Rassegna a cura di Daniele Flavi
Int. A Sara Errani: «Stessi soldi degli uomini? E’ giusto, e loro facciano 3 set»
Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 28.07.2015
Un torneo vinto (Rio), un altro perso in finale (Bucarest), la solita, solida presenza tra le top 20 e il numero 14 nella Race stagionale. Sara Errani non delude mai, neppure quando si tratta di fare da testimonial al Kia Tennis Tour, il circuito amatoriale che ai vincitori regala un viaggio agli Australian Open. Sara, di fronte alle giocatrici-bombardiere di oggi, le capita più spesso di pensare a come sarebbe bello avere dieci centimetri in più oppure a quanto possa essere orgogliosa dei suoi risultati nonostante un fisico più che normale? «nessuna delle due cose, in realtà. Mi piace soprattutto pensare di essere una giocatrice che dà tutto in campo e che è sempre difficile da battere. Più che altro, di fronte al tennis tutto potenza di oggi, avverto un po’ di nostalgia: a me piace la tattica, l’intelligenza, la ricerca ragionata del punto. Ora invece picchiano tutte». Ha superato la soglia dei dieci milioni di euro di guadagni in carriera. Qual è il suo rapporto con il denaro? «Normale, direi. Io gioco per divertirmi, quando sei in campo non pensi a quanto diventerai ricca. Certo, sarei sciocca e ingenerosa a dire che non me ne importa nulla, però li lascio gestire tranquillamente dalla mia famiglia». Nessuno sfizio? «No, non ho mai fatto colpi di testa, sono piuttosto razionale. Certo, ho comprato l’appartamento di Valencia dove abito, ma è normale quando fai una scelta di vita». Molti colleghi maschi sostengono sia ingiusto che negli Slam donne e uomini abbiano gli stessi montepremi… «Una polemica inutile. L’unica differenza tra noi è fisica, ma forniamo lo stesso tipo di spettacolo. Sì, è giusto guadagnare gli stessi soldi. E poi la sa una cosa? Anziché allungare a 5 set le partite femminili come chiede qualcuno, io accorcerei a tre quelle maschili. Salvo qualche eccezione, la partite troppo lunghe sono noiose». Poco fa ha parlato di scelte di vita. Non ha mai rimpianto di essere maturata come tennista in Spagna anziché in Italia? «E perché mai? Oggigiorno la tua casa è quella dove ti trovi meglio e puoi crescere professionalmente. E poi in Italia ho la famiglia, gli affetti, gli amici, quando torno è sempre una festa. Non mi pesa fare su e giù». Ha già immaginato una Sara Errani dopo il tennis? «Mi capita di pensarci qualche volta, di sfuggita, ma per il momento sono ancora molto concentrata sulla mia carriera, credo di avere ancora davanti a me qualche anno di buoni risultati, o almeno spero. E comunque non mi vedo a fare la maestra di tennis o a rimanere nell’ambiente. Nella vita arriva un momento in cui devi provare altre esperienze». Il circuito è troppo frenetico per coltivare amicizie oppure c’è il tempo di stringere rapporti che non siano solo tra atlete? «Beh, io e Roberta (Vinci, ndr) siamo state grandi amiche e siamo ancora vicine. In generale, ho sempre legato molto con le altre italiane». Già, lo squadrone di Fed Cup, dieci anni da regine. Eppure qualcuno diceva che dopo Schiavone, Pennetta e Vinci, sarebbe stata dura. Ma poi è arrivata Sarita… «Francesca, Flavia e Roberta sono state fondamentali nella mia crescita. Perché da loro ho imparato a essere professionista, a curare i dettagli, a gestire le partite dentro e fuori dal campo. E’ stata una scelta mia, sapevo che dalla loro esperienza potevo trarre solo insegnamenti utili». Sembra quasi un consiglio alle nuove leve, che stentano a emergere… «lo sono stata brava a rendermi conto che il rapporto con quelle campionesse poteva solo arricchirmi. Ci vuole umiltà e la volontà di accettare il confronto»…..