Nella memoria di tutti ormai è impossibile non classificare gli eventi in pre e post pandemia. Il Covid-19, con il suo impatto, ha lasciato il segno in tanti aspetti delle nostre vite e non poteva essere da meno il tennis. Sport globale e itinerante, negli ultimi anni il mondo del tennis ha dovuto fare i conti con la politica anti Covid messa in atto dal governo cinese, con le relative limitazioni riguardanti l’ingresso nel paese asiatico.
ATP e soprattutto WTA si sono dovuto ingegnare, reinventando anno dopo anno il calendario, spesso a stagione in corso e con esiti sicuramente diversi tra i due circuiti.
L’ultimo torneo del circuito ATP disputato sul suolo cinese è stato il Rolex Shanghai Masters 2019 vinto da Daniil Medvedev su Alexander Zverev. Da quella data i quattro tornei ATP che fanno parte del circuito non si sono mai più disputati. Oltre a Masters 1000 di Shanghai, il programma dei tornei cinesi includeva l’ATP 500 di Pechino e i due ATP 250 di Zhuhai e Chengdu.
Sin dalla ripartenza l’ATP ha potuto contare sul supporto di alcuni paesi grazie alle licenze annuali concesse per completare gli slot rimasti vuoti nel calendario. Germania, Italia e Kazakistan furono le prime a farsi avanti. Infatti, nel 2020 si svolsero i tornei di Colonia (due eventi back-to-back), Santa Margherita di Pula e quello di Astana, che negli anni a venire è entrato a far parte nel circuito sostituendo definitivamente San Pietroburgo.
Nel 2021 a colmare il vuoto dei tornei cinesi nel mese di ottobre fu lo slittamento, dal consueto slot primaverile, del Masters 1000 di Indian Wells. Anche in questo caso l’ATP attraverso le licenze annuali è riuscita ad uscire indenne dalle difficoltà, rappresentate non solo dall’assenza dei tornei cinesi ma anche da altri spazi vuoti nel calendario derivanti da circostanze avverse, come ad esempio le due settimane di quarantena richieste in Australia all’ingresso nel paese. Turchia (Antalya), Singapore, Spagna (Marbella), Serbia (con il doppio appuntamento di Belgrado) e Italia (Cagliari e Parma) sono subite corse in supporto del circuito maschile offrendo soluzioni che riscossero un ottimo successo a livello organizzativo e di pubblico.
Anche nella stagione appena terminata l’Italia è stata tra le nazioni protagoniste con i due tornei di Firenze e Napoli. La Spagna non è stata da meno, aggiungendo un nuovo torneo anche in questa stagione in Asturia a Gijon. Nella sezione nostalgia, vi è stato il ritorno nel circuito anche di Tel Aviv e Seul, dopo che l’ultimo torneo in entrambe le città si disputò nel lontano 1996.
L’assenza dei tornei cinesi ha decretato anche la fine dello swing asiatico di fine stagione, sebbene quest’anno sia ritornato in calendario dopo 3 anni l’ATP 500 di Tokyo. L’inserimento del torneo di Seul ha contributo a creare una sorta di mini trasferta in estremo oriente per supportare il torneo nipponico. Tuttavia se i tornei cinesi venissero nuovamente cancellati, il Japan Open rimarrebbe l’unico torneo asiatico previsto dal calendario nella parte finale della stagione.
Il calendario 2023 ad oggi comprende i quattro tornei cinesi. Chengdu e Zhuhai sono programmati in contemporanea, nella stessa settimana della Laver Cup. Le tre settimane successive vedrebbero la disputa del torneo di Pechino, seguito dal Masters 1000 “allargato” di Shanghai. I dubbi sull’effettiva disputa dei tornei è alta, basti pensare che è già stato comunicato l’annullamento del Gran Premio di Cina di Formula 1 previsto la prossima primavera. Nonostante ciò, si può dire senza alcun dubbio che l’ATP ha la certezza che non avrà molte difficoltà a trovare federazioni e sponsor pronti ad accettare una licenza annuale.
Se per l’ATP non vi sono stati molti grattacapi, non si può dire la medesima cosa per la WTA. Il problema cinese per l’associazione tennistica femminile, non riguarda solo con la tematica COVID. Infatti, vi è ancora un caso aperto legato alla richiesta di spiegazioni sul caso Peng Shuai, a cui il governo cinese non ha mai stata dato seguito.
