Napoli rigenera Fognini, allenamento e sorrisi (Gianluca Monti, Gazzetta dello Sport)
La terapia del sorriso sembra funzionare. Capitan Corrado Barazzutti ha fatto divertire ieri per quasi due ore Fabio Fognini nell’arena che ospiterà da venerdì Italia-Gran Bretagna. Sarà l’aria di Davis o forse il sole di Napoli, ma il numero uno azzurro è sembrato in buone condizioni. «Come sto? Sono ancora vivo — ha scherzato il numero 1 azzurro, neo 13 del mondo —. Comunque, va abbastanza bene». 1hrlfdn Si può parlare di allarme rientrato perché il dolore al pettorale sinistro accusato una settimana fa a Miami nel match con Bautista Agut, e poi intensificatosi contro Nadal, non dovrebbe proprio impedirgli di scendere in campo (oggi il pre-draw dalle 15.15, domani il sorteggio alle 12, sempre al T.C. Napoli). Il dottor Parra ha controllato le condizioni di Fognini, che ha avuto come sparring partner il giovane Matteo Donati e poi si è cimentato in doppio con l’ex davisman Giorgio Galimberti e Barazzutti. Doppia sessione di allenamento, invece, per Seppi, Bolelli e Lorenzi. Prima di scendere in campo, Fognini ha salutato Murray che aveva appena finito la sua oretta di lavoro. Lo scozzese è arrivato a Napoli come una vera star: aereo privato e staff personale, ma è stato disponibile per foto ed autografi (…)
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Murray: “Con questa Italia è dura” (Guido Frasca, Il Messaggero)
È sbarcato a Napoli lunedì pomeriggio con un volo privato. Ha un’auto tutta sua e un team personale. Murray è la star della sfida di Coppa Davis con l’Italia, in programma da venerdì a Napoli: i tifosi britannici già arrivati in città girano con le t-shirts con la scritta “Anyone but Andy” (“Nessuno tranne Andy’). Omaggio al successo che Murray ha ottenuto a Wimbledon. E forse da lassù lo scorso 7 luglio anche Fred Perry avrà gioito per un trionfo che mancava nel torneo di casa da 77 anni: era i11936 quando il più grande campione di tennis che la Gran Bretagna ricordi alzò perla terza volta di fila il trofeo di Wimbledon.
NEI CUORI DEI SUDDITI Da questa estate Murray è entrato nei cuori dei sudditi di Sua Maestà la Regina Elisabetta. Aveva un solo modo: vincere i Championships. E ricordare che quando si parla di calcio, di Scozia e Inghilterra in particolare, non deve mai dire che «è una goduria battere gli inglesi nel loro sport». Già qualche ora dopo il trionfo non c’era vetrina a Wimbledon senza la sua foto con la coppa sollevata al cielo. «I giorni successivi sono stati frenetici – racconta Andy – sono stato accolto a Downing Street dal premier Cameron. Lì ho capito che qualsiasi cosa esca dalla mia bocca potrebbe essere strumentalizzata. Passata la bufera sono tornato alla routine quotidiana, agli allenamenti, al mio tennis. È fondamentale per continuare a vincere, non devi farti travolgere da quanto ti accade intorno, dal successo». Il 26enne campione di Dunblane ha trascinato il suo Paese ai quarti di Davis dopo anni di anonimato.
SOLE, MARE E CIBO Qualche anno fa a Roma gli chiesero della Città Eterna. Lui rispose seccato: «Sono qui per giocare il torneo, non per fare il turista e visitare i musei». Ora è più ruffiano, nel senso buono: «Napoli? È una splendida città, il mare e il golfo sono uno spettacolo. E si mangia benissimo. Anche se il traffico è terribile, per fortuna l’albergo è vicino al campo». Nel capoluogo partenopeo era già stato nel 2005: non aveva neppure 17 anni ed ebbe una wild card per il tabellone delle qualificazioni del challenger proprio al Tennis Club Napoli: «Persi in due set contro un brasiliano – ricorda – se non sbaglio si chiamava Silva: 6-3 6-3 per lui, giocavamo sul campo 2».
RAPPORTO BURRASCOSO La Gran Bretagna tennistica è nelle sue mani. E pensare che il rapporto tra il miglior giocatore d’oltremanica dell’era open ed il suo pubblico in passato è stato burrascoso. Scozzese e fiero di esserlo, ragazzo della classe media, Andy è quasi uno “straniero” nel tennis britannico, uno sport che fatica a “democraticizzarsi” e il cui simbolo è stato per anni Tim Henman, rampollo dell’Upper Class londinese. Murray è cresciuto al di fuori della Federtennis inglese e inizialmente non ha fatto nulla per farsi amare da un pubblico tradizionalista per definizione poco “british” negli atteggiamenti in campo e scontroso. Come se non bastasse insultava ad alta voce Brad Gilbert, il coach americano ex di Roddick, chela federazione gli aveva messo a disposizione pagandolo a peso d’oro.
