Come una viaggiatrice nel tempo giunta da un’altra epoca, Kimiko Date adatta il suo tennis anacronistico al 2015. E ci riesce ancora bene, divertendo anche quando perde
La seconda giornata degli Australian Open 2015, a parte le alterne fortune dei giocatori italiani (Fognini, Pennetta e Schiavone fuori, bene Paolo Lorenzi che approfitta delle precarie condizioni fisiche di Dolgopolov, e bene – anche se con parecchia confusione tattica – Camila Giorgi, vincitrice del derby con Flavia), non ha offerto grandi spunti di interesse. Interesse rispetto al fantascientifico contesto, s’intende: in confronto al “tennis di tutti i giorni”, qui è notevole anche un palleggio defatigante tra doppisti di seconda fascia.
Essendo, per la prima volta in quattro giorni, una serata davvero calda, estiva e senza vento, quella che è diventata una personale consuetudine, ovvero il giro dei campi all’aperto conclusivo alla ricerca di spunti tecnici (partenza dalla sala stampa, attraverso il corridoio tra bar giocatori, spogliatoi e palestra, uscita sui campi posteriori – dal 16 al 23, poi giro davanti alla Hisense Arena, passaggio intorno a Rod Laver Arena e Margaret Court Arena, terrazza sopra lo Show Court 2, discesa verso i campi anteriori – dal 4 al 15, passaggio dietro lo Show Court 3, e attraverso Garden Square rientro alla base), è stata particolarmente piacevole.
Verso la fine di detto giro, passando tra i campi 7 e 8, alla mia destra – sul 7 – stava chiudendo Jerzy Janovicz contro il lucky loser entrato al posto di Del Potro, il giapponese Hiroki Moriya, ovviamente a forza di grugniti belluini e servizi devastanti. Poco più in là rispetto a tale esibizione di forza pura ed esplosività, alla mia sinistra – sull’8 – la ventiquattrenne georgiana naturalizzata USA Anna Tatishvili (proveniente dalle qualificazioni), una “patatona” standard del power tennis moderno, ben piantata, potente e muscolosa, stava invece a metà del secondo set, avendo vinto 7-5 il primo, contro la giapponese di vent’anni esatti più anziana (44 anni) Kimiko Date.
Ed è stata quest’ultima a indurmi alla sosta a bordocampo per vedere come andava a finire (7-5 6-4 per l’americana, accidenti), non solo perchè un personaggio come Kimiko è più unico che raro, ancora ad azzuffarsi a livello Slam con quelle che potrebbero essere sue figlie, e ogni volta che la si vede giocare rischia di essere l’ultima, ma soprattutto perchè a prescindere dall’anagrafe è il suo tennis ad essere biomeccanicamente interessantissimo in senso assoluto.
La simpaticissima giapponese è un prodotto tecnico degli anni ’70/’80 “prestato” al 2015, e come Michael J. Fox in “Ritorno al Futuro”, ha dovuto adattarsi ai tempi che cambiano, riuscendoci in modo decisamente dignitoso (sempre intorno al 100 WTA, spesso dentro, anche 54 nel 2013, ora è 101, e ricordo che questa era stata 4 del mondo nel 1995. Millenovecentonovantacinque!!!). E vederla da vicino è a dire poco divertentissimo.
Aperture e preparazioni contenute al limite, testa della racchetta che più che venire portata, viene rivolta all’indietro, praticamente con dei semi-backswing gioca con movimenti quasi da volée anche i colpi di rimbalzo. Talento manuale pazzesco, e tecnica votata all’esasperazione massima degli anticipi, e all’accelerazione della palla mediante timing e rapidità dei polsi piuttosto che attraverso l’ampiezza e la potenza delle sbracciate. A rete appena possibile, e gambette che frullano a mille all’ora, indifferenti al passare degli anni.
Uno spettacolo in ogni situazione di gioco, per esempio la postura in risposta al servizio, avanzatissima (piede anteriore ben dentro la riga) e completamente rivolta a destra. E se le servono sul rovescio, uno si chiede? Beh, quella diavoletta di Kimiko semplicemente (!) va in torsione sul piede perno avanzato, ruota il busto-spalle a sinistra in un lampo andando su con il gomito destro per consentire l’abbassamento della testa della racchetta, e con quello che definirei uno “schiaffo contrario” più che un rovescio incontra la palla tanto davanti e tanto presto da fare più return-winners da quel lato che con il dritto. Incredibile è la parola giusta.
Speriamo davvero che le rimanga voglia di giocare più a lungo possibile.