Dove sono finiti i tempi in cui un ragazzino che vinceva un torneo dello Slam juniores, con grandi probabilità avrebbe avuto davanti a sé un futuro radioso? O annate come il 1983, in cui Stefan Edberg realizzava il Grande Slam tra gli Under 18 facendo capire anche a eventuali forme di vita extraterrestri che sarebbe diventato una leggenda dello sport con la racchetta?
Ebbene, quei tempi sembrano non esserci più, o perlomeno paiono lontanissimi. Negli ultimi dieci anni, i vincitori dei major a livello juniores maschile non sono mai riusciti a confermarsi ad alti livelli una volta passati al circuito professionistico. Il migliore è stato Grigor Dimitrov, arrivato soltanto per poche settimane nella Top Ten nonostante l’etichetta (ingombrante e inappropriata) di “Baby Fed”.
Nell’albo d’oro del torneo Juniores di Wimbledon si trovano tante meteore, ma anche tanti prospetti divenuti poi campioni celebrati: Manuel Orantes nel 1967, Bjorn Borg nel ’72, Ivan Lendl nel ’78; Pat Cash trionfò nel 1982, Stefan Edberg l’anno successivo. A cavallo tra anni Ottanta e Novanta alzarono il trofeo tre giocatori destinati comunque a far parlare di sé nel circuito pro, in singolare o in doppio: Nicklas Kulti, Leander Paes e Thomas Enqvist. Gli anni Novanta furono avari fino al 1998, quando vinse un certo ragazzino di nome Roger Federer. Da allora si sono imposti anche da “grandi”, pur senza raggiungere vette di eccellenza, in diversi: Nicolas Mahut, Gael Monfils, Jeremy Chardy, Donald Young. L’ultimo giocatore a essersi affermato, seppure non ai livelli che tutti si aspettano da lui, è Grigor Dimitrov, padrone del “piccolo Wimbly” nel 2008. Da allora però soltanto promesse mai mantenute, in primis il nostro Gianluigi Quinzi nel 2013. E l’ultimo poi in grado di vincere Slam è, come scritto, Federer: sono passati ben diciassette anni!
Quest’anno ha trionfato l’americano Reilly Opelka, in finale sul fratellino dello svedese d’Eritrea Elias Ymer, Mikael. Lo scorso anno finalista fu un altro da cui gli States si attendono molto, Stefan Kozlov.
E proprio la Usta forse è la federazione che più spera nella veridicità dei tornei juniores; il lavoro svolto negli ultimi anni con fior di tecnici per plasmare un organico giovane e competitivo li sta ripagando, almeno a questo livello. La nidiata sembra buona e a confermarlo è stato anche il successo di Tommy Paul al Roland Garros, altro talento su cui si può scommettere. A Parigi, scorrendo l’albo d’oro, si trovano i nomi di molte leggende del tennis: Ken Rosewall (1952), Roy Emerson (’54), John Newcombe (1961-62), John McEnroe (’77), Ivan Lendl (’78), Henri Leconte (’80), Mats Wilander (’81), Stefan Edberg (’83). Da allora in avanti, tanti giocatori poi approdati alla Top Ten Atp: Kent Carlsson, Andrij Medvedev, Fernando Gonzalez, Guillermo Coria, Richard Gasquet, Stan Wawrinka (due Slam nei Pro), Gael Monfils, Marin Cilic. Poi, dal 2006, quando vinse Martin Klizan, giunto comunque a buon livello, la luce si spegne come quasi in tutti gli altri Slam: nomi che non hanno lasciato il segno e sono ancora impantanati nelle retrovie, a sgomitare tra Challenger e Futures.
Il discorso non cambia se si considerano Australian Open e Us Open. New York è meno foriera di brillanti avvenire rispetto al Roland Garros, ma l’hanno comunque firmata negli anni Cash, Edberg, Javier Sanchez, David Wheaton, Andrea Gaudenzi, Marcelo Rios, Nicolas Kiefer, David Nalbandian, Jarko Nieminen, Andy Roddick, Gilles Muller, Gasquet e Tsonga, Andy Murray (2004), Dimitrov (2008), Bernard Tomic (2009). Negli ultimi cinque anni spiccano due nomi noti: Jack Sock (2010) e Borna Coric (2013), arrivati nei primi cinquanta del mondo. Sul croato, naturalmente, poggiano grandi speranze e potrebbe essere uno dei primi a sfatare la tendenza ad altissimi livelli.
A Melbourne hanno vinto tutti i grandi aussie, e per restare a tempi recenti Enqvist (’91), Kiefer (’95), Janko Tipsarevic (’01), Marcos Baghdatis (03), Monfils (’04), Young (’05), Tomic (’08). È interessante l’albo d’oro degli ultimi cinque anni, con Jiry Vesely (’11), Nick Kyrgios (’13) e Alexander Zverev (’14). Sono tre dei prospetti più interessanti del circuito Atp, sui cui nomi ci si spende in previsioni ottimistiche. E sono tutti e tre già da tempo tra i primi 100 al mondo.
Per quanto siano ancora giovani, il succo del discorso è proprio questo: riusciranno a diventare campioni in grado di affermarsi anche a livello Slam da professionisti? Dalla fotografia scattata attraverso numeri e nomi, l’andamento sembra abbastanza chiaro: col passare degli anni, tranne qualche rarissima eccezione, i vincitori degli Slam Juniores si sono trasformati da possibili campioni in buoni giocatori, qualcuno in grado di entrare tra i primi dieci del ranking ATP, oppure in giocatori poco più che discreti. E ci si interroga sul perché. Le motivazioni possibili parrebbero quattro, e non le indagheremo, rimandando le conclusioni ai nostri lettori: un generale appiattimento del livello; la perdita di interesse dei tornei juniores da parte dei più giovani a favore per esempio dei tornei ITF; più generazioni oggettivamente di scarso valore assoluto; l’allungamento della carriera media dei campioni capaci di vincere Slam in prossimità dei trent’anni.
La tendenza può sempre cambiare e sono proprio Zverev, Kyrgios e Coric, o più avanti Paul, Rublev e Opelka, a poterla riscrivere. Ma dovranno scalare montagne.