TENNIS – In una lunga intervista rilasciata per canchallena.com, Novak Djokovic si racconta tra ricordi d’infanzia e sogni futuri: dal tennis, che ha rappresentato una vera benedizione contro la guerra, al Roland Garros.
“E’ stato un lungo anno per me. Purtroppo abbiamo perso la finale di Coppa Davis in casa ma sono comunque contento di come ho giocato, ho potuto vincere entrambe le partite che ho giocato e ho saputo gestire la pressione che c’era su di me da oltre due mesi e mezzo. Infine ho giocato direi ottimamente a Pechino, Shanghai e al Master di Londra,” inizia così la lunga intervista rilasciata da Novak Djokovic per canchallena.com.
Nonostante lo sguardo fiero e la voce calma siano quelle proprie di chi sa di aver fatto tutto il suo dovere e forse anche di più (ma solo nel periodo post Us Open) Nole Djokovic non evita di parlare del suo nervo scoperto, la Davis appunto. “E’ l’unica competizione ufficiale in cui si dichiara amore al proprio paese, si avverte lo spirito di squadra e si ottiene la possibilità di lottare per qualcosa di più grande di sé. Posso dire come mi sento, cosa significa indossare la maglia sapendo che non vincerai solo per te stesso o per i tuoi parenti ma per 15 o 20 mila persone”.
Il rapporto tra l’attuale numero due del mondo e la Coppa Davis è ampiamente riconosciuto ed è grazie a lui che nel 2010 la Serbia ha potuto vincere il titolo, mentre quest’anno sempre grazie a Nole, si è riusciti a tornare in finale (anche se poi la Rep. Ceca è riuscita in ogni caso a imporsi per 3-2); in seguito dopo aver affermato che “non è semplice stilare un programma che tenga conto delle esigenze di tutti i componenti di una nazionale di Coppa Davis“, Nole si sofferma a parlare della scelta dell’argentino Del Potro di rinunciare a giocare la Davis.
“Non entro nel merito, penso avrà avuto le sue ragioni ma Del Potro è un giocatore di qualità e con lui ovviamente l’Argentina potrebbe vincere la Coppa. Lui ha già vinto uno Slam in un momento in cui c’erano 4 giocatori che stavano dominando il circuito da tanti anni. Poi fisicamente ha avuto quel grave problema e anche tanti altri piccoli infortuni perché è un giocatore molto alto ma se non ha più problemi, ha la qualità, l’energia e la mentalità per tornare ad essere vincente anche a livello Slam. Sarà una sicura minaccia anche l’anno prossimo”.
Novak è fatto così, ha vinto tanto ma non tutto e dunque pensa già all’anno prossimo e ai probabili concorrenti. E’ arrivato all’aeroporto di San Fernando in Argentina poco dopo mezzogiorno direttamente da Santiago del Cile e si è mostrato in ottima forma come sempre: occhi scintillanti e privi di egoismo, sorriso disegnato, fisico asciutto e slanciato quasi come un modello.
Parlare della controversia DelPo-Davis Cup in Argentina era quasi scontato, ma a sorprendere è stata l’infinita dolcezza e la sincera disponibilità mostrate nel parlare della sua infanzia difficile in un Paese in guerra dove non era facile vivere normalmente; non ha mai avuto paura ma ne è rimasto cambiato profondamente e ha scoperto come si può essere più forti restando uniti. “In guerra perdono tutti ma io forse ho trovato la forza mentale: poi ho trovato il tennis e quella è stata una vera benedizione nella mia vita”.
Lo sport lo ha fortificato maggiormente e sin da piccolo “ho potuto apprezzare i piccoli campi da gioco costruiti in periferia e mi sono innamorato di questo sport” ma si dice fortunato nell’aver avuto l’appoggio incondizionato del padre e nell’aver potuto beneficiare di una condizione economica importante in un periodo di grave crisi. In questo il tennis ha giocato ruolo cardinale e gli ha dato tutto sin da giovanissimo: denaro, fama, viaggi e la possibilità di conoscere persone e culture diverse in giro per il mondo. Cosa chiedere di più per uno che se non avesse sfondato nel tennis, sarebbe “rimasto a lavorare in un ristorante nei pressi di una stazione sciistica sulle Alpi dove sono cresciuto con i miei”.
Passando ad analizzare il tennis moderno, Robonole non vuole esporsi perché a 26 anni deve ancora“capire molto di quello che è stato e di quello che sarà. So di Borg, Connors, McEnroe e ricordo Sampras, Agassi ed Edberg dunque non posso fare confronti, il talento c’è sempre stato ma il tennis si è evoluto molto ed è molto più fisicamente impegnativo di quanto non lo fosse 20 anni fa. Ogni epoca ha i suoi campioni e così come apprezzavo Sampras, so che oggi quando io e Rafa Nadal giochiamo c’è qualcuno che tifa per noi. Il gioco sta cambiando e chissà domani cosa accadrà quando verranno le nuove generazioni”.
Djokovic finisce per parlare della sua ultima annata, di quando ha perso quelle due-tre partite chiave (come al RG) che avrebbero dato una svolta storica alla sua stagione e di come in quel caso non abbia avuto le giuste forze mentali ed emotive per portare i match a casa con esito vittorioso. Poi dichiara che nel 2014 vorrà tornare a giocare come Rambo pur di riconquistare la posizione numero 1 del mondo e pur di battere Nadal .
“Sarà il mio obiettivo e per raggiungerlo sono disposto ad aumentare i carichi di lavoro. Ho già parlato con il mio staff e ho cercato di capire come scivolare meglio sul campo, come esser e più veloce su ogni superficie proprio come gli sciatori che hanno gambe molto resistenti e flessibili con caviglie salde e stabili. Il miglior movimento è la chiave per la desiderata miglioria”.
Ma se tornare numero uno è un obiettivo, vincere il Roland Garros sarebbe un sogno: ”Le classifiche sono importanti ma penso che si resti nella storia maggiormente se si vincono i tornei dello Slam. Parigi è la grande sfida contro il miglior giocatore della storia sulla terra, sento di essere vicino a battere Rafa su quel campo”.
Aveva iniziato dicendosi soddisfatto di quanto fatto in carriera e nello specifico quest’anno, si era detto soddisfatto ma non appagato.
Andrea Pagnozzi