Nata a Sochi, in Russia, Vitalia Diatchenko è attualmente n. 250 WTA, ma vanta un best ranking al n. 71 nel 2014. E 71 (mila) sono i suoi follower su Instagram. Proprio a quella piattaforma è ricorsa Vitalia per raccontare le sua recente disavventura. Ecco cosa ha scritto nelle “storie”:
“Aiuta davvero a migliorare la situazione per la pace?
“Oggi non mi è stato consentito di volare a un torneo in Corsica dalla Lott [LOT] Airlines, dal Cairo-Varsavia-Nizza, perché ho un passaporto russo. Le regole della compagnia non permettono di volare con la Lott. Tra l’altro. Avevo tutte le lettere di sostegno della WTA e dell’ITF, ma nel tennis attuale non sembra fare alcuna differenza in realtà.
“Inoltre, avevo una lettera di mio padre, originariamente nato in Ucraina, che lavora per le Nazioni Unite. La lettera afferma che sono sua figlia (la politica della compagnia aerea permette di volare ai familiari di chi ha un passaporto diplomatico), ma tutte le linee aeree improvvisamente rifiutano questi documenti a causa della tua nazione di nascita.
“Come risultato, bloccata 18 ore all’aeroporto del Cairo, dormendo sulle panchine, senza cibo a disposizione e senza il permesso di lasciare l’aeroporto!“
“Andando in Europa come cittadina russa, ho avuto solo un visto di 14 giorni! (come atleta, di solito sono due o tre anni). Poi, questo visto doveva essere richiesto attraverso la Spagna perché è l’unico Paese che lo avrebbe rilasciato. Perciò il volo doveva passare per la Spagna altrimenti non sarei potuta andare negli altri Paesi come quello dove avevo il torneo. Ciò significa quattro voli invece di due!
“Fine della storia, dormito in aeroporto, trattata come un cittadino di terza classe, speso un paio di migliaia di euro, ora non c’è possibilità di farcela per il torneo a causa delle compagnie che non trasportano russi e della situazione del visto. Mi sono dovuta ritirare e l’unica opzione è tornare a casa e perdere un altro torneo a causa di questa situazione.
“Come atleta professionista che gioca senza bandiera e non rappresenta alcun Paese, cercando solo di andare avanti con la propria vita e perseguire una carriera che amo da sempre, è giusto nei confronti di sportivi che non hanno alcun collegamento con nessuna parte della sfortunata situazione”
“Spero di essere libera da politica, razzismo e nazismo. Solo pace e liberate i cieli, per favore!!!”
La domanda se ciò aiuti davvero a migliorare la situazione per la pace è posta come retorica, ma qui si parla di altro. Che a lei e agli altri atleti russi o bielorussi piaccia o meno, per i loro rispettivi governi sono strumenti di propaganda. Giocano senza bandiera, ma ciò significa solo che non hanno la relativa icona o la sigla di fianco al loro nome, perché in ogni telecronaca non si contano le volte che il giocatore viene chamato “il russo” o, come ha reso sfacciatamente chiaro Aryna Sabalenka dopo la vittoria all’Australian Open a proposito del fatto che non sarebbe stata indicata la nazionalità accanto al suo nome, “penso che tutti sappiano ancora che sono una giocatrice bielorussa”.
A chi scrive non fa certo piacere quello che è successo a Vitalia e, posto che chi non ha avuto il proprio Paese invaso e bombardato dovrebbe avere il buon senso i non suggerire ai tennisti e alle tenniste dell’Ucraina quello che dovrebbero dire o non dire, chiudiamo con le parole di Lesia Tsurenko riportate dal suo preparatore Nikita Vlasov:
“Le ucraine non possono tornare a casa, non possono allenarsi in patria, tornarci per curarsi o riprendersi, per prendersi una pausa dal Tour e abbracciare i propri genitori perché le loro case continuano a essere bombardate, In più, ci sono i costi dell’alloggio perché costrette a vivere negli hotel, per provvedere a quello dei familiari andati in Europa. Costi per coach e campi nella UE e donazioni per sostenere l’esercito e i civili. Russe e bielorusse? Tolta la bandiera di fianco al cognome. Tutto qua!”