Daniil Medvedev è incredulo. Non riesce a credere di aver vinto per la prima volta sul rosso. Parla degli aggiustamenti tecnici e dei nuovi materiali come fattori decisivi in tutto questo, ma anche del peso dei successi precedenti sul giusto atteggiamento in campo.
D. Congratulazioni Daniil. Nella tua personale classifica in che posizione si trova il successo Di Roma?
R. “In un certo senso” – inizia Medvedev – “è al primo posto perché è il primo sulla terra rossa ed è incredibile. Non avrei mai pensato di poterne essere capace. È qualcosa di speciale perché non pensavo potesse accadere; ancora non ci credo, non tanto l’aver vinto, quanto l’aver giocato così bene”.
D. Pensi che questa vittoria sia più legata a questioni mentali o tecniche? Qui hai senza dubbio più tempo per colpire la palla, particolare di cui forse non ti sei mai giovato finora.
R. “Forse è vero ma per prima cosa non mi sono mai mosso bene su questi campi e i miei colpi non hanno mai avuto sufficiente profondità. E poi, non lo dico perché sono sponsorizzato da Lacoste o da Tecnifibre, le corde che sto usando in questa stagione mi hanno molto aiutato. Sono più morbide e la pallina viaggia più facilmente. Io e il mio coach” – prosegue Daniil – “ce ne siamo accorti subito in Australia. Lì però ho perso e ho avuto molti dubbi. Ho deciso di continuare e tenere duro e adesso è semplicemente incredibile.
Anche con le nuove scarpe mi trovo molto bene. Mi muovo bene e trovo facilmente la profondità, sembra facile ma è la cosa più difficile nel tennis: vuoi giocare profondo e sbagli. Ecco cosa mi succedeva nei primi anni”.
D. Ti possiamo allora chiamare Clay-Vedev? Sei il primo russo che vince qui. Sharapova e Safina, ma un solo giocatore, Chesnokov, è arrivato in finale nel 1999. E ha perso, da Muster.
R. “Non lo sapevo, nel tunnel non ho mai letto tutti i risultati. Non sapevo che Chesnokov avesse giocato una finale. Kafelnikov credo che fosse veramente forte sul rosso. Ha vinto Roland Garros in singolo e in doppio. È bello quando sei il primo del tuo paese a vincere. Sarà una sensazione particolare il prossimo anno vedere la mia foto nel tunnel”.
D. Da domani sei di nuovo numero 2 del mondo, quindi avrai il vantaggio di non giocare con il numero 1 prima della finale.
R. “Sì, Anche perché Djokovic sarà là” (ride).
D. In realtà Novak sara numero 3 Cosa ne pensi?
R. “Ci sono diverse soluzioni” – riflette – “Se fossi numero tre giocherei con Carlos o con Novak, arrivando in semifinale. Credo sia meglio essere numero 2, non trovare Alcaraz fino alla finale e Novak al 50% non è dalla mia parte. La cosa che non mi devo dimenticare è che in realtà io non sono mai andato oltre i quarti di finale a Parigi.
Ad ogni modo” – riconosce il russo – “va bene avere un buon sorteggio ma è più importante giocare bene e provare a vincere, perché sinceramente quando ho visto il tabellone qui ho pensato che era il peggior sorteggio che avessi mai avuto”.
D. Hai parlato delle corde delle scarpe degli aggiustamenti tecnici, Ma quanto hanno contato i tornei vinti sul duro a inizio stagione?
R. “Non è facile a dirsi” – conclude il campione di Roma – “Certo quando vinci una grande finale è tutta esperienza per la volta successiva. Per esempio, l’inizio sia a Miami che qui era così così e solo col passare dei minuti è migliorato. Se penso ai primi giorni sulla terra battuta beh, li ho odiati. Non volevo nemmeno continuare…”.