TENNIS – Diciamolo chiaramente: ci sono stati giocatori più scarsi di David Ferrer che hanno vinto una prova del Grande Slam. Perchè lo spagnolo però non ci è andato neanche vicino nella sua carriera pur essendo stabilmente fra i primi dieci del mondo? Eppure l’abnegazione, l’impegno, il sacrificio, ci sono. E un giocatore che prende sul serio anche l’esibizione di Abu Dabhi dove ieri si è già segnalato in forma-torneo non meriterebbe di entrare nell’Olimpo tennistico?
Se fosse un calciatore, sarebbe un mediano di spinta. Uno di quei giocatori infaticabili che si piazzano nella metà campo a fare lavoro oscuro, recupero e smistamento di palloni, senza mai finire nel tabellino della cronaca per il gol. David Ferrer è un instancabile metronomo tennistico. Una sorta di cartina al tornasole per i più forti, utile a verificare lo stato di forma. Bastano cinque minuti di palleggio e lui dal primo quindici è pronto a spararne una di qui una di là, in maniera instancabile, con i suoi lunghi capelli che seguono in scia i suoi colpi, tale è il vigore fisico di uno che sfrutta ogni fibra muscolare del suo corpo per irrobustire i suoi tiri.
Il suo 2011
I magnifici quattro, Novak Djokovic, Rafael Nadal, Roger Federer e Andy Murray gli hanno rubato a più riprese la scena sia nei master 1000 che nei tornei che danno la gloria. Eppure lui è sempre lì, a inseguire il suo sogno, stabile al numero cinque della classifica (un passato nel 2008 da numero quattro) senza però che le grandi vittorie gli abbiano reso omaggio.
Nella stagione conclusasi da poco lo spagnolo vanta come miglior risultato negli Slam la semifinale raggiunta in Australia. In precedenza, soprendentemente, era riuscito ad arrivare fra i primi quattro di un torneo maggiore nello Us Open del 2007. Entrambi le semifinali sul cemento. Strano vero? Uno come lui, giocatore considerato da terra battuta ma capace di vincere in carriera ben quattro titoli sul cemento (uno indoor) e addirittura una vittoria sull’erba. Undici titoli in singolare (e 14 finali perse), 6 vittorie su terra. Mai vincitore di un master 1000 (nel 2011 due le finali perse, a Montecarlo e a Shangai) lo spagnolo ha chiuso in crescendo il 2011, contando anche la vittoria in cinque set su Del Potro nella finale di Coppa Davis, vinta poi grazie alle vittorie sue e del compagno Nadal. Proprio assieme al maiorchino ha annunciato che la massima competizione a squadre tennistica non sarà affar suo nell’anno che va ad incominciare. I due preferisocno concentrarsi nelle olimpiadi, facendo parte della squadra spagnola che cercherà di farsi strada nel medagliere.
Scrive il “The Bleacher Report” che la “sua versatilità lo porta ben oltre la catalogazione di giocatore da terra battuta, capace com’è di provocare un vero e proprio senso di frustrazione nei suoi avversari semplicemente rispendendo al di là della rete la pallina sempre una volta in più”. La sua abilità principe – non è un segreto – è la perfetta capacità di colpire sempre con un’ottima posizione. Con le distanze giuste, con il perfetto bilanciamento. Pur non godendo di un’esplosività nei suoi colpi, tirarli con il corpo perfettamente bilanciato gli consente di non sbagliare quasi mai. I gratuiti di Ferrer provocano sempre un sussulto nello spettatore. Gli manca però il quid dei campioni. Quella capacità di fare la differenza nei momenti che contano al cospetto dei più forti, ma anche la consapevolezza che nel repertorio non ci sono colpi che fanno la differenza.
L’anno che verrà
Nel 2012 dovrà cercare di fare di più. Potra farcela? Difficile. Oggettivamente, i quattro che lo precedono in classifica mondiale sono più forti di lui. Inarrivabili Djokovic e Federer, giocatori dotati di classe e di mezzi tecnici perfetti per contrastare la regolarità dello spagnolo, lontanissimo Nadal il quale ha più soluzioni, i vincenti da fondo campo e un ritmo anche maggiore quando sta bene fisicamente, rimane Murray, tennista che, sostanzialmente, pratica lo stesso gioco dello spagnolo, ma meglio. E fra i due instancabili palleggiatori prevale lo scozzese, ovvero colui che “palleggia” meglio, se in condizioni fisiche accettabili. Inoltre nell’anno che si appresta a cominciare, ci sarà anche da guardarsi le spalle. Del Potro avrà un anno di rodaggio dietro, Tipsarevic vorrà dimostrare di non essere una meteora, Gasquet proclama di voler tornare nella top 10, Tsonga sarà chiamato a dimostrare i progressi del 2011 e chissà che le speranze – Tomic su tutti – non diventino certezze. E poi attenzione a Dolgopolov, talento finissimo che in sordina sta scalando la classifica mondiale. Insomma, ci sarà tanta concorrenza per lo spagnolo. Detto ciò suo obiettivo maggiorenel finale di carriera sarà quello di conquistare una finale dei quattro tornei maggiori. A trent’anni, questo è il traguardo che manca per un top 5 del suo livello. Altri più scarsi di lui in passato sono stati baciati dalla fortuna di vincere uno Slam, a volte anche per caso. Magari la buona sorte bacerà anche lui.