TENNIS AL FEMMINILE – Per una volta gli arbitri non giudicano ma vengono giudicati. Da Mariana Alves a Eva Asderaki, da Marija Cicak a Kader Nouni: grandi chiamate e decisioni disastrose dei più famosi giudici di sedia del circuito femminile.
Se qualcuno ha voglia di andare in questa pagina del sito WTA e ha la pazienza di scaricare la Guida ufficiale 2014 troverà a pagina 13 un paragrafo intitolato “Chair Umpires”.
Nel paragrafo sono pubblicate le foto con i sei nomi degli arbitri che la WTA ha messo sotto contratto per il 2014 e che considera di prima fascia. Sono elencati in ordine alfabetico:
– Mariana Alves
– Eva Asderaki
– Marija Cicak
– Kader Nouni
– Felix Torralba
– Juan Zhang
In questo articolo proverò a dare una valutazione sul loro operato, raccontando alcune delle decisioni più importanti di cui sono stati protagonisti.
Mariana Alves
voto 6½
Mariana Alves, portoghese, non è una giudice di sedia qualsiasi, su questo non ci sono dubbi. Se un giorno qualcuno vorrà provare a mettere in prospettiva storica il ruolo dell’arbitro nel tennis, Alves avrà per forza una posizione di primo piano nella vicenda; e purtroppo sarà in chiave negativa. È lei, infatti, la protagonista della famigerata partita che viene riconosciuta come quella che ha spinto all’introduzione del “falco” (il sistema di verifica del segno della palla).
È successo agli US Open 2004, quarto di finale tra Jennifer Capriati e Serena Williams. Per quanto possa essere importante un incontro Slam tra due giocatrici di quel livello, a renderlo storico è la serie raccapricciante di errori arbitrali che lo flagellano. E che sono tutti nella stessa direzione.
Almeno cinque chiamate arbitrali sfavoriscono Serena e costituiscono una bella spinta per la vittoria di Jennifer (2-6, 6-4, 6-4). E non si tratta di chiamate qualsiasi: quattro avvengono nel set decisivo e addirittura tre nel game finale (un game concluso ai vantaggi).
Fa una certa impressione parlare di arbitraggio probabilmente determinante per una partita di tennis; di solito sono tipiche diatribe calcistiche, ma in questo caso sono le immagini stesse a confermare la situazione (e nel filmato manca un doppio fallo di Capriati non rilevato, sempre nel game finale).
Dal filmato si deduce che all’incapacità di intervenire sugli errori commessi dai giudici di linea, Mariana Alves aggiunge una personale e disastrosa overrule: valuta out un rovescio lungolinea di Serena che rimbalza all’interno della riga, e per di più nel lato di campo più vicino al seggiolone. Dopo questo match Serena riceve scuse ufficiali, e la giudice di sedia viene sospesa per il resto del torneo.
I vertici del tennis si attivano per introdurre l’hawk-eye come sistema di valutazione ufficiale. Il falco verrà utilizzato a partire dalla stagione 2006, appena effettuate tutte le verifiche tecniche necessarie.
E oggi?
Mariana Alves è sopravvissuta a quel terremoto professionale e ha avuto la possibilità di continuare ad arbitrare. Il voto di 6½ che ho dato si riferisce all’ultimo periodo e non include quel match nella valutazione.
Oggi Alves è una giudice di sedia piuttosto prudente, che non azzarda overrule difficili (ad esempio in zone di campo lontane) e che cerca una conduzione senza troppi attriti, glissando su certi comportamenti al limite delle giocatrici più difficili.
Probabilmente un atteggiamento legato a comprensibili timori (non so se potrebbe permettersi un’altra giornata nera); ma tutto sommato apprezzo le conduzioni basate sulla discrezione: gli arbitri che amano farsi notare non fanno per me.
E se di sicuro Serena non può aver dimenticato la partita con Capriati, anche altri tennisti sembrano averla ben presente, e non mancano di farlo pesare nelle loro proteste.
