Nell’articolo di presentazione del torneo di Wimbledon avevo scritto che, alla vigilia, lo Slam su erba appariva il più imprevedibile della stagione. E a giochi fatti ne abbiamo avuto la conferma: non so in quanti avrebbero immaginato che le finaliste sarebbero state Jasmine Paolini e Barbora Krejcikova. A scanso di equivoci: non sto esaltando le mie capacità predittive, anzi; nell’articolo mi ero limitato a sottolineare le difficoltà che c’erano nell’inquadrare la situazione. Perché realmente, per una ragione o per l’altra, mancavano le certezze che nelle ultime stagioni hanno invece offerto gli Slam su cemento e terra battuta.
Da questa incertezza è emersa per il secondo anno consecutivo una giocatrice della Repubblica Ceca, nazione che dagli anni ‘10 riesce a offrire con continuità tenniste di successo. Siamo così passati da Marketa Vondrousova, campionessa del 2023, a Barbora Krejcikova. E se Vondrousova aveva vinto i Championships senza nemmeno essere testa di serie, Krejcikova è partita dalla posizione numero 31, quindi appena al limite della soglia delle migliori 32 del ranking.
Insomma, anche Barbora ha vinto lo Slam da inattesa. Quasi come era accaduto nel 2021, quando si era imposta al Roland Garros senza essere testa di serie. In fondo tutta la sua carriera ha seguito questa costante. Inattesa la sua affermazione tardiva, inattesa la vittoria a Parigi e inattesa quella recente a Londra. Leggendo i commenti dei lettori di Ubitennis in calce all’articolo della finale, l’aspetto che più mi ha colpito è stata la differenza di giudizi sul suo valore: da estremi positivi a estremi negativi. Soprattutto su questi ultimi credo influisca la mancanza di memoria (o di conoscenza) dei tornei del passato. Però è anche innegabile che quella di Krejcikova sia stata, almeno fino a oggi, una carriera anomala, che si presta a valutazioni contraddittorie.
Krejcikova è nata nel dicembre 1995 a Brno, seconda città della Repubblica Ceca. La stessa città di Jana Novotna, ex numero 2 del mondo e vincitrice a Wimbledon nel 1998, scomparsa nel 2017 per un tumore ad appena 48 anni. Come mai lo ricordo? Perché quando Barbora, dopo essere stata una ottima junior (numero 3 del ranking), ha dei dubbi sul possibile passaggio al professionismo, decide di rivolgersi alla illustre concittadina per avere dei consigli. Lo fa scrivendole una lettera, modalità alquanto insolita nell’epoca della comunicazione digitale. Anche la risposta di Novotna è sorprendente. Non si limita a darle dei consigli: le propone di diventare la sua allenatrice a tempo pieno. Jana la seguirà per tre anni, nei difficili inizi del circuito ITF, prima che la salute precaria le impedisca di continuare l’attività di coach.
In singolare Barbora fatica a sfondare, ma nel frattempo, in coppia con Katerina Siniakova, comincia a emergere nel doppio. Quasi coetanee (Siniakova è più giovane di sei mesi), insieme costituiscono una coppia molto forte. In singolare Katerina si afferma prima, entrando fra le prime 100 del mondo sin dal 2016 e sfiorando più volte la Top 30; Barbora invece non riesce ad andare oltre la posizione 120. Ma a dispetto della differenza di classifica in singolare, insieme nel 2018 diventano campionesse del Roland Garros e di Wimbledon, oltre che numero 1 del mondo a fine della stagione. In sostanza, grazie al doppio Krejcikova ha la possibilità di viaggiare, imparare e guadagnare nel circuito WTA.
Passano due-tre stagioni senza sostanziali cambiamenti. A quasi 25 anni, sembra ormai che la carriera di Barbora sia indirizzata: i successi arriveranno dall’attività di coppia, mentre in singolare pare non avere i mezzi per affermarsi ad alto livello. Poi però arriva un evento esterno che cambia totalmente le carte in tavola: la pandemia. Il Covid ferma il circuito WTA, e le giocatrici, con voli e viaggi all’estero bloccati, devono allenarsi dentro i confini nazionali. Una grande disdetta per Kvitova, Pliskova, Vondrousova, Muchova, Strycova and Co. Ma una grande opportunità per Krejcikova. Per alcuni mesi può confrontarsi regolarmente con l’elite del tennis femminile ceco. E, settimana dopo settimana, si convince che non è poi così distante da giocatrici che in carriera hanno tutte come minimo raggiunto (in singolare) delle semifinali Slam.
Ha raccontato lei stessa di quel periodo: “Ho potuto giocare contro tutte le migliori ragazze della Repubblica Ceca, che ha tante buone giocatrici. Non ho avuto solo l’occasione di misurarmi con loro, ma anche di osservare come si allenano, come si preparano per le partite, etc. etc. Tutto questo mi ha davvero aiutato perché io ero fuori dalla top 100, ma in quei giorni mi sono resa conto di potermela giocare con tutte. Solo la mia classifica non era all’altezza, e non mi permetteva di partecipare ai loro stessi tornei. Ho capito che dovevo progredire nel ranking per dimostrarlo”.
a pagina 2: Le stagioni dell’affermazione