TENNIS – Superati dubbi e le prestazioni opache, il numero 2 del mondo si riconferma l’uomo da battere, richiamando all’ordine i suoi avversari. Ancora da scoprire però, i vantaggi e le evoluzioni del lavoro con Becker.
Domenica Novak Djokovic ha vinto il suo terzo titolo in carriera ad Indian Wells. In finale ha incontrato per le 33esima volta Roger Federer, in una partita che non ha deluso le aspettative dato che i due quando si incontrano danno sempre spettacolo, e danno vita ad alcuni dei match più esaltanti del circuito. Ma la finale, così come il torneo in generale, ci offrono degli spunti per parlare della ‘nuova vita’ di Novak Djokovic, perché per sua stessa ammissione oggi ha altri impegni e diverse priorità, che a parer suo gli impedirebbero una stagione lunga e vittoriosa come quella del 2011, anche se dopo questa vittoria sembra aver riportato all’ordine le gerarchie messe in luce negli ultimi tre anni.
Per settimane abbiamo parlato di possibile crisi, di mancanza di fiducia, di scelte sbagliate nel suo team. E non è certo passata inosservata nel box la presenza di Marian Vajda, suo storico coach, che lo ha sostenuto tutta la settimana nel deserto californiano. E non è certo passata inosservata, l’assenza del suo coach/collaboratore, Boris Becker. Alla luce di una vittoria che lo riconferma ancora una volta l’uomo da battere, non possiamo non focalizzarci anche sul come il tennista serbo sia arrivato a battere il campione svizzero, e sulle prestazioni non certo irresistibili che ha fornito da quando la stagione ha ripreso il via, ormai quasi due mesi fa. Domenica sera ancora una volta, il serbo è partito contratto, nervoso, ha fatto una valanga di errori, in risposta (uno dei suoi punti di forza) non è stato mai incisivo durante tutto il primo set e per parte del secondo, il servizio non funzionava, nel primo set Nole ha fatto ben 3 doppi falli. Di contro un Roger Federer quasi perfetto, aggressivo, che limitava lo scambio a pochi colpi, non ha fatto fatica a portarsi velocemente sul 6-3. In seguito Nole sembrava più centrato e sicuro di sé, Roger invece subisce il contraccolpo del ritorno in gara del serbo e andiamo al terzo. E nel terzo parziale, Djokovic, che riesce a rompere il servizio dello svizzero, si porta avanti 5-3 e va a servire per il match. A questo punto, dopo una hola rumorosa, di un centrale gremito, Nole vince un solo 15, rimettendo in gara Federer che ne approfitta e va a giocarsi il tie-break. Il resto è storia nota. Il serbo riesce comunque a spuntarla, e ad aggiudicarsi la vittoria, ma sono i passaggi a vuoto, in cui si trova a dover chiudere il match, quelli più preoccupanti. Per la seconda volta di seguito, era successo in semifinale contro Isner, 5-4 al secondo, dopo aver vinto il primo set, si appresta a servire per il match, perde il servizio vincendo un solo 15. Tie-break, questa volta vinto dall’americano e terzo set.
Insomma, di set Djokovic ne ha lasciati per strada in questa settimana ad Indian Wells, cede a Gonzalez il secondo set 6-3, cede a Cilic il primo 6-1. Certo dopo una vittoria così importante e i quasi 1.600 punti ripresi su Rafael Nadal per la lotta al primo posto, questi potrebbero sembrare solo dei piccoli passi falsi, che non hanno inficiato il risultato finale. Ma il body language del serbo la dice lunga. È sembrato sfiduciato e nervoso durante tutto il torneo. E Vajda, che non si sedeva nel box del serbo da qualche tempo, rappresentava la certezza e la sicurezza a cui appigliarsi, anche con un solo sguardo, nei momenti di difficoltà. In realtà, non ci sarebbe molto da fantasticare. La presenza di Vajda ad Indian Wells era già concordata da tempo, ma c’è da riflettere sul fatto che la prima vittoria stagionale sia arrivata proprio con Vajda accanto. E Becker, da località non pervenuta, in questi giorni appare nervoso, un po’ come il suo ragazzo. Su twitter ha iniziato una sorta di bagarre, prima contro il commentatore di Sky Sports Tennis, Greg Rusedski, poi se la prende con Neil Harman del New York Times, reo di aver solo fatto notare la prestazione un po’ opaca di Djokovic. Per non parlare dell’ironia sparsa contro i commenti di Sky Sports Tennis. E ci chiediamo se dietro a questo nervosismo, si celi qualche problema nel team, per i risultati che non arrivavano e una collaborazione che stenta a decollare.
