocatori italiani migliori, ma che devono far ritenere il bicchiere mezzo pieno con la consapevolezza che gli azzurri, se stanno bene, sono estremamente competitivi ad alti livelli.