Da Amburgo, il nostro inviato
La settimana della vita. Magari non saranno i giorni più belli dei suoi 19 anni e mezzo, ma a livello sportivo sarà complicato trovare finora momenti migliori. Noma Noha Akugue ha stupito tutti gli appassionati presenti all’Hamburg European Open, tedeschi e non. Ha certamente impressionato, seppur crediamo in maniera minore, anche gli stessi organizzatori. Che confidavano nel fatto che, prima o poi, un bel fiore sarebbe sbocciato, ma difficilmente quando le hanno assegnato una wild card per il tabellone principale avrebbero messo la mano sul fuoco per una sua finale.
Invece talvolta il tennis (ma anche lo sport e la vita in generale) sa essere meravigliosamente imprevedibile. Può accadere così che tanti aspetti apparentemente limitanti vengano, tutti insieme, messi da parte. Non importa se sei giovane e sconosciuta al grande pubblico o se la tua classifica dice che non sei tra le migliori 200 giocatrici del mondo. Non importa non solo se non hai mai vinto, ma se non hai neppure mai disputato un singolo incontro a livello WTA. Al contrario, in determinati casi tutto ciò può essere un grande vantaggio.
Sul volto dei tanti colleghi tedeschi che popolano la sala stampa di Amburgo si intravedono emozioni diverse, tutte evidentemente positive. C’è chi pare avere la faccia del te l’avevo detto! e chi è solo e semplicemente felice, ma quella predominante è indubbiamente lo stupore. Si parla di impresa, ma se le qualità di Noha Akugue rimarranno intatte bisognerà cominciare ad aggiustare il tiro. Perché il (bellissimo) rischio è che il suo nome riecheggi sempre più spesso nelle nostre orecchie.
Tennis, un amore nato per caso
Il padre dell’attuale n°207 WTA, Ronald Obazelu, lascia la Nigeria a metà degli anni ’90, cercando a lungo un posto in cui stabilirsi e poter proseguire in modo migliore la propria vita. Con Miriam Akugue al suo fianco, decide che sarà Glinde, un paese a mezz’ora di macchina da Amburgo, il luogo ideale. Lì, un giorno, accendendo la TV Ronald viene stregato da Steffi Graf, che nonostante fosse sul viale del tramonto restava una campionessa senza tempo.
Apriti cielo. Da quel momento l’amore per il tennis nasce, cresce e si espande a dismisura, portandolo a prendere un’importante decisione: farà di tutto affinché il proprio figlio o la propria figlia diventino protagonisti con la racchetta. Tra il dire e il fare, in ogni caso, serve indubbiamente una benedizione divina, che arriva il 2 dicembre 2003 a Reinbek, data e luogo di nascita di Noma. Quella città, però, non verrà praticamente mai frequentata dalla giovane tedesca, che prende in mano una racchetta per la prima volta a tre anni e capisce subito di aver fatto la scelta giusta.
I primi risultati sono clamorosi: a 11 anni diviene la più giovane campionessa regionale in assoluto, poi a 17 ottiene il trionfo nei campionati nazionali. Indovinello: chi è stata, prima di lei, la più giovane giocatrice a riuscirci? Se avete pensato a colei che, indirettamente, l’ha ispirata a diventare una tennista avete risposto giusto. Nel 1984, a quindici anni, fu proprio Steffi Graf a conquistare quel prestigioso traguardo.
Amburgo, una città nel destino di Noha Akugue
Nel frattempo, intorno ai 15 anni, Noha Akugue si trasferisce stabilmente ad Amburgo, dove comincia ad allenarsi con la squadra della città e disputa i campionati di Serie A1 tedesca accanto a giocatrici come Eva Lys o Tamara Korpatsch. Su di lei c’è da tempo lo sguardo sapiente di Herbert Horst, l’uomo che ha scovato, curato e coltivato talenti come Julia Goerges e soprattutto Angelique Kerber, a cui qualche frettoloso fan si appresta a paragonare Noma. Entrambe mancine, allieve di Herby e promesse, ma forse è meglio fermarsi qui e non scomodare (ancora) una plurivincitrice Slam.
Ricongiungendoci con l’attualità, il torneo della tedeschina è partito nell’ombra, senza un allenatore fisso e con il primo successo in carriera nel circuito maggiore sulla brasiliana Laura Pigossi. Dopo la vittoria in ottavi su Storm Hunter, che aveva estromesso all’esordio la testa di serie n°1 Donna Vekic, Noha Akugue è stata ahinoi protagonista contro Martina Trevisan, in un match dai mille volti che grazie all’aiuto del pubblico di casa e ad una buona dose di spregiudicatezza è riuscita a portare a casa. La semifinale contro Shnaider è stata quasi una formalità per la teutonica, dominante ed esplosiva con i colpi di inizio gioco.
Le premesse per coronare la settimana perfetta con un titolo ci sono tutte. In finale Noma sfiderà Arantxa Rus, anche lei per la prima volta in carriera giunta all’ultimo atto di un torneo, che però non è il primo disputato, bensì il 126esimo. Vedremo come la 19enne, che fuori dal campo pare timida e introversa, gestirà la pressione di giocarsi un titolo a casa sua. Intanto, in caso di sconfitta salirebbe al n°142 WTA, ovviamente best ranking. Se invece dovesse vincere sfonderebbe il muro della top120, issandosi al n°117.
Indipendentemente dal risultato, in Germania non hanno dubbi: è sbocciato un nuovo fiore. Ora andrà annaffiato e curato adeguatamente, ma Noha Akugue sembra avere alle spalle le persone più adatte, dal suo coach ad interim (che, chissà, verrà confermato dopo questa cavalcata?) fino ad arrivare ad Andrea Petkovic, ambasciatrice del torneo sempre pronta a darle qualche consiglio nel momento del bisogno.