TENNIS – Un giocatore, due persone. Uno che esalta, l’altro che deprime. E’ il n.1 d’Italia e da n.16 il miglior nostro classificato dai tempi di Adriano Panatta e Corrado Barazzutti. E’ capace di tutto.
Alla fine il grande salto è arrivato. Il “miglior giocatore del 1987 dopo Djokovic e Murray” (copyright Binaghi), per la prima volta nella sua psichdelica carriera chiude l’anno tra i primi 20 del mondo. E se vi pare poco, “dovete essere davvero bravi nel vostro lavoro per criticare chi, nel suo, ha solo 15 persone nel mondo davanti a lui” (questo invece è Roddick a proposito di Federer sceso a suo tempo al numero 3).
Nonostante questo risultato, che solo pochi umani si sognano, il ragionier Fabio Fognini si porta dietro – e a 26 anni sarà dura cambiare – il destino di un incompiuto. Del ragazzo con tante qualità ma che signora mia proprio non vuol saperne di applicarsi; del ragazzo strafottente “ma solo perché è timido eh?” che becca Murray a Montecarlo e gli infligge un 5 a 0 senza fargli toccare palla, prima di perdere, mais oui, in due set; che a Berdych è in grado di rifilare un veloce 64 62 non tanto tempo dopo aver preso un duplice 60 a New York; che che che…
Tanti alti e bassi, in genere, sono dovuti ad un equilibrio forse precario, che un buon specialista dell’anima potrebbe forse migliorare. Dopo una sconfitta a New York, questa diventa la tesi di un mostro sacro del giornalismo italiano che si azzarda a scriverne sul più importante quotidiano nazionale, mica un blogghettino. All’idea che forse uno psicanalista potrebbe essere d’aiuto al buon Fabio, il padre Fulvio, un omone che si aggira per i blog, a volte bonaccione e a volte meno, reagisce infastidito (a dir poco), con chi osa sottolineare che suo figlio ha lanciato una racchetta. Fabio invece tace, non troverete una sua intervista da nessuna parte; nelle conferenze stampa si rifugia dietro il cappellino d’ordinanza, in campo trova un compagno persino più incerto di lui e diventa leader, lo trascina in semifinale ancora a New York ma soprattutto a Melbourne, dove riesce a perdere un incontro assurdo contro uno spagnolo qualsiasi e a trasformarsi in principe quando nessuno si aspetta niente da lui, davanti a pochi intimi, in un’atmosfera ovattata.
Sembra che il miedo escenico si impadronisca di lui e che lui, per cacciarlo finisca col fare il bulletto. Urla, impreca, sbraita, poi si allontana e risorge. Quando nessuno scommetterebbe un centesimo raggiunge i quarti a Parigi. Certo, un tabellone favorevole, ma raccontatelo ad uno capace di non raggiungere solo due settimane prima il tabellone principale a Madrid. Dopo Parigi troppa luce, Mister Hyde non gradisce. Si inabissa ancora, cade, cade e cade. Persino nel sacro tempio contro dio in persona (Wimbledon e Federer, what else?) si stampa in faccia il sorrisino stereotipato e sparacchia ovunque i suoi colpi tranne che in quel pezzo di rettangolo contrassegnato dalle linee bianche. Ma cadendo almeno mister Hyde si allontana. Il ragionier Fabio si tranquillizza, fa un anno normale, vince gli incontri di Davis che deve vincere, il doppio lo aiuta a tenere Hyde non troppo attaccato, anche se non riesce a liberarsene.
Dopo le semifinali di Melbourne si aggira tra i viali di Barcellona e assiste alla rinascita di Nadal; quando se lo ritrova davanti a Roma non c’è partita ma a Parigi sì, anche se il maiorchino ha un’altra testa, meglio lasciar sfogare il lato oscuro. Finalmente finiscono gli slam si può giocare tra intimi, a Stoccarda arriva il primo torneo e subito dopo ad Amburgo DelBonis gli fa anche la cortesia di eliminare Federer – non si sa mai. Finalmente il ragioniere vince tornei, colleziona punti arriva al numero 16. Sembra avere un po’ di pace, ma il lato oscuro è sempre lì in agguato. Sono ricominciati gli articoli, qualcuno forse gli chiede le interviste, il ragioniere si intimidisce ad Umago non gli riesce la terza vittoria di fila (anche se alla finale ci arriva), si profila il ritorno di Hyde che vuole il tributo di sangue. E non può certo accontentarsi della sconfitta con Gulbis; va già meglio con Stepanek: ricominciano doppi falli, penalty point e falli di piede; ma il tonfo deve arrivare ancora più lontano, e si deve sentire. A New York magari – e dove altrimenti? – davanti allo sconosciuto Ram, 8 partecipazioni solo 4 volte in tabellone e sempre fuori al primo turno. Ed ecco la straripante potenza di Mister Hyde: 61 62 62, il sangue scorre, Hyde è soddisfatto. Ma il ragionier Fabio ricomincia, ritrova il suo spazio e Nadal, riesce persino a far finta di demolirlo fino al 41 del secondo, ma non esageriamo. Il ragioniere per questa volta ha vinto, fino a quando? Coraggio Fabio, ancora pochi anni, poi finalmente potrai stare lontano da quel dannato rettangolo e arricchendo il tuo bagaglio culturale, come ti proponi, magari leggere finalmente Stevenson, per aiutarti a capire cosa diavolo è successo in tutti questi anni.