Il Re e la Regina, indiscussi, di Melbourne Park. I più titolati nella Storia dell’Australian Open: nessuno come loro nell’albo d’oro dei singolari, rispettivamente con 10 ed 11 titoli Down Under. Lui regala ancora perle sul campo da tennis, a lei è intitolato il secondo impianto del torneo dopo la Rod Laver Arena. Entrambi, da singolaristi, hanno conquistato 24 Slam eppure curiosamente prima dell’edizione 2025 dell’Happy Slam, Novak Djokovic e Margaret Smith Court non si erano mai incontrati.
A tal proposito, per raccontare le emozioni di questo primo incontro, Margaret ha rilasciato una stuzzicante intervista a The Age, in cui ne ha approfittato anche per spaziare su altri temi “tennistici”. Il volto della leggenda di Albury si illumina quando le viene fatto notare che Nole stia inseguendo il 25° titolo Major. Un traguardo che sarebbe storico per lo sport con la racchetta e che permetterebbe al serbo di staccare Court diventando il più vincente di tutti i tempi: “Sì, lo so. So che se vincesse il titolo mi supererebbe definitivamente” afferma l’ottantaduenne campionessa australiana, accompagnando le parole con un grande sorriso. “L’ho visto di persona per la prima volta ieri [giovedì, ndr], camminando per i corridoi interni della Rod Laver Arena. Mi sono detta, ‘Non l’ho mai incontrato, nessuno ci ha mai presentato‘. Ho cercato di incontrarlo gli ultimi due anni qui in Australia, ma ogni volta non è mai successo. Ieri, invece è capitato. Ci siamo incrociati ed è stato lui stesso a venire verso di me. Mi ha salutato dandomi un bacio, e ci siamo semplicemente detti ‘ciao‘. Era come se ci fossimo già incontrati, come se ci conoscessimo già da tempo. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo prima.“
Prima di Nole, ci hanno provato Serena e Steffi
Court dichiara che non sarebbe in alcun modo dispiaciuta, ma anzi si sentirebbe pienamente a proprio agio nel caso in cui si verificasse, qualora Djokovic rompesse la situazione di stallo che in questo momento vige tra loro in cima alla classifica dei plurivittoriosi nelle prove di singolare dei tornei del Grande Slam. Allo stesso modo, in ugual misura, all’ex tennista aussie avrebbe fatto molto piacere se anche Serena Williams, fermatasi a 23, l’avesse raggiunta come donna più vincente a livello Slam. Margaret ne sarebbe stata felice, tuttavia la carriera della statunitense si è conclusa nel 2022 e il primato di Court è rimasto inespugnato: “Ho sempre dichiarato, in tutte le mie interviste, che il record dei 24 Slam è lì per essere battuto. Anche quando era Serena a provarci, ho sempre sostenuto che sarei stata super contenta se ci fosse riuscita, almeno ad agganciarmi se non a superarmi. È un obiettivo a cui qualcuno deve puntare, mi piacerebbe che un domani anche donna possa riuscire ad infrangerlo “.
Un’altra che come la minore delle Williams è andata vicinissima ‘a tagliare il traguardo del record detenuto da Court’ è stata Steffi Graf. La superstar tedesca, verso cui Margaret non ha mai fatto mistero di possedere un debole considerandola la sua tennista in assoluto preferita da vedere giocare come appassionata, ha messo le mani su 22 Slam: cifra poi eguagliata anche da Rafael Nadal mentre poco dietro a quota 20 c’è Roger Federer.
Dove però Margaret Court non potrà mai essere superata, e nemmeno avvicinata, è sul conteggio complessivo di allori Slam. Nel suo straordinario palmares, infatti, con grandissimo orgoglio può mettere in mostra l’irreale cifra di 64 titoli Slam: oltre ai 24 in singolare, ci sono anche i 19 in doppio e i 21 nel misto. Numeri incredibili di una carriera unica, cominciata vincendo fin da giovanissima sui i più prestigiosi palcoscenici. Infatti, il suo eccezionale successo iniziò quando era ancora una teenager, a soli 17 anni, trionfando all‘Australian Open del 1960.