Ecco Gulbis nel 2011 lamentarsi per una chiamata di doppio rimbalzo sostenendo (versione edulcorata): “Anche se non si tratta di giudicare una palla dentro o fuori, trovi comunque il modo di rovinare i match”.
E Azarenka nel 2013: “Come fai ad essere ancora seduta sulla sedia dell’arbitro dopo tutto quello che hai combinato?” Posso sbagliarmi, ma a me sembrano due riferimenti piuttosto espliciti a “quel” match.
Devo dire che queste situazioni mi suscitano sentimenti contrastanti. Da una parte trovo crudele il modo in cui i giocatori infieriscono sul punto debole di un arbitro; dall’altra se ripenso alla partita di Flushing Meadows faccio fatica a non considerare Mariana Alves quasi come una miracolata, perché davvero quella sera ha rischiato di chiudere lì la sua carriera.
Eva Asderaki
voto: 7/8
Anche la carriera di Eva Asderaki, greca, per certi aspetti è stata segnata dai match con in campo Serena Williams; ma per fortuna niente di paragonabile a quello con Jennifer Capriati. Per spiegare la situazione devo prendere la cosa un po’ alla lontana.
Secondo me fino al 2011 Asderaki era il miglior arbitro in circolazione nella WTA: avessi dovuto darle un voto in quel periodo sarebbe stato 9. Coraggiosa e praticamente infallibile nelle overrule, capace di sanzionare le giocatrici senza arroganza e di interpretare l’andamento dei match con intelligenza e sensibilità; e senza smanie di protagonismo.
Masters di Doha 2009, ecco una decisione nello stile della miglior Asderaki: è quella che viene chiamata “hindrance”, vale a dire un disturbo provocato dal giocatore durante lo scambio. In questo caso il disturbo è il “C’mon” gridato da Serena, convinta di aver ormai vinto il punto. Nel momento in cui Kuznetsova tiene la palla in gioco, è inevitabile la sanzione (e il quindici perso).
Non ho scelto questo esempio a caso, perché a mio avviso proprio un’altra decisione di hindrance ha costituito la svolta in negativo della carriera di Asderaki.
Nemmeno trentenne, per le sue grandi qualità si merita la finale di Flushing Meadows 2011, quella tra Serena e Stosur (vinta da Samantha 6-2, 6-3). E qui nuovamente decide di sanzionare Serena per hindrance. Questa decisione ha suscitato pareri differenti e contrapposti; comunque la si giudichi, per un arbitro è una situazione sfortunata, perché davvero al limite.
Forse nell’istante in cui Asderaki ha preso la decisione ha pesato proprio il precedente di Doha, simile per andamento e geometrie. Forse non ha voluto dare l’impressione di agevolare la tennista di casa, sulla carta più forte e carismatica; e questo è un aspetto generalmente positivo di Asderaki, attenta a tutelare allo stesso modo tutte le giocatrici, indipendentemente dalla loro importanza.Secondo me ne è uscito un intervento un po’ cavilloso, che ha alterato per alcuni game il normale andamento del gioco.
La mia sensazione è che, dopo la partita, la stessa Asderaki non sia rimasta del tutto convinta della propria decisione. E una conferma indiretta mi sembra l’entità molto ridotta della multa inflitta a Serena per la sfuriata avuta in campo: duemila dollari, cifra stabilita in una riunione in cui era presente anche la giudice di sedia.
Dopo questo match, secondo me qualcosa si è incrinato nell’equilibrio praticamente perfetto di Eva Asderaki. Da allora a volte traspare un po’ di incertezza, e le overrule si sono fatte più rare e non sempre esatte; rimane sempre una giudice di sedia validissima, ma ha perso un po’ della coraggiosa spensieratezza che fino a quel momento la rendeva praticamente infallibile.
Ma c’è un seguito alla questione Asderaki/Serena/hindrance.
Qualche mese dopo, Asderaki arbitra il primo turno del Roland Garros 2012 tra Serena Williams e Virginie Razzano: partita drammatica, terminata con la sorprendente eliminazione di Serena (4-6, 7-6, 6-3). Ebbene, nel game che sarebbe stato l’ultimo (sul 30 pari, con Razzano che serve per il match) Asderaki giudica hindrance un verso di dolore di Razzano causato dai crampi (min. 34’08”).
