TENNIS AL FEMMINILE – Annata dai due volti il 2014 di Dominika Cibulkova: inizio eccezionale, con la finale agli Australian Open e altri ottimi risultati, mentre il resto della stagione è stato piuttosto deludente. Saprà riprendersi a Melbourne, difendendo così il posto in top ten?QUI la presentazione dei sedici articoli.
Dicembre 2014
Nell’articolo scritto su Dominika Cibulkova dopo la vittoria al torneo di Acapulco (marzo 2014) ipotizzavo che forse i successi fossero determinati da una maggiore oculatezza tattica.
Oggi però mi sento di dire che l’ipotesi non è stata confermata: non solo perché in seguito sono mancati i risultati, ma soprattutto perché le sconfitte sono arrivate con modalità non dissimili dal passato.
Tutto considerato, a fine 2014 direi che abbiamo visto sempre la “solita” Cibulkova. Vale a dire una tennista che ha un rapporto particolarmente istintivo con il gioco.
Non so se avete mai notato lo strano tic che ha Dominika di “odorare” le palline prima di servire: secondo me un sintomo del suo modo di interpretare il tennis, in cui prevale l’aspetto fisico, quasi carnale, su quello logico e razionale. Quando scende in campo sembra davvero mettere tutta se stessa in gioco, liberando le energie senza riflettere troppo.
https://www.youtube.com/watch?v=S4oERGG1Nac#t=2133
E forse non potrebbe essere altrimenti, visto che, piccolina com’è, non avrebbe grandi possibilità contro avversarie più alte e grosse di lei. Invece Cibulkova non accetta mai di partire battuta, e proprio rifiutando di soccombere nel confronto con l’avversaria è capace di giocare forte e deciso come poche.
Con questo approccio può ottenere grandi risultati, ma anche andare incontro a brutte sconfitte. Di solito queste arrivano per due possibili ragioni:
– la prima quando non riesce a gestire il suo “sacro fuoco”: o non riesce ad accenderlo (e si intristisce) o si esalta troppo ed esagera.
– la seconda quando trova l’avversaria in grado di disinnescare le sue armi e fatica a rendersene conto, proprio perché non interpreta i match a partire dagli aspetti tattici.
Ad inizio 2015 Cibulkova si trova in questa situazione: dei suoi attuali 3052 punti oltre 2500 li ha ottenuti nella prima parte di stagione sul cemento. Poi ha raccolto poco sulla terra rossa e sull’erba europee; e nemmeno quando si è tornati a giocare sul duro in America e in Asia è riuscita a fare bene.
Si trova quindi nella scomoda condizione di dover riconfermare gli straordinari risultati di inizio 2014 (su tutti la finale all’Australian Open) oppure dovrà inevitabilmente arretrare in classifica. Una sfida davvero tosta, adatta però ad un carattere come il suo.
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Ecco l’articolo pubblicato il 4 marzo 2014:
Dominika Cibulkova, futura top ten?
Abituati come siamo ad una copertura sempre più capillare del tennis, senza visibilità televisiva i tornei sono sminuiti. Acapulco non è stato trasmesso, e così la vittoria di Dominika Cibulkova in Messico rischia di non lasciare traccia nella nostra memoria.
Un po’ per cercare di evitarlo, un po’ perché Cibulkova già agli Australian Open avrebbe meritato un approfondimento, questa settimana dedico a lei la rubrica.
Riflettendo su Dominika ho provato a pensare ad un po’ di partite che ho avuto occasione di seguire e che ritenevo particolarmente significative.
Fatta mentalmente una breve lista, mi sono reso conto che c’era una netta differenza tra il 2014 e gli anni precedenti: le partite più importanti di Cibulkova nel 2014 erano in maggioranza vittorie, mentre quelle fino al 2013 erano soprattutto sconfitte.
Ragionamento banale, mi direte, che spiega come oggi abbia raggiunto il suo miglior ranking e sia seconda nella Race. Eppure Cibulkova è da tempo che possiede un tennis aggressivo in grado di mettere in difficoltà quasi tutte.
Dovessi scegliere un match da mostrare a qualcuno che non conosce Dominika, non avrei dubbi: sceglierei Miami 2012 contro Azarenka.
Credo sia stata una delle partite più spettacolari ed emozionanti degli ultimi anni. Cerco di contestualizzare il momento per provare a restituirne l’importanza.
Era fine marzo 2012 e Azarenka, reduce dalla sua prima vittoria in uno Slam stava macinando le avversarie, giocando il suo miglior tennis: 25 vittorie di fila, imbattuta in tutto l’anno.
Con Serena infortunata alla caviglia e ancora incapace di vincere un Major dopo il rientro di metà 2011, Vika era diventata la numero uno del ranking e si candidava con convinzione alla leadership della WTA.
Insomma, si sentiva “boss” del circuito e, vittoria dopo vittoria, desiderava consolidare il suo status. E poi, inutile negarlo, il ruolo di capobanda si attaglia bene alla personalità di Vika. E che si trovasse a suo agio nella parte lo confermavano certi modi di fare in campo.
