Rassegna a cura di Daniele Flavi
Un fantastico Fabio batte Murray e trascina gli azzurri in semifinale di Davis dopo 16 anni
Vincenzo Martucci, la Gazzetta dello sport del 7.04.2014
Nessuno, nemmeno suo padre, lo stravolto, tifosissimo, Fulvio. Nemmeno la sorella idolatrante, Fulvia, nemmeno la mamma-mamma, Silvana, nemmeno lui, Fabio Fognini, l’ultimo vero eroe del tennis italiano, avrebbe scommesso non di battere Andy Murray, perché sulla terra rossa era possibile, fra due che peraltro sono coetanei e si fronteggiano dai 12 anni. Ma riuscirci addirittura per tre set a zero e con l’Italia con le spalle al muro, sull’1-2 dei quarti di finale di coppa Davis, era davvero impronosticabile. Eppure è successo. Ancora una volta, nello sport in generale e nel meraviglioso sport italiano in particolare, è successo: come implorava uno striscione («San Gennà, fang stù miraci») e con la benedizione di Maria, l’arbitro francese sosia dell’antipatico Bastianich di Masterchef. E così gli azzurri, grazie alla miglior prestazione di sempre della loro storia – considerata la situazione e il calibro dell’avversario Murray, 8 del mondo -, sono zampillati come lapilli del vicino Vesuvio dall’inferno della quasi eliminazione al purgatorio del 2-2 e poi, con il terzo punto di Andreas Seppi contro James Ward, sono tornati dopo 16 anni al paradiso delle semifinali. Purtroppo in Svizzera, contro Federer e Wawrinka, e quindi presumibilmente su un campo molto veloce indoor, il 12-14 settembre. Panetto Che Fabio fosse in crescita, dopo la botta al costato di Miami, e una settimana senza allenamenti, si era visto, a tratti, già dal disgraziato doppio di sabato con l’amico Simone Bolelli. Che avesse una gran voglia di togliersi gli schiaffi dalla faccia, come si dice da queste parti, si era capito da mille segnali da puledro purosangue, il primo azzurro che vale i primi 10 del mondo (oggi è 13) da Adriano Panatta e compagni Anni 70. Che ne avesse le possibilità si sapeva dal 2009 a Montecarlo, quando, grezzo e inesperto, mise alle corde lo scozzese col suo gioco-champagne, un tira e molla impetuoso da fondocampo a rete, con violente accelerazioni sul dritto (tallone d’Achille di Andy) e micidiali smorzate spezza-gambe: un ritmo impossibile per il campione di Dunblane. Possibilità aumentate oggi, con Murray che non gioca stabilmente sulla superficie più avara da due anni, per via dei problemi alla schiena, e con Fognini che, invece, in estate ha infilato tre finali in tre settimane sul rosso europeo, firmando Amburgo e Stoccarda e fermandosi sotto il traguardo a Umago, per continuare quest’anno con i tre punti in Argentina in Davis, col titolo a Vina del Mar e la finale a Baires. Perciò il sigillo numero 25 nelle ultime 27 partite sulla terra era plausibile, anche se Murray è appena il terzo «top ten» battuto da Fabio, il primo dei «Fab Four». Superiority Ma quello che sorprende davvero nell’indimenticabile 6-3 6-3 6-4 in 2 ore e 20 minuti, è il modo, i 34 vincenti, la magica, irrefrenabile, annichilente, superiorità tecnofisica che fa volare il 26enne ligure dall’inquietante 1-3 iniziale, troppo pieno di tensione, al 6-3. Un volo fors’anche benedetto dall’arrivo della sua amica particolare, Flavia Pennetta, nella tribuna presidenziale del fantastico circolo sul golfo di Napoli. E sicuramente dettato dalla riscoperta di palle corte, dritto contro dritto e fulminee discese a rete. Con