Sinner a Torino apre una nuova era e bussa alla porta del club dei giganti (Luigi Garlando, La Gazzetta dello Sport)
Tra le tante scene sublimi di martedì sera al PalaAlpitour, ce n’è una da evidenziare: a un cambio di campo, Nole Djokovic è impegnato a lamentarsi sotto il seggiolone dell’arbitro, Jannik Sinner gli scivola accanto senza degnarlo di uno sguardo, sereno e assorto nelle sue strategie. Quasi una scena da autobus metropolitano. Un ragazzo spensierato che sorride alla musica che gli entra dalle cuffie, accanto a un uomo incattivito dagli acciacchi e dall’aumento del gas. Perché i tre set omerici di martedì sono stati anche uno scontro generazionale. Non significa che Djokovic sia diventato un vecchio di colpo, che non vincerà più, che non batterà più Sinner. Accadrà ancora. Ma a Torino è successo qualcosa che cambierà per sempre la storia tra i due. E forse, più in generale, la percezione del tempo da parte di Nole.
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Ce lo diceva Jannik che sarebbe finita così. Ogni volta che perdeva, che falliva i punti decisivi, che pasticclava sotto rete, attirandosi critiche, spesso esagerate e a volte definitive, Sinner ripeteva: «Sto crescendo. Migliorerò». L’ha scritto anche Italo Calvino: «A volte uno si sente incompleto e invece e solamente giovane». Aveva ragione lui. Bastava aspettare. A Torino ha celebrato la sua meravigliosa completezza, non più Visconte dimezzato, ma campione intero. Bella la confidenza di Adriano Panatta durante la telecronaca Rai: «Mi ha appena messaggiato Alberto Tomba, esaltato da Sinner…». Due divinità che si danno di gomito sull’Olimpo: «Ehi, hai visto quel ragazzino sulla terra? Mi sa che diventerà uno di noi.». E infatti, più ancora dei suoi colpi, e stata spettacolare la serenità olimpica con cui Jannik ha vissuto la sofferenza del match e poi il trionfo: solamente le braccia in alto e un sorriso felice a occhi chiusi, rivolto al cielo. Gli ascolti televisivi sono stati clamorosi. L’Italia ha sforato la mezzanotte per seguire il suo campioncino. Picchi di passione d’altri tempi, come quando nelle scuole e negli uffici si seguiva la seconda manche di Tomba. Il ragazzo perderà ancora, cadrà, si rialzerà, perché non e figlio di divinità, ma uomo come noi. Lo dicevano anche i cartelli al PalaAlpitour: “Siamo tutti Sinner”. Cioè, siamo tutti peccatori. Chi non lo e, smagli la prima pallina. Mala sensazione forte e bella e che, per Jannik, Torino sia stata la Svezia ’58 di Pele e sia iniziato il futuro. I ragazzi non gli tolgano gli occhi di dosso, ora l’avranno capito: a sognare e lavorare duro, si arriva sull’Olimpo.
FantaSinner come Tomba e Valentino (Emanuela Audisio, La Repubblica)
Possiamo e potevamo darla a questi ragazzi l’Italia. Ai golden boys e anche agli young guys. Ai Sinner, ai Valentino Rossi, ai Tomba. A quelli che non pensano di non avere l’età per essere un po’ maestri. A quelli che hanno voglia di prendersi un posto nel mondo, di rischiare, di smuovere l’attenzione. E di far appassionare gli altri ai loro giochi dimostrando che oltre il pallone c’è di più. Neve, motori, tennis. Alberto Tomba a 22 anni non ancora compiuti vince due ori alle Olimpiadi di Calgary. E così da Pasta Kid, da ragazzo della pianura, bolognese grande e grosso, diventa l’Albertone nazionale: per lui nel febbraio ’88 interrompono il Festival di Sanremo per la diretta. Quando i campioni diventano altro, eroi pop, ma anche figli di tutti. Perché raccontano la possibilità di scegliersi un destino. Altro che Gustav Thoeni che nel ’72 a Sapporo arriva primo e a 107 domande per 84 volte risponde con un monosillabo. Altro che Jannik Sinner, timido e discreto, che non vuole che la sua ragazza posti sui social. Alberto era esuberante, se vedeva un’attrice che gli piaceva in un film, si faceva dare il numero. «Sono una persona semplice, senza tragedie esistenziali, senza traumi sentimentali. Ragiono da cittadino: o la va o la spacca».
