Dopo il titolo a Los Cabos, Stefanos Tsitsipas è incappato nella sconfitta all’esordio in quel di Toronto contro un Gael Monfils tornato a esprimersi ad alti livelli. Neanche al Western & Southern Open era atteso dal più comodo degli avversari, tutt’altro, perché il ventenne Ben Shelton ha una voglia di arrivare (ancora più in alto, ora è in top 40) che scarica sulla malcapitata pallina, tanto che Alcaraz ha detto, “nessuno colpisce forte come lui”. Lo stesso Tsitsipas, dopo il successo per 7-6(3) 7-6(2), ha dato la propria spiegazione: “È ancora uno spirito libero in campo, non percepisce le conseguenze di quello che fa. Semplicemente, gioca in modo naturale, come facevo io quando ho iniziato. Avversari così spaccano la palla senza che te lo aspetti, devi rimanere presente al 100%”.
Ed è quello che ha fatto per vincere: “Sono stato molto bravo nei punti che contavano e, nonostante sia finita con due tie-break, ho gestito quei momenti molto bene e in modo maturo. Non sono abituato a un avversario come Ben che sa tirare forte il servizio e anche variarlo. E ogni tanto lo segue a rete, cosa poca comune in questi tempi. Ma ho trovato il modo di vincere il primo tie-break, quello più importante, e anche il secondo, replicando quello che ha funzionato nel primo, cioè rispondendo il più possibile”.
Riguardo all’atteggiamento mentale tenuto nei momenti più delicati, la risposta di Stefanos vale anche come consiglio a qualsiasi livello: “Ho cercato di prestare attenzione alla palla, farla sembrare grande ai miei occhi perché in effetti è piuttosto piccola quando arriva a quelle velocità. A volte non ti concentri davvero e pensi troppo alla palla. Ti abbandoni al passato o al futuro, pensi a come e dove dovresti giocare, finendo con il dimenticarti che c’è una palla in arrivo a 210 km/h che devi controllare e ribattere. Ho cercato di tenerne in gioco il più possibile e iniziare gli scambi. Non ne abbiamo fatti molti oggi, invero, cosa che un po’ mi ha tolto ritmo”.
Stef conclude parlando del passaggio dal Messico al Canada: “È stato complicato, ma ho deciso io di andare a Los Cabos. La differenza di orario ha reso difficile adattarmi in termini di sonno, ero piuttosto esausto quando ho giocato il match a Toronto. Fa parte del Tour. Anche la palla dava sensazioni differenti: a Los Cabos era molto più umido e caldo rispetto a Toronto, dove la palla era più viva. La transizione a Cincinnati è stata più facile e sono stato finalmente in grado di andare a letto a orari normali. In Messico, finivamo sempre alle tre di notte, orario poco consono alla vita di un tennista”.