gli applausi di mitico Nicola Pietrangeli: «Finalmente un giocatore che fa pensare il suo avversario, ormai hanno tutti un gioco così meccanico che la palla corta li disorienta, ci arrivano pure, ma sono fuori posizione, fuori dallo schema classico. Bravo, Fabio». Un cocktail micidiale per la regolarità di Andy, shakerato col frizzante tifo di casa, comunque abbondantement nei limiti della normalità di coppa Davis. Come avrebbe convenuto lo stesso campione di Wimbledon olimpico-Us Open- Wimbledon classico, salito nel 2009 fino al numero 2 del mondo. Bolero Il gioco di Fognini è salito e salito, inesorabilmente, insieme al tifo dei 5000 di Napoli, soffocando Murray sempre più in difficoltà al servizio. Fino a fargliene perdere due di fila, e quindi il set, il comando del match e dei nervi. E quindi buttando alle ortiche le due palle-break che l’italiano torna a concedere, dopo un’ora e un quarto sul 2-3 del secondo set. Poi, frustrato nell’imbuto di un gioco che non trova più sbocchi, sbaglia tutto e cede due servizi di fila, fino al suicidio del terrificante doppio fallo del 3-6 3-6, dopo un’ora e mezza. Da lì in poi, il famoso «Muzza», l’eroe che ha riportato un britannico sul trono di Wimbledon 77 anni dopo Fred Perry ed aveva vinto 19 singolari Davis di fila dall’esordio 2005, ha iniziato a boccheggiare davanti all’ex pazzariello Fognini dei tornei juniores. Che sembra aver messo la testa a posto col coach spagnolo José Perlas e schizza per il campo come un gatto, imprendibile. Storia Come in qualsiasi commedia dell’arte, c’è stato ancora almeno un game difficile, il terzo, di 12 punti, per l’italiano. C’è stato il protagonista che vomita sul terreno al cambio campo del 4-3, per la tensione. C’è stato il bau bau ospite che, dopo 33 anni, tentava di riportare il suo paese alle semifinali di coppa Davis, e quindi ha gettato comunque le ultime energie sotto il sole sempre più caldo, salvando due match point di classe e disperazione. Ma poi, sul terzo, ha affondato esausto il dritto a metà rete. Così, Fognini ha mimato Luca Toni, come a dire al pubblico…
Fognini fa l’eroe sotto gli occhi della sua Flavia
Piero Valesio, tutto sport del 7.04.2014
E’ arrivata, si, no, forse. Ma se è arrivata dov’è? La voce serpeggia fra i cinquemila che affollano l’arena dove si gioca Gran Bretagna-Italia. Lei non può essere che Flavia Pennetta, la neo fidanzata di Fabio Fognini di cui fino a sabato non s’era avuta traccia. «E difatti si è visto…» sussurra una voce maligna alludendo ai benefici effetti che la vicinanza con colei di cui ci si è recentemente innamorati può portare in dote all’innamorato; oppure ai danni che nell’innamorato può causare la sua assenza. Flavia c’è, è vero. Leggiadra e di bianco vestita. E a fine incontro sarà impossibile non notare che la sua stessa presenza è coincisa con una rivoluzione copernicana nel gioco di Fabio almeno rispetto ai giorni precedenti. Potenza dell’amore? E’ anche possibile che sia vero. BRAVO «Sono arrivata di buon mattino giusto per vedere questo incontro. Ne valeva la pena che dite? Però non dite che io c’entro. Io non ho fatto niente, ho solo guardato il match. Il merito è solo di Fabio e di quello che è riuscito a fare. Che è tantissimo». A giudicare da come ha giocato e considerando per vera la tesi prima esposta che l’amore giovi ai risultati sportivi, si potrebbe pensare che tu sia arrivata la sera di sabato. Giusto