[16] H. Hurkacz b. [26] S. Korda 6-3 6-4
La perfezione non esiste, ma per tre quarti di partita Hubert Hurkacz è andato quanto più vicino possibile a raggiungerla. E dire che, almeno all’inizio, la prima semifinale del Rolex Shanghai Masters sembrava poter prendere una piega diversa, con un Sebastian Korda estremamente efficace in risposta e molto propositivo sin da subito. Dal 3-2 in favore di Hubi però, quando lo statunitense ha poi ceduto la battuta, l’incontro ha subito una decisiva sterzata in direzione polacca.
Ingiocabile da quel momento al servizio il n°17 del mondo vittorioso per 6-3 6-4, che sale al n°13 tanto nel ranking quanto nella Race, candidandosi per una rincorsa in extremis alle Finals di Torino visto lo stato di forma non eccellente di chi, come Tsitsipas e Rune, al momento occupa uno degli ultimi posti disponibili. Hurkacz chiude con 14 ace, il 75% di prime in campo e l’85% di punti vinti con la prima: numeri formidabili, che gli spalancano le porte della sua terza finale in carriera in un Masters 1000 dopo Miami 2021 (vinta contro Sinner) e Montreal 2022 (persa contro Carreno Busta). Hubi diventa anche il secondo polacco nell’Era Open dopo Wojciech Fibak a raggiungere più di una finale a livello ATP nello stesso anno per tre stagioni consecutive: quella di Shanghai sarà infatti la seconda finale del 2023 dopo quella vinta a Marsiglia.
Primo set: Korda parte meglio, poi si inceppa e Hurkacz sale in cattedra
Fatta eccezione per il primo game dell’incontro, in cui tiene facilmente la battuta a zero, è Hubert Hurkacz inizialmente a soffrire di più. Il terzo e il quinto gioco – con il polacco al servizio – si protraggono entrambi ai vantaggi, merito spesso di un Sebastian Korda davvero eccellente in risposta. Per i suoi soliti standard il campione di Miami 2021 non riesce ad ottenere troppi punti diretti con la battuta, spesso dominato dallo statunitense che, al contrario, lascia per strada solo due punti in altrettanti game al servizio e cerca spesso la via della rete.
Il 23enne della Florida sembra per ora avere la partita in pugno, ma un passaggio a vuoto nel sesto game gli costerà carissimo. Un po’ inaspettatamente sono di Hurkacz le prime palle break della partita: sono due, non consecutive. Sulla prima lo statunitense scaglia un ace a 207km/h, ma sulla seconda è bravissimo il polacco a rispondere e prendere le redini dello scambio, forzando il suo avversario all’errore. Da quel momento cambia tutto: il n°17 del mondo inizia a scagliare lavatrici al servizio, chiudendo gli ultimi due game a zero (il settimo addirittura in 51 secondi) e archiviando 6-3 la prima frazione. L’ultimo quindici del set sembra una perfetta fotografia di quanto accaduto fino a quel momento, con Korda bravo a costruirsi bene il punto ma incartandosi sul più bello, sbagliando una volée alta tutt’altro che impossibile.
Secondo set: subito break per un Hurkacz sontuoso, terza finale ‘1000’ per il polacco
Lo statunitense comincia a servire per primo ma non sfrutta minimamente il vantaggio, ripensando forse ancora ad un primo set perso nonostante sia stato a lungo il migliore in campo. La testa, però, è rimasta ferma al 3-2: tre gratuiti di Korda e valgono due palle break a Hurkacz, suggellate da una rispostona incorciata di rovescio del 26enne di Wroclaw. A conti fatti la partita termina qui: il n°26 del mondo non molla e prova a restare attaccato, ma non riesce mai a procurarsi neanche una singola opportunità di contro-break. Più che demeriti suoi, però, vanno attribuiti enormi meriti a Hubi, ancora più devastante al servizo nel secondo set e bravo a coprire il campo splendidamente.
Non bisogna lasciarsi ingannare da un paio di game in cui Korda è arrivato alla parità, poiché da quel momento non ha mai avuto modo di giocarsi le sue chance, travolto da un Hurkacz praticamente perfetto al servizio. Attento, concentrato e determinato da inizio a fine set Hubi, che per tutto l’incontro non offre mai nemmeno una singola palla break e al secondo match point si impone meritatamente 6-3 6-4 in un’ora e un quarto. In finale sfiderà uno tra Andrey Rublev e Grigor Dimitrov.