Operato all’anca lo scorso settembre, Reilly Opelka è alle prese con il processo di riabilitazione. In attesa di rientrare nel Tour a scaraventare servizi forte dei suoi 211 cm di altezza, Reilly non ha mai smesso di praticare un’altra attività che gli riesce piuttosto naturale: parlare a ruota libera di ciò che non gli va a genio.
L’ultimo obiettivo nel mirino dell’omone del Michigan è la docuserie Break Point di Netflix, prodotto pensato per attirare nuovi appassionati, ma che pare non ricevere i favori di chi già conosce il tennis e criticato anche da un collega di Opelka, Daniel Evans, un altro che non le manda dire.
Intervenuto al Craig Shapiro Tennis Podcast, Reilly non si è dimostrato esattamente entusiasta sapendo che la serie è stata rinnovata per una seconda stagione.
“Da’ un’occhiata agli sport su cui Netflix ha prodotto una serie – F1, golf , tennis. Il tennis arriva terzo con un gran distacco” ha commentato. In realtà, come lui stesso rileva, non è un’opinione sconvolgente. “Non è un pensiero drastico e folle che lo show sia noioso. Dal primo episodio l’ho ritenuto orribile”.
Secondo Opelka, Break Point sarebbe brutto in sé e anche peggio se paragonato alla serie sulla Formula 1. “È molto banale. Lo hanno semplificato troppo sotto l’aspetto tennistico. Non hanno sollevato controversie. Ne sono rimasto sorpreso rispetto a quanto fatto vedere nella F1, ti offre un vero sguardo dall’interno. È trasparente per quanto possibile, mentre quello sul tennis è censurato come puoi immaginare. Non diresti proprio che siano gli stessi autori di Drive to survive. È un format totalmente diverso”.