in tempo per rimettere insieme i pezzi di Fabio dopo il doppio. «Sapeva benissimo anche lui di cosa aveva bisogno: di reagire. Di mettere in campo una reazione forte. Lo doveva a sé stesso e al pubblico che è venuto a vederlo. In più non stava bene, la sapete. Ci è riuscito perchè è lui a essere un campione. Non aggiungo altro». Certo che l’alleanza sentimental-sportiva fra Fabio e Flavia al suo nascere ha ottenuto risultati insperati: una vittoria di lei a Indian Wells e il trionfo di lui contro Andy Murray, terza occasione in carriera in cui è riuscito a superare un top ten. Aspettando di diventare tale anche lui stesso ovviamente. Obiettivo che potrebbe raggiungere fra nemmeno molto tempo. MATTO E mentre Flavia si diletta nello scagliare gavettoni d’acqua sui maschietti azzurri, c’è Nicola Pietrangeli che coccola con lo sguardo quell’atleta brevilineo che incarna nel suo tennis non solo i dettami dei tempi moderni, ma anche una certa sensibilità di tocco che appartiene, per l’appunto, all’epoca in cui Nik giocava. «Fabio ha stroncato Murray con tantissime palle corte? Io gli avrei detto di provarne ancora di più. Di farlo impazzire di palle corte. Perché Fabio la capacità di eseguirle alla perfezione ce l’ha; e gli altri, per quanta forti siano, non se l’aspettano»: Ma non si arriva a battere Murray in Davis soltanto con le palle corte. Nik, come ci è riuscito Fabio tra l’altro trasformandosi nel giro di una notte? «Lui è talmente matto da provare un’impresa del genere e soprattuto da riuscirci. Se non fosse cosi non sarebbe lui. Invece possiamo dire di avere, adesso, non solo un ragazzo eccezionale, ma anche e soprattutto un giocatore che può arrivare molto in alto. Anche grazie alla sua follia». FORTE Corrado Barazzutti di campioni ne ha visto tanti, moltissimi li ha affrontati sul campo. Per cui c’è da credergli quando dice: «Fabio è il giocatore italiano maschio più forte che abbiamo avuto negli ultimi diciamo 15 anni. Uno così cí voleva, per pareggiare il conto con le ragazze che vincono a man bassa da anni… E’ stato straordinario così come Andreas è stato eccezionale a mantenere i nervi saldi e conquistare il punto che mancava. Si diventa grandi per tanti motivi: c’è il lavoro, certo, c’è la sicurezza di lavorare assieme ad altri per raggiungere un obiettivo comune. Fabio ha tutto questo, adesso. E ha dimostrato che sulla terra vale una classifica altissima: è uno dei primi al mondo». Inevitabile che un pensierino voli a Roma, massima espressione annuale del tennis italiano, che attende da tempo immemorabile un finalista azzurro, se non un vincitore. Ma se si deve cercare un momento per sperare, vale la pena di prendere in prestito un titolo di Primo Levi: se non ora, quando? VENDETTE Intanto prepariamo armi e bagagli per la trasferta che porterà l’allegra brigata italiana in Svizzera per la semifinale contro Federer e Wawrinka. Non finì bene a Genova qualche anno fa. A metà settembre si giocherà indoor sul veloce contro una squadra che, nelle medesime condizioni, ha rischiato il tracollo contro i piemontesi-kazaki. Pochi mesi dopo la sfortunata finale di Milano, nel 1999, l’Italia fu eliminata dal gruppo mondiale proprio dalla Svizzera in cui giocava (battè Sanguinetti) un giovane Roger Federer. Da quel giorno iniziò un lungo periodo faticoso per l’Italia di Davis. Forse sarebbe il caso di prendersi una piccola vendetta, se possibile.