Nole ha ripetuto in questi due mesi, quasi come fosse un mantra, che sapeva cosa fare, su cosa lavorare, e che serviva tempo per vedere i risultati del suo lavoro con Boris Becker. Ma dopo il fallimento con Todd Martin, e l’equilibrio e la tranquillità trovata con Vajda, con cui il serbo si è portato a casa 5 Slam negli ultimi tre anni, la scelta del tedesco di entrare nel team aveva fatto storcere il naso ai più. Anche perché Boris Becker è un personaggio che conosciamo, e di tranquillità ed equilibrio non ha certo fatto i suoi punti di forza in carriera. Inoltre si trova alla prima esperienza come coach, e da gestire ha un ragazzo che ha bisogno di serenità per esprimersi al meglio. Adesso che è un allenatore dovrebbe cercare di allontanare dal suo pupillo ogni sorta di pressione, ed evitare il nervosismo dovuto a delle opinioni e critiche che fanno parte del gioco, soprattutto se questi non oltrepassano il limite nel commentare il gioco non proprio esaltante di Djokovic in questi due mesi, mettendo quindi in evidenza la realtà dei fatti che è sotto gli occhi di tutti. Di evoluzioni, laddove fosse possibile, nel tennis del serbo, non ne abbiamo riscontrate. Il gioco a rete stenta sempre ad essere efficace, se dobbiamo cercare un fondamentale in cui è più debole. E inoltre quello che preoccupa è l’aspetto mentale, proprio lui che grazie anche a quella spavalda fiducia, era riuscito a costruirsi una stagione spettacolare nel 2011, a raggiungere il numero 1 del mondo e a ritagliarsi un posto nella storia del tennis, in un’epoca che sembrava ad appannaggio solo di Roger Federer e Rafael Nadal.
La stagione entra adesso nel vivo, con Miami alle porte e il numero uno che si avvicina un po’ di più. Siamo sicuri che da campione qual è e con la sicurezza di essersi portato a casa il primo torneo importante della stagione dopo Melbourne, Nole saprà trovare la via per cercare di tornare in vetta. Forse, l’aver vinto un torneo non esprimendosi al meglio e con i tanti dubbi accresciuti dalle sconfitte all’Australian Open per mano di Stan Wawrinka e a Dubai, in semifinale, ancora contro Federer, potrà fargli fare quel passo in più che gli serve per giocare al meglio. Forse. Perché il Djokovic visto in settimana non ha certo giocato il tennis per il quale si è fatto conoscere. Sulla terra poi sarà dura, dovendo riconfermare Monte Carlo, ed essendo ancora alla ricerca di quel torneo sul quale in passato aveva concentrato tutti i suoi sforzi e che per tre anni gli è sfuggito di mano. Sicuramente, ancora una volta il Roland Garros sarà il major a cui puntare, su cui si costruiranno fiducia e sensazioni per il resto della stagione, per un’estate che si dice sarà molto calda, con un Federer in grande spolvero come non lo si vedeva da tempo, e un Nadal che sicuramente farà di tutto per riconfermarsi sul terreno di casa sua. Intanto, fra dubbi e prestazioni non eccellenti, Djokovic richiama all’ordine i suoi avversari, gridando ancora una volta, sono l’uomo da battere