Quella prima grande affermazione fu soltanto la prima di un lungo ed incessante dominio. Court avrebbe infatti vinto anche le successive 6 edizioni del torneo per un totale di 7 titoli in fila (1960-1961-1962-1963-1964-1965-1966) per poi, al termine di un biennio di digiuno, fare quello che vorrebbe conquistare in quest’edizione Aryna Sabalenka: un three-peat. Margaret Smith ci riuscì nel seguente triennio, 1969–1970–1971, prima di piazzare l’ultimo acuto Slam in casa nel ’73.
Può inoltre vantare di appartenere ad una ristrettissima cerchia di élite, 3 sole donne del tennis, come una delle pochissime atlete della racchetta ad essere stata capace di vincere tutti e quattro gli Slam nelle tre discipline: singolare, doppio e misto. Djokovic e Court fanno parte di Ere del tennis distanti tra loro anni luce, ciononostante Court ha provato ad immaginare come lei e le sue colleghe dell’epoca si sarebbero potute adattare al gioco moderno: “Probabilmente sono stata la prima di sempre, tra le giocatrici, a sollevare pesi. Le mio colleghe non sollevavano pesi a quei tempi. La stampa mi chiamava ‘l’amazzone australiana’. Quando qualcuno mi chiede, ‘ti adatteresti al tennis di oggi ottenendo il medesimo successo?’ Io rispondo sempre di sì, e penso che ciò che valga al maschile anche per Rod Laver. Ci saremmo adatti senza problemi perché seppur in un periodo diverso da quello attutale, siamo stati i pionieri di ciò che la gente guarda oggi“.
I suoi numeri pazzeschi e la rivalità con King
Court, nata ad Albury (città di 43.000 abitanti situata sulla Hume Highway a circa 588 km da Sydney, nello Stato del Nuovo Galles del Sud), si è trasferita a Melbourne a 16 anni, per allenarsi sotto la guida dell’ex numero 1 australiano Frank Sedgman. I suoi oltre 15 anni al vertice del tennis femminile hanno attraversato la fine del tennis amatoriale addentrandosi nell’inizio dell’Era open. Sorprendentemente, quando la propria carriera si è conclusa, Margaret racconta di non aver avuto in nessun modo certezze circa i numeri che avessero scandito la sua epopea di tennista: “Non ho avuto rassicurazioni e conferme fino a quando l’ex tennista John Barrett, divenuto apprezzato commentatore e scrittore di libri sul tennis, assieme alla televisione australiana hanno cominciato a sommare tutto ciò che avevo ottenuto in carriera. Ad esempio, prima che mi venisse riportato, non sapevo assolutamente di aver vinto 64 tornei del Grande Slam. Non ne avevo la minima idea. Non li avevo mai contati”. Uno dei punti più significativi della carriera di Court è stata certamente la celeberrima rivalità, talvolta anche molto feroce, con Billie Jean King. Un scontro che presto ha trasceso il campo per proiettarsi su argomenti e sfere di competenza ben lontane dal tennis, come per esempio le loro opinioni contrastanti sul matrimonio tra persone dello stesso sesso. Un rivalità, dunque, non soltanto sportiva e tennistica ma anche e soprattutto sociale, politica, quasi di contrapposizione filosofica.
Un confronto che prosegue ancora oggi, nonostante le loro carriere siano terminate da 50 anni. I toni, anzi, per certi versi si sono fatti ulteriormente più accesi di quanto fossero quando si fronteggiavano in campo. La chiara opposizione, rimarcata in più di un’occasione con varie interviste, di Court verso l’omosessualità, ad un certo punto, ha persino spinto Billie Jean a richiedere a Tennis Australia che il nome di Smith venisse rimosso dalla Margaret Court Arena di Melbourne Park. Le due si sono affrontate 32 volte sul campo da gioco, tra cui cinque finali Slam, con l’australiana vittoriosa 22 volte.