Fognini l’eroe innamorato prende in spalla l’Italia
Roberto Perrone, il corriere della sera del 7.04.2014
«Niente voglio e niente spero ca tenerte sempe a fianco a me!». Le strofe di «O Surdato Nnammurato» scuotono lo stadio alla Rotonda Diaz. Cantano tutti per Fabio «the Fab» Fognini, ligure di Ponente, calciatore per passione, tennista nel pieno della sua maturità, che gioca la partita perfetta, senza sbavature («Con questa continuità non me l’aspettavo neanch’io»), da soldato innamorato, con la sua musa, finalmente, in tribuna a sostenere il cambiamento dell’ex distruttore di racchette. L’amica «speciale» Flavia Pennetta è lì, bella e partecipe. Fabio Fognini schianta Andy Murray in tre set. Ci cospargiamo il capo di cenere ma non cre – devamo nell’incredibile, dopo il crollo verticale nel doppio, dopo il sabato in cui a Fabio non riesce nulla, neanche, come svela su Twitter, il test antidoping: gli occorrono q ore e 30′. L’Italia supera la Gran Bretagna 3-2. Dopo l’Everest di Fabio (terzo top io battuto in carriera), Andreas Seppi non può non salire sulla sua mezza collina, annientando James Ward, l’eroe di San Diego che qui oppone solo una fiera, ma inutile resistenza all’inevitabile. E tornata la Coppa Davis all’italiana, tormento ed estasi. Il bello dell’insalatiera è che, per definizione, è mista. Il grande match di Fognini contro Murray potrebbe rimanere una scatola vuota (a parte l’accresciuta autostima personale) se Andreas Seppi non completasse il percorso. E questo accade. Il parziale domenicale è sei set a zero per l’Italia che, 16 anni dopo, torna tra le prime quattro del Gruppo Mondiale. Ci attende la Svizzera a casa sua, ma questa è un’altra storia «Per ora ci godiamo questa vittoria di carattere, di spessore morale, le grandi doti di questi ragazzi» commenta capitan Barazza. È un altro Fognini quello che si presenta davanti alla statua equestre del generale Armando Diaz, quello del bollettino della vittoria del 1918. E anche i numerosi tifosi britannici, che nei giorni precedenti erano stati superiori in tifo e sostegno ora «risalgono in disordine le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza». Basta vedere il volto corrucciato di Andy Murray che non crede ai suoi occhi, che scuote i riccioli come se fosse Harry Potter a cui hanno rubato la bacchetta magica. «La verità è che io ho semplicemente giocato peggio. Lui ha risposto benissimo e ha tirato sempre sulle linee». Dopo 19 successi di fila in Coppa, Murray, incassato il primo game strappando il servizio a Fognini, tiene il suo e sul 2-o si illude di essere in discesa. Invece, comincia il Fognini show. The Fab Fabio non sbaglia nulla, fluttuando nella bolgia, domandola: le righe, gli angoli sono posti conosciuti dove i colpi di Fognini si depositano comodi. Dopo quel primo servizio perso, lascia solo due possibili break a Murray. Tira palle corte stordenti, incrocia diritti da campione, serve solido e regolare (anche se è qui che prova ancora un po’ di dolore). Andy si arrende, senza alibi. «In Davis è sempre così, è giusto che il pubblico di casa sostenga i suoi tennisti». L’unico momento di paura è sul 4-3 del terzo, quando Fabio ha dei conati di vomito. Tensione, affanno, mai paura. «Ci ho messo la faccia e anche qualcosa di più. Ho risposto presente. Ha pagato. Ho lavorato tanto per un momento come questo. È uscito fuori il mio miglior tennis. Dolore? Il primo giorno di più». Fabio guascone tenero, soldato felice. Un altro sportivo che si fortifica sul senso di accerchiamento, cerca i nemici, conta chi ci credeva e chi no. Corrado, il nostro ingobbito speciale, racconta: Sicuramente sabato non eravamo abbattuti, perché c’era ancora da giocare». Così, sul 2-2, ecco Andreas SeppL In fondo il piano originario è rispettato. Cambiati i fattori, resta il pro-dotto: 2-2 e ultimo match decisivo. Andreas, che quest’anno ha fatto fatica a superare il primo turno, ammette che «quand ho visto Fabio battere Murray ho pensato che non potevo sprecare questa occasione». James Ward resiste un set, quando i due contendenti perdono otto servizi sui dieci giocati. Dopo la storia del match si affievolisce. Ward aggrappato solo al servizio e agli errori di SeppL Andreas, nel terzo, si prende due break di vantaggio così può sprecarne uno. Poi accende la festa. Un pensiero ci consola, canterebbe il soldato innamorato pensando alla sintesi di capitan Barazza: «Se non stanno attenti, con noi rischiano tutti».
