TENNIS – L’argentino è in forma smagliante ma nonostante ciò non è riuscito a vincere il torneo di fronte a un Nadal ottimo ma non ancora al top. Come potrà quindi mettere in fila uno o più “big four” in un torneo del Grande Slam?
Tutti abbiamo seguito ieri il match finale del famigerato “quinto slam”, il torneo di Indian Wells che, come se non bastasse il super montepremi e la categoria di Master 1000, ha accresciuto l’interesse dell’epilogo ponendo di fronte il redivivo Rafael Nadal (a oltre 400 giorni da un torneo sul cemento) e un Del Potro in ottima forma e galvanizzato anche dall’elezione di Papa Francesco. Bene, con il miglior Del Potro visto da parecchi mesi a questa parte, con tutti gli infortuni oramai superati, con il pensiero che è andato alla straordinaria performance che gli fece vincere il suo unico titolo del Grande Slam ad oggi (Us Open 2009, vittoria al quinto su Federer in finale e pochi game lasciati proprio a Nadal in semifinale),abbiamo capito che, salvo clamorose smentite, il tennista argentino non vincerà mai più uno Slam. Proviamo ad argomentare il perché di quella che può sembrare il vaneggiamento del piovoso lunedì italiano.
Ripartiamo da dal torneo americano, allora, dalla finale a Indian Wells. Del Potro è attualmente in forma stratosferica. Ne ha dato prova per tutta la settimana, sbagliando praticamente niente, servendo benissimo e battendo Djokovic, che anche se non al 100% è sempre Djokovic ovvero un tennista con tante soluzioni (anche per le giornate storte) e non più avvezzo alla sconfitta da anni. In finale aveva di fronte un Rafael Nadal con 10 giorni di cemento sulle gambe dopo oltre un anno di assenza da quelle superfici. Un tennista che è tornato all’attività agonistica da poco e che sta scacciando partita dopo partita i demoni post-infortunio, quelli che ti fanno tremare anche quando servi per il match contro Berdych, un tennista che prima dello stop ti impensieriva quanto un match di esibizione. Nadal era in forma sì, in ottima condizione, ma non era il Nadal sicuro e spigliato delle passate annate. O meglio, non ancora. Un’ora e mezza di tennis impeccabile, di colpi scagliati verso gli angoli alla massima velocità non gli hanno valso la conquista del match. Il maiorchino, da tennista superiore qual è, ha abbozzato, ha rinculato quando c’era da difendere e poi ha chiuso in crescendo. Un’occasione quindi sprecata, ma che a nostro giudizio ci consente di teorizzare che Del Potro non potrà vincere ancora una prova maggiore, anche alla luce del match di ieri.
Del Potro con i “big four” non può concedere svantaggi di tre a zero. Non è sempre facile da recuperare specie quando la posta in palio è più alta (vogliamo vedere quante volte capiterà ancora che Djokovic perda due set dove è stato in vantaggio 3-0 nello stesso match). E poi: può reggere poi quel ritmo di gioco che ieri dopo un’ora e mezza è inesorabilmente calato per due settimane? Contro poi quattro atleti perfetti che gli sono fisicamente e mentalmente superiori? Difficile. A questo si somma anche il suo gioco monocorde, deficiente di variazioni. L’argentino scende in campo e picchia come un fabbro. Se entrano bene, altrimenti se c’è da inseguire la pallina si soffre e si tentano i diritti in corsa ad occhi chiusi visto che la mole fisica non consente di giocare prolungatamente in difesa. Sotto rete ha la sensibilità di Thomas Muster nonostante ieri ha indovinato una demi-volée che neanche Edberg ai tempi d’oro.
I primi 4 hanno un passo diverso. Sono tutti e quattro fisicamente superiori, atleti perfetti accompagnati dalla capacità di interpretare il gioco in maniera più completa dal punto di vista della strategia e della tattica. Oltretutto, hanno una solidità mentale costruita da anni di vittorie nello Slam. L’ultimo arrivato, Murray, ne ha dato prova dopo essersi sbloccato (e pure aveva fatto 4 finali prima della vittoria allo Us Open).
Del Potro tecnicamente, è una spanna sotto ai primi quattro. Il suo gioco è poco vario, galvanizza per potenza e per velocità di palla ma non è adatto a contrastare i magnifici quattro, capaci di attaccare e difendere, di aprire meglio gli angoli del campo, di mettere in campo soluzioni a lui sconosciute (smorzate) e anche di un tocco migliore nei pressi della rete. Gli mancano le rotazioni, quelle che garantiscono più sicurezza nei punti delicati, recuperi più ampi e angoli più stretti. Il servizio dell’argentino poi, con il suo lancio di palla anacronistico, garantisce una buona quota di doppi falli a favore del suo avversario.
Facciamo la somma di quanto scritto fin’ora e il risultato non può che essere il seguente: Del Potro è inferiore a Roger Federer, a Novak Djokovic, a Rafael Nadal e ad Andy Murray. Per vincere un torneo del grande Slam almeno due di questi giocatori vanno battuti, al meglio dei cinque set e dopo due settimane di torneo. Per carità, tutto possibile, specie se si attraversano due settimane in stato di grazia, se si è sorretti da una condizione atletica perfetta, se qualcuno dei magnifici quattro non sarà al meglio, se nel frattempo qualcuno di questi (Federer) sarà calato per via dell’età e se una o più di queste ipotesi si verificheranno in una delle due prove dello Slam dove Del Potro che si giocano sul cemento. Tanti se, troppi per un’altra vittoria Slam.