TENNIS – Oggi, 28 dicembre, Patrick Rafter compie 42 anni. Facciamogli gli auguri ripercorrendo l’incredibile finale di Wimbledon 2001
Il Centre Court, gli abiti bianchi, l’atmosfera british, il profumo della tradizione sono ciò che rendono unico e inimitabile il torneo di Wimbledon. Trionfare nel “giardino” più famoso del mondo significa diventare parte della storia, significa poter dire di aver fatto qualcosa di grande, di aver raggiunto l’apice della propria carriera, con la consapevolezza che nessun torneo, in quanto a prestigio, potrà eguagliare i Championships.
L’edizione del 2001 sotto diversi punti di vista è entrata nella storia: la sorprendente sconfitta di Sampras per mano di un giovane svizzero che qualche anno dopo sarebbe diventato numero 1 del mondo; la cavalcata trionfale di Ivanisevic, che da numero 125 del mondo, quando tutto sembrava ormai impossibile, coronò il sogno di quando era bambino; il finalista Patrick Rafter, che dopo un torneo eccezionale, dopo aver battuto in una emozionantissima semifinale Andre Agassi, fu costretto ad arrendersi sul più bello.
Ivanisevic contro Rafter ha rappresentato indubbiamente una pietra miliare della storia del tennis. Fu una delle ultime finali Slam in cui due tennisti giocarono costantemente il serve and volley. Gli amanti di questa specialità non possono non aver provato una profonda nostalgia quando l’anno seguente a Wimbledon il numero 1 del mondo Lleyton Hewitt superò in finale David Nalbandian senza seguire mai un servizio a rete. Ivanisevic contro Rafter fu però anche il confronto tra due diversi modi di interpretare il tennis d’attacco: la potenza e l’efficacia del servizio da una parte, l’eleganza e la perfezione della volèe dall’altra. La migliore prima di servizio contro il miglior gioco di volo del circuito.
Rafter, numero 3 del seeding, disputò un torneo praticamente perfetto. Vittorie piuttosto agevoli nei primi turni contro Vacek, Dosodel e Arazi; negli ottavi e nei quarti superò rispettivamente Youzhny e Escudé per poi battere in semifinale la testa di serie numero 2, Andre Agassi, in cinque set. Altrettanto agevole il cammino di Ivanisevic nei primi turni. Successi senza troppe difficoltà contro Jonsson, Moya, Roddick e Rusedski. Nei quarti però il croato fu costretto per ben due volte al tiebreak contro la testa di serie numero 4, Marat Safin, e in semifinale dovette impiegare cinque set per superare l’idolo di casa Tim Henman.
Entrambi arrivarono in finale con la determinazione, la passione e l’entusiasmo dei giorni migliori. Entrambi, probabilmente, sapevano che quella sarebbe stata la loro ultima chance di trionfare sull’erba di Wimbledon. Rafter, finalista anche nel 2000, partiva favorito, ma non di molto. Ovviamente la classifica non rispecchiava il vero valore di Goran, che già in tre precedenti occasioni aveva raggiunto l’atto conclusivo dei Championships, venendo sconfitto da Agassi e due volte da Sampras. L’esito, quel giorno, fu un match memorabile, una maratona di emozioni durata cinque set, con Rafter che, nel quinto parziale, sul punteggio di 7-6 e 0-30 si trovò a due punti dalla vittoria e Ivanisevic che sui match point, per ben due volte, commise doppio fallo. Cinque combattutissimi set e un ultimo game da leggenda segnarono il trionfo di Goran Ivanisevic. Per il ragazzo di Spalato fu l’ultimo acuto della carriera, ma certamente il più epico, il più commovente, il più emozionante.
La vittoria di Goran, da numero 125 del mondo, fu nel complesso inaspettata e meritata. Rafter, però, nonostante la comprensibile delusione per la sconfitta, con eleganza, sportività e invidiabile spirito decoubertiano, riconobbe i grandi meriti dell’avversario. Al termine del match un sorriso sincero gli apparve sul viso quando abbracciò Goran nei pressi della rete. Sì, proprio quel sorriso che a Pat non è mai mancato, tipico di colui che mostra serenità e che, come insegna Kipling, riesce a trattare allo stesso modo la vittoria e la sconfitta. Il volto dell’australiano sembrava quasi dire: “Goran oggi abbiamo scritto la storia”. Una storia unica e irripetibile, una storia rimasta indelebile nella memoria di tutti noi appassionati.