TENNIS – Dopo i recenti scandali che hanno coinvolto giocatori più o meno quotati, tra cui Potito Starace, ci si chiede se è possibile arginare il cancro delle scommesse illegali nel tennis. Proviamo a capire come e con quali mezzi. Due le soluzioni proposte.
Nelle ultime settimane lo scandalo scommesse si è allargato a macchia d’olio coinvolgendo tennisti, o meglio, sospettando di tennisti, che hanno avuto, (anche), una buona carriera professionistica.
Ora la domanda che si pongono tutti gli appassionati, nonché le teste pensanti della Federazione mondiale è la seguente: come riuscire ad arginare il problema? In realtà, la soluzione a questo quesito è molto più semplice di quello che si potrebbe sospettare. Però, prima di avanzare una possibile soluzione, facciamo un piccolo preambolo.
Per capire bene il problema, occorre partire dal presupposto che bandire a vita dal circuito, un tennista reo confesso o che viene pizzicato con le mani nella marmellata non serve praticamente a nulla. O meglio, questa presa di posizione da parte dell’ATP e della WTA è sacrosanta e sicuramente condivisibile, ma il problema è troppo diffuso e allettante per quell’esercito di giocatori che gira il mondo senza avere la minima possibilità di guadagnarsi una classifica che gli permetta di potersi mantenere con questo sport. E’ dunque un po’ come cercare di curare un grande male con un’aspirina.
Credere che tra tutta questa immensa marea di tennisti, (moltissimi dei quali provengono anche da paesi poveri), i casi di combine siano pochi come ci vogliono fare credere, è come pensare che io con una buona racchetta e un buon allenamento possa raggiungere i risultati di Roger Federer. Inammissibile.
Inoltre, se vogliamo, prendere una posizione così forte contro un tennista che ha sbagliato, (per quanto grave sia la colpa perché in effetti è molto grave), non è eticamente neppure giusto dato che è necessario dare a tutti la possibilità di redimersi.
Diventerebbe anche assolutamente ridicolo per l’immagine della Federazione Internazionale bandire a vita dal circuito un giocatore o una giocatrice per scommesse, quando per chi bara dopandosi scattano i canonici due anni di sospensione.
Se a tutto questo aggiungiamo il conteso economico in cui versa l’economia mondiale con problemi sempre più seri, e quindi con un impoverimento globale più accentuato, il diavolo tentatore potrebbe divenire troppo arduo da zittire.
Ora entriamo più nello specifico del problema.
Nel 2014 tutti i colossi delle scommesse sportive hanno aperto la possibilità agli appassionati di scommettere anche sui tornei ITF maschili e femminili.
Tutto ciò sta a significare due cose: la prima è che se tanti siti di scommesse quotano un avvenimento, per quanto possa essere limitata la quota di puntata, (cosa che comunque non è), si potranno sempre giocare grosse somme di denaro attraverso la spartizione della puntata complessiva su più siti di betting.
La seconda situazione creatasi è la seguente: ogni giorno si possono scommettere su decine e decine di partite rendendo il fenomeno impossibile da controllare.
Come è possibile pensare che ci sia un controllo capillare su un così ampio numero di partite? (senza considerare che entrano nel novero dei match quotati anche quelli di qualificazione).
Poi a mente lucida riflettiamo anche su un altro aspetto: la stragrande maggioranza dei tornei ITF che si disputano hanno un prize money di 10.000 dollari. In questi tornei, inoltre, non è compresa la struttura per soggiornare.
Immaginiamo la seguente situazione: un’atleta viene avvicinato (avvicinata) da un soggetto senza scrupoli che miri solo al guadagno e gli offra 25.000 euro per perdere una partita, (per semplicità banalizzo molto la cosa, dato che in realtà in questo mondo la criminalità organizzata ha un ruolo senza dubbio importante).