Fognini, colpo da Masaniello e l’Italia riscopre la Davis
Stefano Semeraro, la stampa del 7.04.2014
Gli azzurri superarono gli Usa a Milwaukee, poi cedettero con la Svezia a Milano nell’unica finale giocata in casa GIOIA SEPPI «La vittoria più bella. Ero nervoso, alla fine il braccio era pesante ma ho giocato un gran game» LA RESA DELLA GRAN BRETAGNA Con carattere Seppi batte Ward e portail punto del 3-2 Apoteosi a Napoli STEFANO sn ERaso RINASCIMENTO Nel periodo oscuro finalmente alle spalle anche una sconfitta in serie C contro lo Zimbabwe Se ne va, se ne va, se ne va, l’Italia – come cantano i 5000 spettatori di piazzale Diaz, ballando sulle tribune sparate in faccia o’ mare di Napoli, contro il più bello dei fondali possibili. Se ne va in semifinale di Coppa Davis, come non capitava dal 1998. Sediti anni lunghi e quasi sempre amari, nei quali ci è toccata anche l’umiliazione della serie C, sconfitti dallo Zimbabwe, che a ricordarlo oggi non sembra neppure vero. Ce la giocheremo a settembre, in trasferta contro la Svizzera di Federer e Wawrinka, uscita solo al quinto decisivo match dall’incubo Kazakistan. La firma sotto il bollettino finaleè di Fabio Fognini, generale azzurro che non ha mai smesso di essere Masaniello, solo con più razionali-ta. Cuore sempre caldo ma capa (relativamente) fredda. «Ci ho messo la faccia», dice lui, un po’ Balotelli un po’ Matteo Renzi, e il bello per tutti è che non l’ha persa, anzi. Dopo il passo falso di sabato in coppia con Bolelli ha messo sotto 6-3 6-3 6-4 Andy Murray, il numero 8 del mondo, poi ha lasciato ad Andreas Seppi il compito di portare contro Ward (n.161 Atp) il punto del 3-2, dopo uno spruzzo di pioggia. Alla vigilia pareva un miraggio, un’impresa da San Gennaro. D Fogna l’ha fatta sembrare quasi facile, due ore e 17 minuti di grande tennis su terra battuta. Un frullare di ritmi, di variazioni, di rovesci traccianti e dritti fulminanti, nove drop-shot vincenti (su undici tentati) che hanno prima deragliato, poi scorato Murray, magari un filo stanco dopo le oltre quattro ore passate in campo sabato, ma molto british nel riconoscere col cuore triste che «Fabio di solito nei match ha alti e bassi, ti fa respirare; oggi invece mi ha sorpreso per la continuità. Il merito è tutto suo». Onesto, ancora prima che generoso (e infatti da bravo scozzese per regalare la racchetta a papà Fognini ha scelto accuratamente quella rotta). Un’impresa che ricorda quella di un altro talento febbrile, il Canè capace di sfibrare Wilander a Prato nel ’90, oppure il Camporese riciclato da Panatta ad Ancona nel ’97, distruttore di Carlos Moya (e guarda caso sia Moya sia Wilander a quei tempi erano n.8 Atp). Masaniello è cambiato, Masaniello è cresciuto. Gli occhi al cielo, i calci alle bottigliette, le risse verbali con gli arbitri restano – e ieri pure tre-quattro conati di nervoso alla Messi, sotto gli occhi di Flavia Pennetta arrivata apposta a Napoli per coccolarselo. La differenza è che adesso Fabio sa tenere al guinzaglio i demoni, governare le voci di dentro. «Finalmente ha capito che doveva crescere, se non voleva restare il solito cazzone italiano», spiega papà Fulvio. «II merito è anche di Pep Perlas, il coach, e della moglie psicologa. Ma in fondo si chiama maturità». E l’età della ragione che da qualche tempo sembra attraversare come una scossa, prima rosa shocking, ora azzurro pieno, tutto il nostro tennis. Nel 2009 il numero 10 nel ranking di Flavia Pennetta – da un paio di settimane tornata al n12 – nel 2010 il bang della Schiavone a Parigi, poi i successi di Sara Errani e Roberta V’mci, nel 2011 la risalita