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Alberto era il bolognese emigrante di lusso sulle montagne, seguito dalla sorella. Sua madre non voleva che lui gareggiasse in discesa: la madre di Sinner, Siglinde, per la paura l’ha convinto a mollare gli sci per la racchetta. Jannik è il ragazzo del profondo nord sceso al mare, all’accademia ligure di Piatti, a 14 anni. Percorsi inversi. Tomba era molto fisico, Sinner quando cammina sembra veleggiare, capellone, un po’ da hippy, ma sempre con il cappello. I suoi genitori sono molto discreti, di madrelingua tedesca, papà Hanspeter fa il cuoco e cucina per lui. Valentino Rossi è stato anche più precoce. A 17 anni vince la sua prima gara su Aprilia nella classe 125, l’anno dopo sullo stesso circuito di Brno fa suo il titolo mondiale. Vale usa la moto come fosse un triciclo. Testa piena di riccioli, sorriso da spiaggia adriatica, sbandate governate, impennate virtuose. Con un popolo di giovani, ma non solo, che lo riconoscono («Ecco i146») e in cui si riconoscono.
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Per entrambi gli esami sono sempre stati gli altri. E se batti Medvedev e Djokovic, cosa che non ti era mai riuscita, è una quasi laurea. Lo dicono anche i numeri: nel 2022 contro i top 10 Sinner era a 3 successi e 9 sconfitte, nel 2023 conta 10 vittorie e 7 disfatte. Certo Valentino era più scanzonato, con fama da playboy, ma pronto ad ammettere: «Magica parola, le donne. Noi maschietti facciamo di tutto per loro, siamo capaci di attraversare il mondo per vederle e di litigare con un amico sempre per loro. Insomma, ci rimbambiamo un bel po’». Jannik a parte esibire una lussuosa sacca griffata e dire che la benzina più potente sta nel serbatoio del cuore («E stato importante far colazione tutta la settimana con i miei genitori», all’indomani del successo a Vienna) non pare avere tempo da perdere con gli imprevisti della vita. Vuole giocare e migliorare. La novità è che vuole farlo insieme a noi.
L’intervista Adriano Panatta: “Sarà il numero uno e lo rimarrà a lungo” (Il Messaggero, Vincenzo Martucci)
Panatta, nella «Telefonata», il podcast di Fandango con Paolo Bertolucci, lei aveva pronosticato Sinner vincitore contro Djokovic: perché? «Ero sicuro che lo avrebbe battuto. Ha la misura giusta dei colpi per dargli fastidio: palla più bassa sul rovescio e più alta sul dritto». Subito dopo, lei ha anche affermato che Sinner diventerà numero 1 del mondo. «Magari si alternerà con altri, ci resterà 6 mesi e poi ci tornerà, ma ci arriverà molto presto. E ci resterà per un lungo periodo di tempo. Lui, Alcaraz, Rune e Shelton, pur così giovani, sono quelli che si staccano molto nettamente dagli altri, migliorano continuamente e saranno stabili protagonisti». Ecco, parliamo di miglioramenti. Da un anno, Jannik è un altro giocatore. «Si dedica moltissimo, si dedica solo al tennis, si dedica ai miglioramenti da quando si sveglia la mattina a quando va a letto la sera, e attorno ha un team che lo cura tanto e al meglio, in tutto, dalla tecnica al fisico. Non dico anche alla testa perché quella è già eccezionale in un ragazzo straordinariamente maturo a 22 anni».