E’ molto bello e semplice appellarsi agli ideali, (etici, sportivi ecc..), non solo per rifiutare, ma anche per denunciare l’estorsore. Ma pensiamo da un punto di vista più pratico e, forse, reale: questo ragazzo (o ragazza) vendendosi una partita può guadagnare quello che riuscirebbe a mettere insieme in diversi tornei dove si dovrebbe comportare molto bene, (e per molto bene intendiamo la vittoria finale).
Inoltre è da considerare anche il fatto che è prassi diffusissima che i tornei ITF si disputano in posti in cui si ripetono per più settimane consecutivamente, (per fare un esempio, la splendida località di Santa Margherita di Pula ne organizza più di sette in successione).
Un giovane tennista squattrinato dovrebbe rinunciare a una tentazione così importante, quando la cosa più congeniale per lui, (o lei), sarebbe quella di accettare i soldi, allenarsi tutta la settimana, avere per un certo periodo una sicurezza economica che non lo costringa sempre a giocare con un extra di pressione aggiuntiva. Tutto questo per poi riproporsi la settimana seguente sempre nello stesso luogo, per lo stesso torneo e magari, questa volta provare a vincerlo in modo “etico”.
E questo ragionamento lo si può fare per chi si vende direttamente la partita, ma i casi potrebbero essere innumerevoli (perdita di un set, di game, perdita della batutta e tutte le innumerevoli tipologie di scommesse che i siti di betting quotano). Il fenomeno è assolutamente impossibile da controllare, spiace dirlo ma occorre arrendersi all’evidenza.
Ok, pensiamo ancora che questo problema possa essere marginale come ci vogliono far credere? O è più saggio considerare che, forse, quello che tentano di propinarci è gettare in pasto ai media capri espiatori per poi cercare di far calare l’attenzione su questo dilemma che andrebbe, in realtà, affrontato in modo meno semplicistico?
Dal mio punto di vista sono due le soluzioni da proporre e cercare di mettere in pratica: la prima è che siano bandite le scommesse ITF dal palinsesto dei bookmakers. Questa, a mio avviso, è una conditio sine qua non.
Non sto parlando di circuito ATP/WTA o Challengers perché so che è impossibile ed irrealizzabile, ma quantomeno si può iniziare a circoscrivere il problema eliminando il circuito ITF e, di conseguenza, una marea di partite che coinvolge un numero impressionante di tennisti.
La seconda soluzione è la più ovvia e scontata, richiestissima vanamente da moltissimi atleti, ma che al momento non è minimamente presa in considerazione perché probabilmente dà fastidio a qualcuno d’importante: ridistribuire il prize money
Abbiamo pubblicato in questi giorni numerose testimonianze di atleti che si lamentano fortemente per questa mancanza.
Con una più equa distribuzione delle risorse, allora si che il dolo diverrebbe ancor più delittuoso perché l’atleta non si troverebbe più, nelle condizioni di Hermann, il protagonista del famosissimo racconto “La dama di picche” di Puskin che disse: “non sono nelle condizioni di sacrificare il necessario nella speranza di procurarmi il superfluo”.
Ma le soluzioni apportabili potrebbero essere tantissime altre, potrei andare avanti per ore nel proporne, ma non è questo quello che tale articolo tenta di dimostrare. Non è cercare una soluzione ad un problema che starà sicuramente turbando le notti di tantissime persone, ma quello di presentare il fatto che, al momento, le misure cautelative prese non porteranno alla soluzione del dilemma.
Insomma, va bene tutto, ma che non ci vengano a dire che per risolvere il problema si debbano solo prendere delle misure drastiche, come quelle di punire severamente i pochi colpevoli caduti nella rete investigativa. Non è altro che palliativo: quelli incriminati con prove incontrovertibili sono solo poveri diavoli che non rappresentano altro che la punta dell’iceberg di un problema molto più vasto e complesso. Questi soggetti sono, forse, semplicemente i meno accorti e i più ingenui nel non aver preso le opportune misure per cautelarsi.