Un altro successo per Jannik Sinner, davvero in uno stato di grazia da alcuni mesi a questa parte. Darren Cahill, suo allenatore insieme a Simone Vagnozzi, spiega il lavoro fatto negli ultimi due anni dal team che ha portato a questi risultati.
D. Ho letto che Sinner aveva dimenticato il trofeo quando ha vinto l’Australian Open, l’ha dato al manager. Rimane con i piedi per terra, da dove pensi che derivi? Qual è il limite?
“Non lo aveva dimenticato, ha grande considerazione per i trofei. L’organizzazione gliel’ha preso e poi spedito. Lui capisce il privilegio di quello fa, praticare uno sport che ama e ai massimi livelli. Apprezza ogni singolo istante ciò che gli sta succedendo, ma tiene i piedi per terra sapendo che è solo sport e, mentre è professionale in tutto ciò che fa, si gode la vita. È un normale ventiduenne. C’è tanto imparare da lui e da Alcaraz, penso siano simili sotto diversi aspetti. Il tennis è in buone mani.”
D. Hai visto i migliori giocare nel loro periodo migliore, allenato alcuni di loro. Come paragoni quello che Jannik mette in campo in termini di livello e per come domina sul piano della potenza con quello che hai visto in passato?
“Credo che nessun dovrebbe paragonare questa generazione a quanto visto con Novak, che ancora gioca, Federer, Nadal, che gioca ancora. Non penso che vedremo di nuovo un dominio simile. Devono vincere ancora molto prima di fare questi confronti. Ciò che vedi ora con i giocatori emergenti è il diretto risultato della loro professionalità, dei team che hanno messo insieme, del modo in cui hanno migliorato il loro gioco. Hanno squadre che vanno, dal fisio al mental coach, da un paio di allenatori al preparatore atletico. Cerchi di spuntare ogni casella per massimizzare la carriera di un tennista.”
D. Che soddisfazione dà avere un giovane giocatore così forte e riuscire a portarlo a questo livello?
“Abbiamo un gran team. Simone Vagnozzi è l’allenatore principale, nulla cambia che sia o meno presente. Entrambi facciamo molto riguardo al lavoro tecnico e tattico, ma Simone resta la voce principale. È ampiamente responsabile di quello che vedi fare da Jannik e dei suoi miglioramenti.
“Insieme a Umberto [Ferrara] il preparatore atletico, qui abbiamo il fisio Giacomo [Naldi], Andrea [Cipolla] è l’altro fiso. Penso che Jannik si senta ben coperto, che ci prendiamo cura di lui. È la parte più importante di un buon team. Il mio ruolo è un po’ diverso rispetto alle mie precedenti esperienze come coach, ma mi piace. Sono un po’ il papà, gli italiani a volte mi chiamano così sui social media, quello che supervisiona il processo decisionale.”
D. Guadando i risultati degli ultimi mesi, 22 vinte su 23 quest’anno e tutto il resto, da uno a dieci che voto gli daresti e dove può arrivare?
“C’è poco da dire, sta giocando in modo fantastico. Ma può fare meglio. Diventi un po’ più vecchio, forte, veloce e più intelligente. Abbiamo lavorato sul servizio, sulla transizione, sullo slice di rovescio per cambiare marcia, migliorato la direzione del dritto, la risposta al servizio. Guarda Novak, a 36 anni continua a cercare di migliorare la battuta. Sappiamo che anche Medvedev cambierò qualcosa. Alcaraz cerca di migliorare il servizio. È normale. Ho avuto l’opportunità di lavorare con Agassi quando aveva 32 anni, voleva dventare un tennista migliore a quella età, migliore di quanto fosse a 22. Questa generazione ha il privilegio di aver visto le precedenti cercare di migliorarsi a prescindere dall’età. È quello che farà Jannik.”
D. Cosa spicca secondo te quando Jannik è capace di restare concentrato, senza preoccupasi di nulla?
“Un bel po’ di fiducia nel momento, vero? Il finale della passata stagione lo ha aiutato molto. Ora entra in campo ovunque nel mondo e contro chiunque rispettando tutti, ma senza temere nessuno.”
D. L’anno scorso, in un paio di sconfitte come con Cerundolo a Roma e Zverev allo US Open, faticava fisicamente. Come migliorare la preparazione, l’alimentazione, le abitudini? Perché ora sembra molto forte anche fisicamente.
“Due parole: Umberto Ferrara, il preparatore altletico. È un genio in quello che fa. E credo sia importante, quando ti unisci a una squadra, è definire i risultati che ti prefiggi. Non cerchi di fare in due mesi il lavoro di sei. Il risultato che vedi viene da due anni di lavoro su Jannik. La parte fondamentale è che capisce che il suo corpo è molto migliore adesso. Rispetto a prima, ha molta più fiducia nel proprio corpo, grazie al lavoro di Umberto.
D. Cos’hai portato a Sinner che prima non aveva? Quanto è difficile essere obiettivo quando commenti in TV?
“Beh, non commento i suoi incontri, quindi è facile. Cerchiamo di stare attenti a evitare sovrapposizioni. Se ne parlo in trasmissione, lo faccio come sto facendo adesso, in veste di coach.
“Spero di avergli portato parecchie piccole cose. Difficile fare un elenco, ma direi un po’ di fiducia. Aveva già un gioco eccezionale. Riccardo Piatti aveva fatto un gran lavoro. Come succede in questo campo, c’è un momento in cui un paio di occhi e una voce nuovi sono un bene per il giocatore. Simene e io siamo stati in grado di pianificare come giocare i match dal punto di vista tattico, gli aspetti del gioco che doveva migliorare un po’, la crescita atletica, l’approccio al professionismo. Ripeto, Simone è la ragione principale del tipo di tennis che vedete da Jannik.”