“Beh, Billie Jean è sempre stata competitiva con me. Abbiamo avuto grandi battaglie. Tutti volevano una finale Court-King. Era il tipo di giocatrice che tatticamente la partita non la sbagliava mai. Sapeva sempre qual era la strada migliore per superare l’avversaria“. Punzecchiata ulteriormente sull’attuale rapporto con King, Court non fa giri di parole e ci fa capire come la relazione con l’agguerrita rivale sia decisamente fredda: “Quando ci incontriamo, ci diciamo ‘ciao’ e tutto finisce lì“.
Federer, Nadal, Graff, Evert e Navratilova. La mancanza di Barty
In chiusura di intervista, Court ti tiene a rimarcare come guardi molto tennis, anche se i due tennisti che più amava vedere sul campo da tennis hanno ormai smesso: stiamo parlando di leggende del calibro di Federer e Nadal. Steffi Graf, Chris Evert e Martina Navratilova, invece la triade femminile cha maggiormente l’ha entusiasmata e che per questo merita una menziona speciale: “Steffi era un’atleta meravigliosa e oltre a questo era in grado di esprimere un tennis a tutto campo“. Caratteristica, quest’ultima, che via via con il passare degli anni si è andata perdendo fino a quasi scomparire del tutto dal contingente WTA: “Tutte giocano più o meno allo stesso modo. Sarebbe bello vedere più varietà nel tennis femminile. E in tal senso, il ritiro di Ash Barty è stato ancora più pesante e difficile da digerire per gli appassionati. Con Ash c’era quella varietà, quella diversità di tennis che oggi manca completamente. Mi è sempre piaciuto guardarla, nel panorama attutale non sono in molte ad avere un tennis a tutto campo“. Anche il passaggio da Kooyong a Melbourne Park ha avuto la sua importante valenza nel trasformare il torneo nello spettacolo odierno: “L’impianto attuale è meraviglioso. Sai, penso sempre a come sarebbe stato se fossi nata in quest’epoca, con queste strutture, con queste procedure innovative di allenamento. Sarebbe stato meraviglioso viverlo. Ad esempio, un altro aspetto che è totalmente cambiato rispetto ai miei tempi è che ora puoi portare con te, nel circuito, la tua famiglia. Noi non avevamo niente di tutto ciò, quindi era un tennis molto più difficile allora“.
La Maternità
Ricordiamo che Margaret Court si prese una breve pausa dal tennis per dare alla luce il suo primogenito nel 1972. Rientrò però rapidamente alle competizioni, appena un anno dopo aver partorito, vincendo tre Major nella stagione 1973. Inoltre, 11 dei suoi 24 titoli Slam in singolare sono giunti nell’Era open: ciò significa dopo il prolungato periodo di pausa per la maternità. Court afferma di aver preso con filosofia il ruolo di madre nel Tour, a tal punto che ciò non ha influito negativamente su di lei ma anzi gli ha sottratto tensioni e pensieri nocivi anche se riconosce che oggi sia più facile essere tenniste professioniste di altissimo livello e allo stesso tempo madri: “Probabilmente ho giocato alcuni delle mie migliori partite in carriera dopo aver avuto il mio primo bambino. Vinsi 25 tornei sui 26 a cui partecipai nella stagione del rientro, dopo la maternità. Ricordo ancora che fui cacciata dagli spogliatoi di Kooyong, perché avevo osato portare il mio bambino con me. In quel periodo, il fatto di non avere molto tempo per pensare a me e alle pressioni del campo mi aiutò tanto. Pensavo a mio marito e al bambino, e questo è stato un bene come confermano i risultati ottenuti nel 1973“.