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In quale momento del match con Djokovic l’ha anche sorpresa? «Nel terzo set, dopo una partita cosi dura, contro un avversario così forte, in un match così importante, con tutto quel pubblico per lui, quand’ha fatto il break del 4-2, perdendo subito il servizio, è passato in un attimo dalla situazione ideale alla peggiore. Quella in cui la maggior parte dei giocatori, ancor di più se giovani, non avrebbero saputo gestire contro Djokovic. Invece lui ha giocato ancora meglio di prima». Jannik l’ha spuntata ma Nole ha resistito fino all’ultimo. «Djokovic lo devi battere due volte. Come Connors ai miei tempi: una non bastava, stava sempre lì. Ma l’impressione che mi sono fatto ieri è che per la prima volta No- vak ha trovato qualcuno che da fondo tira più forte di lui, tanto che ha cercato la rete anche quando non era il caso sulla seconda palla di servizio di Jannik».
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Il primo Slam lo vincerà agli US Open? «Sì, sembra quello più vicino come caratteristiche tecniche. Ma li dipende anche dal clima: se trovi la giornata afosa e molto umida, la cosa può diventare particolarmente faticosa. Forse gli Australian Open sono un po’ troppo presto: vediamo che preparazione fa do- po il Masters e la Davis. Lo Slam sulla terra, a Parigi, è il più duro. Wimbledon è quello atipico: puoi perdere anche da giocatori che altrove batteresti. Di una cosa sono certo, però: l’anno prossimo Sinner almeno uno Slam lo vince».
Robocopo Sinner (Stefano Semeraro, La Stampa).
Stasera tocca di nuovo a lui, a Jannik dei record. Tre milioni e mezzo di spettatori incatenati davanti alla tv per il wrestling psicofisico con Djokovic. Dieci tornei vinti in carriera – lo stesso numero di Panatta, ma senza Slam – a soli 22 anni, l’unico italiano a battere due numeri uno diversi (Alcaraz e Djokovic) e a vincere due match alle Finals, in attesa di capire se sabato diventerà anche il primo a raggiungere la semifinale nel torneo dei Maestri. Con la Storia, quella con la maiuscola, è meglio andarci piano, se parliamo di cori («olè, olè olè olè, Sinnèr, Sinnèr…) invece siamo già in zona `Aaa-dri-aaa-no’. Torino non è Roma ma anche per colpa del clima impazzito fuori e dentro il Pala Alpitour la temperatura è quella di maggio al Foro Italico
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Il Sinner che vinceva le Finals nel 2019 era un progetto, quello di oggi un’architettura già solida. Qualche chilo di muscoli in più, maggiore resistenza allo sforzo (contro il Djoker non ha patito le tre ore abbondanti di lotta) e percentuali di servizio finalmente da top ten: fra il 60 e il 65 per cento, con picchi del 70, al posto del 50 di qualche mese fa. Nove ace contro Tsitsipas, quindici contro il numero uno del mondo e forse della storia. Dietro c’è il lavoro fatto dal preparatore Umberto Ferrara e dal fisio Naldi per sbloccare l’articolazione della spalla e rendere ancora più fluido il gioco di gambe. La risposta è un’eccellenza in costante progresso; la fase difensiva, come direbbero quelli del calcio, una delle più efficaci del circuito; e anche le discese a rete ormai sono meno avventurose.
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Quest’anno ha selezionato gli impegni («ho giocato meno tornei ma vinto più partite»), programmandosi con razionalità indifferente alle critiche – never explain, never complain, come i reali inglesi. Conosce meglio il suo corpo e la mente grazie alla collaborazione con Formula Medicine che gli permette di sintonizzare ritmo cardiaco e mentale, sa farsi caricare (e commuovere: altro che freddo altoatesino…) dall’affetto del pubblico. «Nel 2024 Jannik può diventare numero uno del mondo», sostiene Carlitos Alcaraz, che insieme a lui e Rune compone il trio meraviglia del nuovo tennis mondiale. E allora sì che la Sinnermania si trasformerebbe in storia