A mio avviso un intervento forzato, che potrebbe avere due interpretazioni differenti.
La prima, più tecnica: con Serena in campo, il metro che aveva ormai adottato per quel tipo di infrazione era estremamente severo, e così rigidità ha causato rigidità.
La seconda, psicologica: forse Asderaki si sentiva in colpa, e la chiamata di Parigi va interpretata come un inconscio risarcimento per quanto deciso la volta precedente a New York.
Per chiudere aggiungo un fatto recentissimo. La giudice di sedia greca sembra proprio avere nel suo destino l’hindrance, visto che è dovuta nuovamente intervenire (questa volta in modo inappuntabile) in un momento topico: sul set point della finale di Fed Cup tra Kerber e Safarova.
Marija Cicak
voto 8½
Secondo me in questo momento è lei, giudice arbitro croata, la migliore della WTA. Grazie alle sue doti ha ottenuto di dirigere nel 2014 la finale di Wimbledon e la finale del Masters di Singapore.
È capace di prendere decisioni non semplici come questa tra Sharapova e Kirilenko; situazione che è diventata piuttosto famosa (quasi 900mila visualizzazioni su YouTube) per le protagoniste in campo e per le modalità curiose.
Se la consideriamo dal punto di vista dell’arbitro, si capisce che non è facile tenere sotto controllo quanto sta facendo Kirilenko, dato che la palla si trova dall’altra parte della rete nel momento in cui colpisce ripetutamente a terra con la racchetta. Invece Cicak si accorge perfettamente di tutto: segno di notevole prontezza e attenzione. E il modo stesso in cui respinge le proteste di Kirilenko dimostra quanto le fosse chiaro il quadro degli avvenimenti.
Personalmente preferirei un modo di comunicare meno sbrigativo. Sotto questo aspetto secondo me Asderaki si fa preferire; ma devo anche dire che rispetto a un paio di anni fa Cicak ha ammorbidito i toni.
Del resto per essere autorevoli non occorre mostrarsi per forza rigidi e duri, anche perché ormai credo che si sia conquistata un grande rispetto tra le giocatrici.
Kader Nouni
voto 7½
Arbitro francese con il timbro di voce immediatamente riconoscibile, alla Barry White. Il voto a Kader Nouni è la media tra due aspetti fondamentali: da una parte la capacità di valutare dove cade la pallina, dall’altra l’interpretazione del resto del ruolo del giudice di sedia.
Per quanto riguarda la prima parte, cioè come “hawk-eye umano” Nouni secondo me è il migliore. Sceglierei senza dubbio lui per arbitrare una partita in cui non c’è a disposizione il falco; non solo non sbaglia praticamente mai, ma si prende anche la responsabilità di chiamare palle che atterrano lontane dalla sedia. La sua bravura sotto questo aspetto è straordinaria, vicina all’infallibilità.
Purtroppo, però, un arbitro deve anche prendere altre decisioni: saper interpretare le situazioni e avere la sensibilità di non strafare nei momenti topici dei match. E sotto questo aspetto secondo me Nouni non è al livello di Asderaki e Cicak. Le volte in cui ha finito per irritare i giocatori senza che ce ne fosse veramente un motivo sono state diverse.
La più grave è probabilmente questa, in cui ha danneggiato Radwanska con una decisione cervellotica che ha fatto perdere la pazienza perfino ad Aga, tennista solitamente molto controllata.
(Per chi avesse dubbi: la stessa WTA si è scusata con la giocatrice ed ha riconosciuto che il provvedimento da prendere era la ripetizione del punto. Come del resto avviene sempre quando un giocatore chiede il falco su uno scambio fermato per errore dal giudice di linea).
Ma anche quest’altra decisione nei confronti di Zvonareva appare eccessiva.
Insomma, traspare una certa tendenza a estremizzare le situazioni che forse deriva da una punta di narcisismo di troppo.