Come detto l’ATP ha già reso noto il calendario per la prossima stagione includendo i tornei cinesi. Al contrario il calendario WTA 2023 è stato rilasciato con gli eventi in programma sino allo US Open, lasciando dubbi su quali saranno i tornei che animeranno l’ultima parte della stagione. Il quesito più grande che attanaglia il CEO Simon e di riflesso le giocatrice è quello relativo alla sede delle WTA Finals.
Rispetto a quanto previsto pre-pandemia, la WTA non ha potuto contare su diversi tornei. Nella prima parte di stagione, secondo il calendario in essere prima della pandemia, si sarebbe dovuto giocare il WTA 250 di Shenzhen (gennaio), che ha rappresentato l’ultimo evento giocato sul suolo cinese nel gennaio 2020. Tuttavia, l’impatto più grande è relativo alla parte finale della stagione, durante la quale la WTA si spostava massivamente in Asia per uno swing che comprendeva diverse tappe in terra cinese: le WTA Finals di Shenzhen, il WTA Elite Trophy di Zhuhai, due WTA 1000, di cui uno mandatory (China Open e Wuhan Open), un WTA 500 (Zhengzhou Open) e quattro WTA 250 (Jiangxi Open, Tianjin Open, Hong Kong Open, Guangzhou Open).
La nota più dolente per la WTA è relativa alla gestione delle WTA Finals. La WTA avevo puntato tutto sulla Cina con la scelta di Shenzhen effettuata nel 2018. Un accordo di lungo termine che puntava a fornire una certa stabilità economica al circuito femminile. Si trattava, infatti, di un contratto decennale firmato con la città cinese che garantiva alle partecipanti un montepremi da urlo pari a 14 milioni di dollari.
Dopo la ricca edizione del 2019, il torneo non si è più svolto sul suolo cinese. Cancellata l’edizione 2020, nel 2021 la scelta di Guadalajara ha registrato un ottimo riscontro dal pubblico messicano. Il lavoro svolto dagli organizzatori messicani è stato apprezzato dalla WTA e ha permesso alla città di ospitare, l’anno successivo, un WTA1000, colmando il posto vacante lasciato proprio da Wuhan (trattandosi di un 1000 non mandatory). Meno soddisfacente l’edizione di Fort Worth, con scarsa presenza di pubblico e tante critiche. Malcontento che ha riguardato anche le giocatrici, a partire dalla numero 1 Swiatek che ha chiesto stabilità alla WTA.
Per uscire dalle difficoltà, nel periodo 20-21 la WTA ha potuto contare su contributi dal vecchio continente (Italia, Repubblica Ceca e Romania su tutte) e dagli Stati Uniti con i tre eventi di Chicago e il WTA 250 di Cleveland.
Nel 2022 la situazione è stata la medesima. Tra le notizie positive, vi è stato il ritorno in Asia con i tornei di Seul, Osaka e Tokyo assenti dal 2019. Le novità, invece, sono rappresentate dal ritorno di un torneo a San Diego, a 19 anni di distanza dall’ultima volta, e dalle prime edizioni di Tallinn e Monastir. Eventi che hanno cavalcato l’onda dell’entusiasmo del pubblico locale per le prestazioni di due protagoniste del circuito femminile come Kontaveit e Jabeur. A questi eventi si aggiungono delle nuove certezze rappresentate dalla riconferma di Parma, Ostrava e Cluj. Tuttavia, a fine 2022 i tornei disputati (50 più le WTA Finals e i 4 slam) sono stati tre in meno di quelli del 2019.
La sensazione confrontando i due calendari è sempre quella che il circuito WTA offra meno opportunità di quello ATP (68 eventi più l’ATP Cup) e che l’associazione tennistica femminile sia sempre più in balia degli eventi. Per la WTA il punto cruciale è rappresentato dalla ricerca di una sede definitiva per le WTA Finals, una cosa fondamentale per la stabilità economica e per la programmazione di associazione e giocatrici.
L’ATP dal canto suo sembra uscire più forte da questa situazione avendo una rosa di alternative a disposizione sempre ampia non solo nel livello superiore ma anche a livello Challenger, se si pensa che nel 2022 il numero dei tornei organizzati (184) è stato maggiore di quello pre pandemia (158 nel 2019). La WTA sta puntando anno dopo anno a cercare nuovi lidi attratti dalla possibilità di ospitare tornei del circuito. Guardando il calendario 2023 non si può non notare un incremento dei tornei in USA e Messico (Austin e Merida). Tuttavia, solo una corretta programmazione a lungo termine potrebbe permettere al circuito femminile di uscire dalla situazione di stallo in cui si trova.