Ma quel giorno a Miami Azarenka si trova di fronte Cibulkova che non è affatto intimorita e anzi mostra il suo tipico atteggiamento deciso e un po’ sfrontato.
Dominika comincia letteralmente a prendere a pallate la numero uno del mondo: 5-0 nel primo set, poi 6-1. Poi 6-1, 4-0. Poi 6-1, 5-2, ad un solo game da una stesa clamorosa.
Tutto le riesce alla perfezione, gioca per quasi due set un tennis stratosferico: la mente è ispirata e il braccio esegue alla perfezione.
Se non ricordo male, fu proprio durante quel match che il regista inquadrò altre giocatrici che si erano messe a seguire l’incontro. Un evento molto raro, visto che di solito i tennisti non si curano molto delle prestazioni dei colleghi, a meno che non li debbano affrontare nel turno successivo.
Ma quel giorno era come se la partita stesse assumendo una connotazione differente: il “membro Alfa” del gruppo era sfidato da qualcuno che non voleva riconoscerne l’autorità e che stava addirittura per sottometterlo. Comprensibile che la comunità volesse assistere all’evento.
Anche le protagoniste in campo sembravano consapevoli di quanto stava succedendo.
Lo si capiva da come si stuzzicavano, con sguardi di sfida, e non solo. Vika era in confusione tecnica e tattica, eppure rifiutava l’idea di perdere. E poi non sopportava gli “Olè” che lanciava Cibulkova in occasione di molti punti.
Devo precisare una cosa: nel circuito prevalgono i “C’mon” ed eventualmente i “Vamos”.
Nel 2012, tra le prime, solo due utilizzavano gli Olè/Alè: Cibulkova e Bartoli (nel caso di Marion, sarebbe meglio scrivere “Allez”, ma quando veniva gridato in campo, irritava allo stesso modo le avversarie, indipendentemente dalla sua grafia…).
Cibulkova e Bartoli erano (e sono) anche molto amiche e, scherzi del sorteggio, guarda caso proprio Marion Bartoli avrebbe affrontato nel turno successivo la vincente di quel confronto.
Alla prima, minima, occasione di rivalsa (ben poca cosa, in verità: il primo game vinto) Azarenka urla “Alè”: Dominika capisce perfettamente che è stato utilizzato apposta per lei.
È la conferma definitiva che la partita sarà una lotta senza mezzi termini.
Azarenka cerca in ogni modo di risalire, ma si trova di fronte un’avversaria in piena trans agonistica.
Implacabile, ha le soluzioni vincenti per qualsiasi tipo di gioco le venga proposto: se Vika cerca di allungare gli scambi per puntare sul gratuito, Dominika non sbaglia mai; se prova ad accelerare, risponde alle palle potenti con una velocità ancora superiore. Sono talmente tante le situazioni sempre vinte da Cibulkova da sembrare quasi irridenti.
Se qualcuno avrà voglia di andarsi a rivedere quel match memorabile, avrà la possibilità di ritrovare tutte le doti grazie alle quali è potuta arrivare in finale agli Australian Open 2014.
Innanzitutto un dritto potente e preciso, con un discreto lift. Efficace da destra, ma anche da sinistra per l’esecuzione anomala. Direi che Cibulkova ha una zona in cui è particolarmente pericolosa: nella tre quarti di sinistra di fondo campo; da lì può decidere di giocare sia il dritto anomalo sia invece di chiudere con un incrociato non strettissimo ma di difficile lettura, che prende in contropiede chi aspetta la palla sulla diagonale opposta.
Il rovescio è meno incisivo, il lungolinea meno sicuro; questo è il colpo da cui si capisce lo stato di forma di Dominika: se lo gioca con efficacia e regolarità significa che è in giornata positiva e allora per le avversarie c’è davvero da preoccuparsi.
Piccolina e con un baricentro basso, ha un fisico che le consente di essere particolarmente elastica e reattiva. Dato che cerca sempre di non arretrare, per potersi mantenere a ridosso della riga di fondo deve compensare il deficit in altezza anticipando la palla con colpi di controbalzo.
Non ama la costruzione dello scambio articolato: appena intravede uno spiraglio non ci pensa due volte a cercare il vincente. In sostanza, il suo è senza dubbio un gioco votato all’attacco.
Malgrado sia la giocatrice più bassa tra le prime 50 del mondo (un metro e 61 secondo la scheda WTA, a mio avviso generosa) ha una discreta prima di servizio. La seconda palla era uno dei suoi punti deboli, ma mi sembra diventata più consistente nell’ultimo periodo e credo sia una delle ragioni dei progressi recenti.
È piuttosto dotata anche in difesa, ma giocare di rimessa è contro la sua indole: quando deve cominciare a remare, spesso preferisce tentare colpi rischiosi per cercare di riprendere il controllo dello scambio piuttosto che accettare la prospettiva di lunghe fasi in contenimento.
Non si può dire cerchi la rete con molta frequenza, anche perché per lei non è semplice chiudere lo spazio a passanti e lob, considerato il suo limitato allungo.
Ha come variazione una discreta palla corta, di solito un rovescio lungolinea.
