Nuova rubrica settimanale dedicata al tennis femminile.
Oggi inizia una rubrica settimanale sul tennis WTA, con l’intenzione di affrontare gli argomenti di attualità determinati dai tornei conclusi nella settimana precedente, alternandoli a questioni più generali o a temi di natura differente, magari suggeriti dai commenti.
In sostanza questo dovrebbe essere il primo articolo di una serie a scadenza regolare; ma per le particolari circostanze di calendario, preferirei venisse considerato un “numero zero”.
Mi spiego: fra qualche giorno inizia l’Australian Open e, quando si giocano gli Slam, la stretta attualità delle partite si merita la massima attenzione. Una articolo settimanale sui tornei appena conclusi sarebbe travolto dagli eventi, e d’altra parte occuparsi dello Slam in corso risulterebbe incompatibile con la scadenza a sette giorni.
Di conseguenza oggi comincia una rubrica che viene subito sospesa, e che riprenderà a fine mese, quando ci sarà l’occasione di ragionare sull’Australian Open appena terminato.
Per quanto riguarda le partite giocate (e che si stanno giocando) in questi giorni, secondo me vanno interpretate soprattutto come preparazione per riprendere il ritmo di gioco e presentarsi al meglio all’appuntamento principale.
Tra le tenniste di vertice, non mi pare si siano viste particolari novità. A Brisbane è stato il trionfo della logica del ranking: le prime quattro in semifinale, le prime due in finale e la numero uno (Williams) che sconfigge la numero due (Azarenka). Se aggiungiamo che nell’altro confronto tra top ten la numero 8 ha sconfitto la 9 (Jankovic su Kerber), sembra proprio che la classifica sia del tutto veritiera.
A Shenzhen Li Na ha fatto felici gli organizzatori cinesi, dato che ha trovato in finale una connazionale (Peng Shuai) vincendo come da pronostico il torneo di casa.
Credo che anche ad Auckland gli organizzatori siano stati particolarmente contenti: avevano in tabellone due ex numero uno molto popolari come Venus e Ivanovic e proprio loro sono arrivate all’atto conclusivo; Ana è tornata ad aggiudicarsi un torneo dopo due anni (outdoor non vinceva addirittura dallo Slam di Parigi del 2008) al termine di un match lottato e divertente.
Radwanska e Kvitova hanno preferito l’Hopman Cup, con partite non semplici da valutare: a volte sembrano in tutto e per tutto match veri, a volte sembrano più prendere la piega dell’esibizione.
Inizio opaco per le italiane. Vinci, Schiavone, e Knapp hanno uno 0-2 di partenza; Errani, con alti e bassi a Shenzhen e Sydney.
Pennetta mi era sembrata in buona forma alla Hopman Cup (con tutte le incognite di valutazione sul torneo già espresse) ma poi ha rinunciato a giocare ad Hobart per un dolore al polso operato.
Il polso di Flavia non è stato l’unico allarme legato a questioni di salute. Problemi al polso anche per Sloane Stephens (ma non dovrebbero essere particolarmente seri) e soprattutto per Laura Robson, che si è ritirata ad Hobart mentre stava vincendo il match: e se ci si ferma quando si è avanti la cosa è più preoccupante.
Robson è giovanissima eppure ha già subito nel 2013 degli stop a causa del polso destro (Laura è mancina ma bimane); alla prima partita di quest’anno si è dovuta fermare per un dolore all’altro polso, il sinistro (e per una mancina è ancora peggio). E’ una situazione particolarmente sfortunata per una teenager così promettente.
Mi fermo, perché dopo l’elenco abbastanza noioso di risultati della prima settimana, non vorrei diventare del tutto indigesto con i guai di salute.
Adesso stanno per cominciare gli Australian Open e, se si rinuncia al sonno, i primi giorni presentano il problema delle tante partite in contemporanea.
Voi come scegliete?
Per Melbourne i miei criteri saranno tre: oltre alle giocatrici di vertice (ma nei primi turni tendo a trascurarle se sulla carta la partita non sembra equilibrata) e a quelle che mi divertono indipendentemente dalle loro possibilità di vittoria, cercherò di seguire le più giovani. Che però non essendo molto conosciute rischiano di essere programmate su campi secondari, senza riprese TV.
Stephens e Bouchard sono ormai affermate (oltre che teste di serie), e anche già abbastanza popolari; per ciò che hanno fatto nel 2013 potrebbero essere visibili fin dai primi turni.
Fra le nate dopo il 1994 Laura Robson (l’anno scorso capace di eliminare Petra Kvitova) è presumibile riceverà un occhio di riguardo nella collocazione da parte degli organizzatori; inglese, ma di nascita e genitori australiani, gioca quasi in casa, con molto seguito di pubblico. Bisogna però vedere se i guai fisici le consentiranno scendere in campo, e in quali condizioni.
Anche “l’enfant du pays” Ashleigh Barty dovrebbe trovare spazio e visibilità.
Tra tutte le altre promesse, personalmente mi auguro sia possibile seguire Madison Keys, che dovrebbe essere la quarta più giovane in tabellone (dopo Vekic, e le wild card Barty e Vickery). Se giocasse su qualche campo principale, dotato di falco e misurazione delle miglia orarie (non solo relative al servizio ma anche ai colpi da fondo), sarebbe interessante il rilevamento delle sue velocità, dato che già oggi fa viaggiare la palla come poche.
Secondo me al momento del sorteggio un po’ tutte, anche fra le teste di serie, si augureranno di non incontrarla: perché se è vero che come quasi tutte le giovanissime è abbastanza discontinua, è anche vero che se è in giornata dà l’impressione che l’esito del match dipenda molto da lei. In questo inizio d’anno l’ho vista perdere (contro Stefanie Voegele) con troppi gratuiti; ma in compenso ha quasi spazzato via Simona Halep nel primo turno di Sydney (conduceva 6-1, 5-0 prima di andare un po’ in crisi, subendo una rimonta fino al 5-4 palla del 5-5: partita poi vinta 6-1, 6-4).
L‘anno scorso a Wimbledon Radwanska ha già sperimentato tutti i rischi che si possono correre contro di lei, riuscendo a venirne a capo solo dopo molta sofferenza (7-5, 4-6, 6-3). Per questo penso che se a Madison Keys dovesse capitare una giornata di vena contro qualche giocatrice forte, sarebbe un peccato non seguirla.
Buon Australian Open, ci ritroveremo fra tre settimane, con la vera “puntata” numero uno.