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Si può definire in chiaroscuro un bilancio che tra le sue voci conta una vittoria – la prima – in un torneo della categoria 1000 (la più importante dopo gli Slam) e un ottavo di finale – l’ennesimo – in un major? Normalmente, in riferimento alla stragrande maggioranza dei giocatori, la risposta sarebbe no, ma il fatto che per Sinner è forse più intellettualmente onesto dire di sì è indice dello status raggiunto dal nostro Jannik. Parliamo infatti del quarto giocatore del mondo per rendimento in questo 2023 e dunque l’asticella non può che essere posta sempre molto in alto, quasi azzerando il margine d’errore. A sollevare ancora di più il livello delle aspettative nelle ultime settimane ci ha pensato poi proprio il successo nel Masters 1000 canadese di Toronto a metà agosto: il titolo più importante della giovanissima carriera dell’altoatesino.
Questo risultato, andatosi ad aggiungere alla semifinale di Wimbledon, ha chiaramente posto Sinner subito dietro (e a distanza ravvicinatissima come mai prima) Djokovic e Alcaraz nel novero dei favoriti per lo US Open. La sconfitta agli ottavi con Zverev (di certo non un giocatore qualsiasi) ha quindi rappresentato una delusione non da poco, soprattutto perché arrivata al quinto set anche per mancanza di resistenza fisica (i crampi sono stati determinanti): un esito sulla falsariga delle ultime partite giocate negli Slam protrattesi fino al parziale decisivo, come quella con Alcaraz lo scorso anno sempre a New York o le più recenti contro Tsitsipas in Australia e con Altmaier a Parigi. “Fa male” ha detto uno Jannik piuttosto scosso dopo il match. Non è però il caso di tornare a mettere in dubbio le prospettive – sempre rosee – di Sinner: prestanza fisica e killer instinct vanno coltivati così come gli altri aspetto del gioco.