Guarda il video di Ubaldo Scanagatta e Paolo Di Lorito ⤵
di Valentin Pauluzzi, pubblicato da L’Équipe, 28 Maggio 2024
A 90 anni, Nicola Pietrangeli è ancora molto attivo e partecipa a numerosi eventi in qualità di ambasciatore del suo sport che lo ha visto al contempo vincere come capitano la prima Coppa Davis per l’Italia nel 1976. Membro della International Tennis Hall of Fame dal 1986, trasmette volentieri la sua esperienza sottolineando un aspetto: “perdere fa parte del gioco. Sapere vincere è alla portata di tutti, ma sapere perdere no”. Il tutto in un francese impeccabile, difatti Pietrangeli è nato e cresciuto in Tunisia.
D. Chi è il giocatore più forte che ha mai affrontato?
Nicola Pietrangeli: “Rod Laver, il più forte di tutti i tempi insieme a Roger Federer, ha realizzato due volte il Grande Slam (nel 1962 e nel 1969). Era praticamente imbattibile, ho dovuto giocare contro di lui cinque volte sull’erba e perdere cinque volte, anche se spesso si arrivava al quinto set. Invece, l’ho incontrato una volta sulla terra battuta, in finale a Torino, e ho vinto. Lui stesso ha poi detto: ‘Per fortuna ho giocato contro di lui su questa superficie solo una volta’. Quel giorno ha vinto il primo set, ma nei tre successivi ha conquistato solo quattro giochi”.
D. Il giocatore più pazzo?
Nicola Pietrangeli: “I soldi hanno cambiato tutto, oggi una sconfitta o una vittoria in finale rappresenta una differenza di €500.000 di guadagni, mentre noi giocavamo per divertirci o al massimo per due panini. Non potevamo permetterci di fare i pazzi. Nel 1960, ad Amburgo, eravamo intenti a camminare quando vedemmo dei manifesti “I Beatles” e ci dicemmo “ma che roba è ‘Gli scarafaggi’?”. Si trattava della prima volta che suonavano al di fuori dell’Inghilterra, il biglietto costava un marco e mezzo, birra inclusa”.
D. Il più festaiolo?
Nicola Pietrangeli: “Le feste memorabili erano a Monte-Carlo, con Gloria Butler che le organizzava (figlia di George Butler, colui che negli anni ’20 era stato l’artefice della costruzione del Monte-Carlo Country Club, lei era a capo dell’organizzazione del torneo negli anni ’70). Erano al giovedì, ecco perché i risultati più sorprendenti avvenivano al venerdì! C’erano artisti e attori, si cantava, si facevano spogliarelli, sgorgava champagne a fiumi. Una volta, con Ion Tiriac e Ilie Nastase, ci travestimmo e formammo un trio di donne brutte, era disgustoso da vedere! Un altro anno, mi svegliai in una macchina alle 9 del mattino, non sapevo assolutamente cosa fosse successo”.
D. Il momento in cui ti sei sentito più forte?
Nicola Pietrangeli: “Contro Rod Laver in semifinale a Wimbledon, nel 1960. Ho perso 6-4 al quinto set, si è deciso tutto su una palla. Senza essere presuntuoso, ero io il più forte. Avrei affrontato Neal Fraser in finale. Negli spogliatoi, mi disse: ‘Non te la prendere, ma sono contento che tu abbia perso, perché so che batterò Fraser’. E così fece”.
D. Il giocatore più cattivo?
Nicola Pietrangeli: “Ripeto, non c’erano rivalità. Viaggiavo molto con gli spagnoli e i messicani che mi chiamavano “Capitano”. Quando tutti avevano finito il loro match, chiedevano: ‘Capitano! Dove andiamo a cenare stasera?’ e hop, me ne occupavo io. Eravamo tutti amici, era davvero un’altra vita”.
D. La sconfitta che ti ha fatto più male?
Nicola Pietrangeli: “Contro Laver, è stato più una questione di sfortuna. Ma al Campionato d’Italia del 1970 contro Adriano Panatta, stavo vincendo 4-1 al quinto set e là, davvero, sono stato presuntuoso. Se lo sogno di notte, ancora cado giù dal letto, ma è stato un passaggio di testimone tra il vecchio e il giovane” (Panatta vincerà poi il Roland-Garros nel 1976, ndr).
D. Il giocatore che ti ha messo più in difficoltà?
Nicola Pietrangeli: “Manolo Santana, contro cui ho perso due finali a Roland Garros, nel 1961 e nel 1964. Era un amico, un fratello, sapevamo tutto quello che faceva l’altro, giocavamo praticamente solo partite al quinto set”.
D. Il momento in cui ti sei sentito particolarmente solo?
Nicola Pietrangeli: “Un torneo a Båstad, in Svezia. Stavo cominciando a perdere un po’ troppo, sbagliai un punto facile, lasciai cadere la mia racchetta e dissi ‘Allora, anche tu mi abbandoni?’. È stato lì che ho capito che era l’ultimo anno”.
D. Un avversario di cui hai perso le tracce e che vorresti rivedere?
Nicola Pietrangeli: “Chiunque tra quelli che sono ancora in vita, sono quasi tutti morti. L’altro giorno ho visto una foto bellissima con gli australiani (Ken) Rosewall, (Neale) Fraser, (Frank) Sedgman e (Roy) Emerson. Sono tutti e quattro vivi, è passato molto tempo da quando non li vedo. Quando vado a Parigi, non ci sono perché sono troppo anziani o malati”.
D. Un aneddoto che non hai mai raccontato?
Nicola Pietrangeli: “Stavo giocando contro Roy Emerson a Roland Garros, allora era al terzo o quarto posto nel ranking mondiale, gli diedi tre set a zero. Rientrando negli spogliatoi l’arbitro venne a cercarmi e mi disse: ‘Devi tornare in campo’. Rientro e lì: standing ovation. Non è mai più successo”.
D. La tua più grande festa?
Nicola Pietrangeli: “A Parigi, la mia base era il Crazy Horse, abitavo da Alain Bernardin, il suo creatore. Andavo anche spesso al “Chez Régine”, tutte le sere anche l’anno del mio secondo Roland Garros, e fino alla vigilia della finale, per superstizione. Non ricordo come ho festeggiato il primo titolo. Per il secondo, siamo andati in un ristorante russo, il paese originario di mia madre. Nient’altro. Non era così importante come oggi”.
Traduzione di Jenny Rosmini