“È stato un gran momento quando Novak è venuto da noi nel box dopo il matchpoint con Alcaraz; ci siamo abbracciati ed eravamo tutti molto carichi, soprattutto lui per il modo in cui era riuscito a superare Carlos”. Andy Murray parla al “Guardian” della sua prima prova del Grande Slam da allenatore di Novak Djokovic, cercando il buono e il meno buono del suo esordio, in vista anche di un possibile proseguimento della collaborazione con l’asso serbo.
Murray fa riferimento al match forse più emozionante del recentissimo Australian Open, quella del successo nei quarti di finale del suo protetto Djokovic ai danni di Carlos Alcaraz. Lo stesso Nole si è espresso in maniera molto generosa sul suo ex-rivale e amico nonché personal coach, ma ancora non è chiaro se e per quanto questa suggestiva partnership proseguirà.
Il britannico tre volte campione-Slam riconosce di essere rimasto sorpreso da alcuni aspetti del suo nuovo ruolo: “Ho sempre pensato che avrei potuto fare bene come coach, devo però ammettere che ci sono alcuni lati del ruolo sui quali dovrò lavorare. L’angolazione tecnica è quella più importante: sicuramente non sono al livello dei migliori allenatori, avendo anche lavorato durante la mia carriera con gente preparatissima. Come ex-giocatore mi sento forte dal punto di vista della strategia e nel leggere gli aspetti psicologici nei diversi momenti della gara”.
L’ex-campione ha comunque fiducia nelle sue possibilità e descrive le sensazioni che vive seguendo i match a bordo campo: “Molti coach ed ex-giocatori dicono che guardare un incontro è più difficile che giocarlo, ma io non sono d’accordo. Giocare è molto più duro, non ho dubbi. Ricordo bene le tensioni della partita; seguirle dal box è diverso, sono molto più disteso. Certo, dopo il match con Alcaraz abbiamo sentito la pressione sciogliersi, ma non c’è paragone con l’essere in campo”. Come è noto, dopo aver prevalso nei quarti di finale con Alcaraz, Djokovic si è ritirato per infortunio dopo il primo set perso con Alexander Zverev.