Ormai ne siamo ben consapevoli: l’Italia del tennis sta vivendo un periodo storico che mai potrà essere dimenticato, il migliore da quando, il 23 febbraio 1874, nacque ufficialmente il nostro sport. Poche ore dopo aver ammirato il terzo trionfo Slam di Jannik Sinner, il ranking ATP ha reso ufficiale un nuovo, storico, record: 11 azzurri tra i migliori 100 al mondo, ben 7 in top 50. Mai così tanti italiani a dar spettacolo a così alto livello, nessuno al mondo capace di maggior dominio, a oggi. Il numero 10 azzurro è Francesco Passaro, finalmente riuscito in quell’impresa cercata e inseguita per anni e anni. Quando, nel 2023, fu a un passo da quel grande obiettivo, il suo gioco si spense improvvisamente, relegandolo oltre la duecentesima posizione. Poi, la lenta risalita, culminata con la vittoria di due titoli Challenger nel 2024 e il miracoloso terzo turno a Roma dopo battaglie di infinita agonia.
“Guardavo soltanto ai punti e al ranking“, racconta all’ATP ricordando l’anno in cui si spinse fino alla posizione numero 108 della classifica mondiale, prima di sprofondare, “non è salutare farlo: bisogna pensare a migliorare il proprio gioco e la propria persona fuori dal campo. Ora mi concentro su aspetti diversi dal ranking e dai punti“. Nonostante sembrasse sempre più vicina, quella maledetta top 100 continuava a sfuggire d’un soffio. Almeno, fino all’Australian Open 2025: sconfitto nelle qualificazioni, Passaro subentra da Lucky Looser a un infortunato Fognini. Dall’altra parte della rete, Grigor Dimitrov, costretto anch’egli a dar forfait dopo il primo set. Così, all’improvviso, Francesco è al secondo turno. Un pizzico di fortuna, vero, ma le battaglie affrontate prima non vanno dimenticate.
“Quell’anno sentii molto la pressione: da parte mia, non da qualcuno all’esterno. Aspettavo semplicemente di crescere rapidamente. Forse avevo bisogno di più tempo per diventare più professionale, anche dal punto di vista mentale. Non ero pronto per entrare in top 100 e giocare contro grandi giocatori“. Di esser pronto ai grandi palcoscenici, Francesco lo ha ampiamente dimostrato nell’ultimo anno: la cavalcata al Challenger 175 di Torino racconta dell’incredibile. Riuscì a battere ben 5 giocatori fra i migliori 100 per aggiudicarsi il titolo: Galan, Ruusuvuori, Nakashima, Sonego e Musetti.
Un torneo che, inizialmente, neppure avrebbe dovuto giocare, viste le fatiche appena affrontate nella capitale: “Io e il mio allenatore pensavamo fosse meglio tornare a casa e allenarsi un po’. Mosè (Navarra, allenatore della Federazione Italiana Tennis) mi ha detto che dovevo andare: stavo giocando bene e avevo la possibilità di di giocare altre partite contro grandi giocatori“. Quelle due settimane lo hanno visto scalare 106 posizioni, issandosi alla numero 134. “Mi sentivo benissimo, stavo giocando in modo fantastico. Ogni colpo che tiravo andava dentro ed era pieno di potenza. Io stesso ero sorpreso del mio gioco“.
Se nel caso di Torino è stato un bene che coach Tarpani avesse torto, il merito della crescita di Passaro è soprattutto suo: i due sono insieme da quando Francesco aveva 10 anni. Un ragazzo impulsivo, irascibile, che aveva bisogno di una figura che potesse guidarlo: “La mia testa era infuocata, lanciavo la racchetta…Più volte mi ha fatto uscire dal campo, interrompendo l’allenamento. Quelle cose mi hanno aiutato a capire la lezione: dovevo essere più rispettoso verso l’avversario, l’allenatore e il mio compagno d’allenamento. Mi ha aiutato. E ha avuto molta pazienza. Forse a volte non è stato facile per lui, anche perché spesso mollavo a partita in corso perché sbagliavo qualche palla o l’avversario faceva cose assurde e io perdevo la testa. Il viaggio non è stato facile, ma ora ne ho raccolto tutti i frutti. Mi piace poter condividere questo traguardo con lui, speriamo di poterne raggiungere altri insieme“.