Lo dico anche facendo riferimento ad un’altra famosa disputa con Nalbandian: sembra un dettaglio da nulla, ma mi colpisce il fatto che si preoccupi di controllarsi i capelli con le mani in un momento critico, sull’8 pari del quinto set (min 1’49”).
Mi verrebbe da dire che Nouni sarebbe perfetto se le sue partite potessero essere arbitrate in tandem, con due sedie affiancate: lui che valuta le chiamate e qualcun altro che prende le rimanenti decisioni (magari una giudice di sedia esperta ed equilibrata come Alison Hughes – Lang).
Felix Torralba
voto 6
Felix Torralba, spagnolo, è al primo anno tra i giudici di prima fascia del circuito femminile. Fra gli arbitri qui considerati è quello che ho visto meno volte in azione, e per questo sono stato incerto se esprimere una valutazione o limitarmi ad un più prudente senza voto.
Ho deciso di sbilanciarmi, ma è possibile che il voto basso dipenda anche da una dose di casualità, che potrebbe non avermi fatto seguire i suoi migliori match.
Per quanto ho visto, al momento è il giudice di sedia che mi convince meno. Ho già avuto modo di dire che non mi piacciono gli arbitri che vogliono diventare protagonisti, ma secondo me Torralba esagera in senso opposto. Pochissimi interventi, overrule rarissime (per non dire inesistenti), e presenza quasi impercettibile. Se il giudice di sedia si limita ad annunciare il punteggio, sorge il dubbio che sia superfluo.
A mio avviso il fatto che la maggior parte dei campi abbia ormai in dotazione il falco non significa che debbano essere solo i giocatori attraverso il challenge a rimediare agli eventuali errori dei giudici di linea. Il giudice di sedia ha potere di intervento per buoni motivi, e non può trasformarsi in un semplice speaker che tiene conto del punteggio e del tempo al cambio campo.
Invece questa è l’impressione che ho avuto anche durante la finale del “Masterino” di Sofia. Mi riferisco ad esempio a questo scambio in cui è Flavia Pennetta che deve interrompere il gioco chiedendo la verifica su una palla fuori di parecchi centimetri. Sbaglierò, ma sono convinto che i migliori arbitri sarebbero intervenuti in prima persona, senza delegare rischi e responsabilità alle giocatrici in campo.
Juan Zhang
voto 6½
Juan Zhang, cinese, è la penultima arrivata nell’élite WTA, visto che fa parte degli arbitri di riferimento dal 2013. Per questa ragione anche per lei, come per Torralba, la mia valutazione si basa su un numero di match inferiore rispetto agli altri quattro arbitri presi in considerazione.
Al momento mi ha colpito soprattutto per una certa discontinuità di rendimento. È capace di ottime partite, davvero al livello dei migliori, ma poi incappa in giornate in cui commette errori evitabili. Il voto risente delle giornate cattive, altrimenti sarebbe stato molto più alto.
A cosa mi riferisco quando parlo di cadute di rendimento? Per esempio ad errori come questo commesso nella finale di Wuhan. Invece che assegnare l’ace a Kvitova, Zhang fa ripetere il punto, evidentemente ritenendo che Bouchard sia stata disturbata dalla chiamata (sbagliata) del giudice di linea.
Se vogliamo essere severi, in questo caso la giudice di sedia manca al suo compito due volte: la prima quando non corregge la chiamata su una palla che rimbalza in una zona prossima alla sedia; la seconda, più grave, quando non ha l’attenzione necessaria per mettere in sequenza corretta gli avvenimenti (vale a dire che l’out arriva dopo l’esecuzione della risposta di Bouchard).
Eppure la sequenza non è confusa; in casi del genere, e con la dovuta attenzione, secondo me un arbitro capace non dovrebbe avere particolari problemi.
Che i telecronisti o gli spettatori non afferrino immediatamente questi dettagli mi sembra comprensibile: non è a loro che si chiede di prendere le decisioni. Ma l’arbitro invece è lì per quello, e dovrebbe cercare di non perdere mai la concentrazione. Un aspetto fondamentale, che fa la differenza tra il giudice di sedia “normale” e quello davvero bravo.