Con il suo carattere deciso e combattivo dà l’impressione di riuscire a colmare i deficit fisici. Anche se prima del 2014 qualche volta questa sicurezza veniva meno nei momenti decisivi dei match importanti: giocando un tennis ad alto rischio, spesso ha finito per aumentare troppo il numero di gratuiti quando era il momento di chiudere.
Ecco, tenendo presente questo punto debole, si può ritornare a Miami 2012 e capire come, con molta fatica e attraversando altri momenti difficili, Azarenka sia poi riuscita a ribaltare l’inerzia del match, aggiudicandoselo per 1-6, 7-6, 7-5.
Passaggi chiave: i troppi errori gratuiti nei turni di servizio di Cibulkova sul 5-2 e 5-4 secondo set.
https://www.youtube.com/watch?v=odKkhFxLoPU#t=5146
Malgrado la delusione per una vittoria in due set sfumata, Cibulkova avrebbe tenuto duro ancora in un terzo set lottatissimo (e giocato ad alti livelli da entrambe) prima di cedere definitivamente al dodicesimo gioco.
Guardatevi la stretta di mano conclusiva e poi Vika che ribadisce con il suo body language: “qui comando ancora io”:
https://www.youtube.com/watch?v=odKkhFxLoPU#t=11191
Partita persa, dopo quasi tre ore di gioco e malgrado dieci punti in più vinti. Cibulkova si sarebbe presa la rivincita qualche settimana dopo, al Roland Garros, vincendo 6-2, 7-6.
Ed in ogni caso già a Miami aveva dimostrato che quando è in giornata può mettere in difficoltà anche le più forti.
A questo proposito la ricordo nel 2011 perdere solo 7-5 al terzo contro l’ispiratissima Kvitova di Madrid (Petra vinse il torneo sconfiggendo tutte le altre in due set, tra cui Zvonareva, Li Na e Azarenka).
https://www.youtube.com/watch?v=uIQAPBi0qRw
O ancora essere protagonista di un altro match dall’andamento simile a quello raccontato; accadde esattamente un anno dopo, sempre a Miami, ma questa volta contro Serena Williams. Che dovette mettersi davvero di impegno per ribaltare una partita in cui si era ritrovata sotto 2-6, 1-4 (finì poi per vincere 2-6, 6-4, 6-2).
https://www.youtube.com/watch?v=aJXTlNaf-qE
Del resto se Dominika a soli 24 anni vanta come risultati negli Slam quarti di finale a Wimbledon e New York, semifinale a Parigi e finale a Melbourne significa che è capace di picchi di gioco notevoli. E per raggiungere quei turni ha fatto vittime illustri come Azarenka, Kuznetsova, Wozniacki, Sharapova.
Fino ad oggi, gli ultimi Australian Open sono stati senza dubbio il punto più alto della sua carriera. Il percorso sino alla finale ha richiesto la vittoria su quattro teste di serie (Suarez Navarro, Sharapova, Halep, Radwanska); si è fermata solo all’ultimo atto contro Li Na.
https://www.youtube.com/watch?v=pIokzk57y_E
In conclusione vorrei affrontare un ultimo tema: l’impostazione tattica dei suoi match. Devo dire la verità: in alcune occasioni ho avuto delle perplessità riguardo al suo modo di condurre le partite. Ho avuto l’impressione che non sempre riuscisse ad individuare i punti critici del confronto con l’avversaria, finendo per intestardirsi in situazioni di gioco che si rivelavano controproducenti.
La ricordo nella finale di Barcellona 2012 contro Errani servire la seconda palla quasi sempre con la stessa traiettoria, finendo così per subire una lunga serie di vincenti in risposta da parte di Sara; vincenti eseguiti sempre allo stesso modo (dritto lungolinea); ad un certo punto sembrava davvero un déjà vu ripetuto troppe volte.
Oppure una sconfitta contro Valeria Savinykh (numero 159 del mondo) agli Australian Open 2013; un match disputato in una giornata di difficoltà fisica in cui il dritto molto spesso la tradiva. Ebbene, ogni volta che si ritrovava dietro nel punteggio (per i troppi gratuiti) Cibulkova spingeva un po’ meno, allungava lo scambio e la sua avversaria sbagliando di più la faceva recuperare. Ma appena rimontava, Dominika si rimetteva a forzare, e di nuovo guastava il punteggio per i troppi errori.
Inevitabilmente, l’ultima serie di gratuiti le è stata fatale.
Oggi devo però dire che i progressi ottenuti in termini di risultati e di classifica nel 2014 a me pare derivino anche da una più accorta conduzione tattica. Non resta che seguirla nel futuro della stagione per capire se si sia trattato di un picco di grande forma o di uno stabile e definitivo miglioramento.
P.S.
Devo ricordare un’ultima cosa relativa a Miami 2012.
Azarenka vinse il match contro Cibulkova ma, ormai senza più energie nervose, avrebbe perso la sua imbattibilità al turno successivo proprio contro Marion Bartoli (6-3, 6-3).
La striscia della allora numero uno del mondo ebbe così fine dopo 26 vittorie consecutive.