Seppur assolto e innocente, Jannik Sinner si ritrova – per l’ennesima volta – al centro di una tempesta mediatica, questa volta attaccato non solo da persone esterne alla sfera tennistica ma anche e soprattutto, da colleghi. Nella giornata di martedì 20 agosto, a seguito della pubblicazione della sentenza effettuata da Sinner stesso sui propri social, gli utenti delle piattaforme social si sono scagliati contro l’azzurro, a partire proprio da alcuni tennisti professionisti, che hanno ritenuto il trattamento adottato nei confronti del “caso Sinner” diverso rispetto ai precedenti, accusando il numero uno del ranking di aver ricevuto una corsia preferenziale in quanto a rapidità ed esito della sentenza.
Non si esime dalla critica l’atleta polacco Kamil Majchrzak, squalificato dalle competizioni per 12 mesi, a causa della positività riscontrata nei quattro test antidoping effettuati, nonostante la minima presenza di sostanza dopante (qui avevamo parlato di lui). Il polacco, inizialmente, aveva ricevuto quattro anni di squalifica, ridotti ad uno soltanto dopo il ricorso: “Il fatto che io non abbia potuto difendermi in tribunale durante il mio caso, mentre altri possono giocare normalmente nella stessa situazione in cui mi sono trovato io, non mi dà pace. Sono devastato e sopraffatto”. La celerità dell’ITIA desta scalpore a molti dei colleghi di Sinner che si sono trovati in una situazione simile, ma che secondo il loro parere, hanno ricevuto un trattamento ineguale. Senza giri di parole replica l’attuale numero 549 del mondo, l’argentino Juan Pablo Paz, che mediante un tweet, si schiera tra coloro i quali ritengono che l’ente antidoping sia stata troppo permissiva con il team dell’azzurro e con Jannik stesso: “Sono sorpreso ma allo stesso tempo non molto, sapevamo già che esistevano due pesi e due misure e che ai giocatori di punta sono permesse certe cose che agli altri non sono permesse. Ora non voglio nemmeno immaginare tutti i giocatori che sono stati sospesi per le stesse ragioni, la rabbia che devono avere quando lo scopriranno”. Jannik Sinner, dunque, non è stato risparmiato da nessuno, nemmeno da chi come lui, esercita la stessa professione.
Forse, è meglio fare un passo indietro, andando a ritroso di un anno sino a giungere all’ottobre del 2023, proprio quando un altro tennista italiano, Marco Bortolotti, risultò positivo al Clostebol (cos’è la sostanza che ha messo nei guai Jannik), esattamente come l’attuale numero uno al mondo. Pensate un po’, anche Bortolotti – ex numero 355 – è stato assolto dopo pochi giorni a seguito delle spiegazioni fornite dal giocatore italiano all’ITIA, ritenute credibili e soddisfacenti per non incorrere in una squalifica. Trattamenti identici, classifica piuttosto differente. Stranisce il fatto che il caso Bortolotti sia passato quasi in sordina e Sinner, invece, si trovi al centro di una bufera mediatica soltanto perché assolto in tempi brevi – proprio come il connazionale – per l’utilizzo involontario di un farmaco, che come asseriscono gli esperti, non può risultare dopante per via cutanea.