Al terzo e ultimo Challenger di Tenerife si sta parlando molto di Abedallah Shelbayh, il giovane talento proveniente dalla Giordania che ha messo per la prima volta il proprio paese sulla mappa del tennis internazionale. Il ragazzo è approdato al tabellone principale dopo aver battuto nelle qualificazioni il solido canadese di scuola spagnola Steven Diez e poi il padrone di casa Merida Aguilar. All’esordio nel main draw ha trovato il nostro Salvatore Caruso che, pur reduce da un periodo non propriamente brillante, rimane comunque avversario ostico, di quelli che non si battono da soli. E infatti ci ha pensato il giovane Abedallah a mettere da subito in difficoltà l’azzurro che è riuscito a mantenere la parità fino al 3-3 e poi, dopo aver subito il break, ha ceduto di schianto. Per il giordano è stata tutta discesa, nonostante la lunga interruzione (sul 4-0 del secondo set), a causa di una bufera di vento, l’abbia mandato un po’ in confusione. Con questa vittoria (6-4 6-3) Abedallah dovrebbe raggiungere il n.408 ATP, suo nuovo best. E al secondo turno cercherà di confermare contro il britannico Ryan Peniston (n.159 ATP) che l’appetito vien mangiando.
Il ragazzo ha un fisico compatto, non è particolarmente alto (180 cm) e questo lo induce a giocare il servizio in kick, in maniera però molto incisiva, tanto da porre ogni volta l’avversario di fronte a un bel problema. Solido nei fondamentali e dotato di un ottimo tocco, si intuiscono grandi margini di miglioramento.
L’escalation di Abedallah è sorprendente perché quando parliamo di Giordania pensiamo subito alla meravigliosa località archeologica di Petra, certamente non a un campo da tennis. Si tratta infatti di un paese che potremmo eufemisticamente definire tennisticamente acerbo, dove mancano le strutture di base e soprattutto quella tranquillità che altrove garantisce ai ragazzi di poter fare sport senza preoccuparsi del contorno. Questo nonostante la Giordania sia uno degli stati più pacifici del turbolento Medio Oriente.
Narra la leggenda che Abedallah abbia conosciuto il tennis all’età di quattro anni mentre suo padre stava guardava in televisione Rafael Nadal impegnato al Roland Garros. Il piccolo s’incuriosì così tanto che babbo Khaled decise di regalargli una racchetta che Abadallah impugnò subito di mancina, proprio come il suo idolo, nonostante fosse destro naturale.
Con la crescita del bimbo, la leggenda lascia il posto alla cronaca che ci racconta di come a 15 anni abbia deciso di iscriversi alla Rafa Nadal Academy di Manacor, dove ha continuato a studiare e si è allenato fino all’estate dello scorso anno. In quei tre anni fu notato da Rafa che gli propose di scambiare qualche palla, e in breve i palleggi tra i due si trasformarono in una piacevole consuetudine.
Diplomatosi nel giugno 2021 alla Rafa Nadal International School, Shelbayh ha vinto una borsa di studio all’Università della Florida, dove è andato a difendere i colori dei mitici Gators, raccogliendo l’eredità di Ben Shelton. Spesso gli universitari americani d’estate muovono i primi passi nel mondo professionistico ed è esattamente quello che ha fatto Abedallah: tra il luglio e l’agosto 2022 ha vinto due Futures sul cemento di Monastir, e subito dopo al Challenger di Maiorca ha onorato la wild card concessagli da Nadal con una sorprendente semifinale, battendo tra gli altri un certo Dominic Stricker. Questo ha segnato il vero inizio della sua carriera professionistica e contemporaneamente la fine della sua breve esperienza universitaria. In dicembre infatti ha annunciato che avrebbe lasciato i Gators per passare al professionismo e la settimana successiva già vinceva il suo terzo titolo ITF a Trnava (Slovacchia, cemento indoor), battendo in finale Daniel Rincon che il mese successivo si sarebbe preso la rivincita all’ITF di Manacor, ma ormai la sfida al mondo dei grandi è lanciata.