OPERAZIONE SIMPATIA Murray ha chiuso la collaborazione con un altro allenatore famoso, Ivan Lendl (oggi annuncerà il nuovo coach) e avviato la “riconciliazione” con il suo pubblico: è seguito da un esperto in immagine che ha lavorato al The Sun. Per cominciare, sul suo sito ufficiale non è più menzionato sempre e comunque “Braveheart”, il cuore impavido. Inoltre Andy è diventato più educato in campo e dopo aver vinto un match manda baci a mamma Judy. E ha preso per mano la squadra di Davis (…)
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Fognini: “Pronto a stare tra i grandi, sono un 10 come Maradona” (Stefano Semeraro, La Stampa)
Fognini, lei è il n. 13 del mondo e il n. 1 dell’Italia di Davis che giocherà i quarti contro la Gran Bretagna di Andy Murray. Sognare la semifinale è lecito?
«E’ un sogno che abbiamo tutti, si è costruito un buon gruppo. Ma attenti, loro hanno anche un buon doppio e il n. 2, Ward, contro gli Usa ha battuto Querrey. Non sarà facile».
Lei e Murray siete nati a 9 giorni di distanza: che tipo è?
«Come giocatore fortissimo. Umanamente molto chiuso, introverso. Diverso da noi latini».
In campo è più rognoso Fognini o Murray?
«Ecco, me lo sono chiesto quando su Twitter mi sono beccato una marea di insulti dopo il match con Nadal. Andy in campo è un piagnucolone, manda tutti a “vaffa”, però se lo faccio io lo notano tutti, se lo fai lui nessuno. Mica giusto (…)
Vediamo se è superstizioso: il numero 13 nel ranking porta bene o porta male?
«Porta male. Nel senso che è meglio il 12…».
Ci arrivò Bertolucci, il terzo italiano di sempre dopo Panatta e Barazzutti nell’era Open. Ne avete parlato?
«No, però mi ha mandato un sms: “hai messo la freccia”».
Ha ragione?
«Devono dirlo i risultati, io mi sento pronto per la top-10. Non mi manca niente».
Haas, ex n. 2, dice che si diverte a vedere giocare solo lei e Dolgopolov. Concorda?
«Belle parole, ringrazio. Aggiungerei Monfils. Il tennis è anche spettacolo, la gente paga un biglietto e io cerco di farla divertire».
Cosa la rende un ottimo «davisman»?
«Mi sono sempre piaciute le gare a squadre, la Davis è speciale. Giocare per la Nazionale mi attizza, sono uno che assorbe energia dal pubblico».
Sacrificherebbe uno Slam o il n.10 per la Coppa?
«Adesso no. Se vincerò uno Slam gli obiettivi cambieranno».
Che Slam vorrebbe? «Il Roland Garros. Perché sono nato sulla terra».
Fra Indian Wells e Miami ha giocato bene: è pronto al salto di qualità sul cemento?
«Era uno degli obiettivi di stagione, ci sto riuscendo ma devo essere più continuo perché i punti si fanno soprattutto lì».
Le piaceva Marat Safin, il russo tutto talento e follia come lei?
«Un grande: vinceva e poi si divertiva. Con lui avevo un buon rapporto».
Lei è il Safin italiano? «In miniatura. Lui è stato n. 1 del mondo: ho un 3 di troppo».
Fuori dal tennis chi le piace?
«Valentino Rossi. Le mote sono uno sport da pazzi, fanno per me. Anche Marquez non scherza».
Lei giocava a calcio, pentito di aver scelto il tennis?
«Credo che avrei fatto bene anche da calciatore. Sono una mezza punta alla Sneijder».
Arrabbiato con la sua Inter?
«Abbastanza: non battiamo neanche il Livorno. A Guarin ho mandato certi accidenti. Se avessi i soldi cambierei mezza squadra».
Senta, lei è un bello, fa strage di donne… «Eccoci… Vuol sapere della Pennetta? Quante volte facciamo l’amore?».
A sua discrezione. «Non smentisco e non confermo. Ci frequentiamo. Flavia è una ragazza solare, che sa stare in compagnia».
Per finire: ma lei che numero di classifica si sente davvero addosso?
«Il 10. Ma quello di Maradona».