Dal mazzo del Mubadala Citi Open è uscita la finale che non ti aspetti. Tallon Griekspoor, ventisette anni da Haarlem, Paesi Bassi, inseguirà il terzo successo dell’anno rivelatorio 2023 nel duello decisivo contro Dan Evans, quest’ultimo inopinatamente ripresosi al culmine di un periodo nefasto. A farne le spese, i due favoriti della vigilia Taylor Fritz e Grigor Dimitrov, e soprattutto la sconfitta della prima testa di serie fa rumore.
[12] T. Griekspoor b. [1] T. Fritz 3-6 6-3 6-2
Griekspoor, che per centrare la finale ha dovuto rimontare un set alla grande stella della manifestazione, ha aggiunto la perla del primo top ten battuto in carriera a una straordinaria stagione in cui ha già ottenuto due titoli (Pune e ‘s-Hertogenbosch) e una bella semifinale nel 500 di Rotterdam. Iniziato il 2023 ai margini della top 100 ATP, Tallon con questa vittoria è sicuro di assurgere alla venticinquesima posizione del ranking, con possibilità di scalarlo fino alla ventunesima in caso di trionfo in finale. “La prima vittoria della carriera contro un top ten è qualcosa che non dimenticherò mai“, ha detto Griekspoor. “Il tour sul cemento nordamericano è iniziato alla grande; il servizio funziona e fisicamente sto benissimo: ho ottime sensazioni in vista della finale“. E ci mancherebbe altro. Solido da fondo come mai in carriera, l’olandese ha accelerato con la convinzione di un uomo in missione: alla fine del match si conteranno quaranta vincenti orange con tredici ace e tre break (uno nel secondo, due nel terzo) inflitti a un avversario che si era presentato alla partita forte di ottanta game vinti al servizio su ottantadue dall’inizio del torneo di Atlanta a ieri sera. Per chiudere, dal 2-1 Fritz nel terzo, Griekspoor ha esploso un terrificante parziale di cinque game a zero conquistando venti degli ultimi ventisette punti: impressionante, soprattutto per il povero Taylor, sorpreso inerme dalle telecamere a bordocampo.
[9] D. Evans b. [5] G. Dimitrov 6-3 7-6(4)
Per raggiungere la quarta finale ATP in carriera, la prima dall’unica vinta al Murray River Open nel febbraio 2021, Daniel Evans ha offerto un voto alla pazienza, virtù non sempre presente in quantità apprezzabili nel suo bagaglio umorale di ribelle. Pazienza verso sé stesso, innanzitutto: il buon Dan, prima di risvegliarsi all’improvviso nei pressi della Casa Bianca, aveva perso per sei volte consecutive al primo turno, e insomma i segnali non erano incoraggianti. Pazienza nel cogliere il momento giusto per incartare Grigor Dimitrov, anche, avvilendone sempre più l’umore a ogni erroraccio indotto. A guardare le statistiche, ma solo quelle, Evans si direbbe trasformato in formica operaia: alla fine avrà messo insieme appena nove vincenti, pochini, se raffrontati ai ventiquattro del bulgaro, ma gli errori non forzati saranno la miseria di dieci. Quelli di Griga? Tre volte tanti. La differenza nel due a zero finale sta tutta qui. Un successo che riporterà il sorriso sul volto di Evans, sperando che le energie rimaste in un serbatoio svuotate dai turni extra degli ultimi due giorni (due partite giocate venerdì per recuperare il programma falcidiato dalla pioggia oltre alla semifinale di ieri) gli consentano di giocarsi alla pari la sfida per il titolo.
“Dopo il grande sforzo di venerdì ero stanco, ma soprattutto molto assonnato, vista l’ora in cui è finita la partita con Tiafoe nei quarti di venerdì“, ha dichiarato Evans nel dopopartita. “Arrivati a questo punto per me era importante giocare un match solido evitando alti e bassi. Negli ultimi mesi le cose non sono andate bene, ma insieme al mio coach ho deciso di andare presto a Bradenton e concentrarmi sullo swing estivo, per cancellare dalla mente un brutto periodo culminato con la desolante performance di Wimbledon. Sapere di essere ancora in grado di vincere tre match in due giorni ti fa stare molto bene, devo dire“. Curiosità: Evans è il primo inglese a giocare la finale di Washington da quando un diciannovenne Andy Murray strinse la mano da sconfitto ad Arnaud Clement.