nel tabellone principale della Davis, la vittoria di Gianluigi Quinzi nell’under 18 di Wimbledon. La semifinale di Davis arriva al momento giusto, è insieme un traguardo e un’occasione di rilanciare l’immagine, la popolarità del tennis. «Mi fa piacere soprattutto per i ragazzi – sorride sornione Barazzutti, che di mestiere fa anche il capitano di Fed Cup – perché altrimenti le ragazze rischiavano di scappare troppo in avanti». Hanno fatto da elastico, le girls. I maschi come capita spesso nella vita, arrivano a rimorchio. «Andreas l’anno scorso è stato n.19 del mondo – racconta Barazzutti – Fognini oggi è n.13, punta alla top-10 ma sulla terra vale già i 3-4 più forti del mondo. Questa è una squadra omogenea, matura, che dopo la delusione del doppio ha saputo vincere di carattere, reagendo insieme. Se giochiamo sulla terra possiamo giocarcela con tutti. La Svizzera in trasferta? Godiamoci la vittoria. Sapendo però che con noi, se non stanno attenti, rischiano». L’impressione è che, comunque vada, sarà un successo.
Che Italia. E’ semifinale Davis
Gianni Clerici, la repubblica del 7.04.2014
Nel momento in cui i miei colleghi inglesi, preoccupatissimi per le condizioni fisiche di Andy Murray, distoglievano lo sguardo dal mio informatissimo notes statistico, mi sono ritrovato ad intonare “o’ surdato’nammurato”, insieme a qualche centinaio di spettatori entusiasti per gli eroismi di Fognini. Devo confessare che il mio entusiasmo non raggiungeva la sonorità di un gruppetto carnevalesco di imparruccati tricolori che, tra la prima e la seconda palla di servizio suggerivano addirittura allo scozzese “looser, looser” e cioè “perdente, perdente”, senza rendersi conto di far torto a Fognini, che continuava a mostrare, con intenta correttezza, le qualità opposte, quelle di un vincente molto positivo. L’avevo incontrato, Fognini, su un divanetto del bar di questo antico club prima della partita. Aveva già un’aria intenta, tanto che – vergogna – non mi ero reso conto di una donna che gli sedeva al fianco, sinchè, mentre si sollevava a regalarmi due bacini sulle guance, avevo sentito il profumo di Flavia Pen-netta. «Spes ultima dea» si era affrettato a mormorare Fabio, trovandomi d’accordo, certo per ragioni meno istintive. Ricordavo che, pur decorato con le rosse medaglie di semifinali al Roland Garros, Montecarlo, Roma, Andy non poteva dirsi uno specialista della terra, al contrario del nostro eroe. E, per giunta, un campo appena allestito, volutamente lento, aveva raggiunto grazie alla pioggia le caratteristiche meno adatte a Murray, e al suo tennis in progressione. Su quelle dune Fabio ci si sarebbe dovuto ritrovare, specialmente peri cambiamenti di ritmo, di rotazione della palla ( lift e slice ) e di un colpo che è divenuto sempre più importante per interrompere il tran tran roboticodegli scambid’oggi,ilraf-finatissimo drop-shot, il colpo goccia, in italico smorzata. Doveva quindi essere, questo Fogni-ni confortatodaFlavi a, benconsciodi possibilità che andavano oltre lo “spes ultima dea” e, non appenainiziatoil match, mel’avrebbe confermato con i fatti, non solo grazie alle ripetute invocazioni a San Gennaro di un mio vicino che non cessava di mormorare “fang stu miraci”. Non per mettere in dubbio l’assistenza divina, ma Fognini impiegava non meno di cinque games per ritrovare se stesso, una posizione in campo più avanzata e, dopo la difficile mezz’ora iniziale, conquistava il set con un parziale di 21 punti a 6. Cercava, un Murray avvisato, di accelerare, per quel poco che gli permetteva Fabio, ma così facendo non guadagnava certo regolarità, anche perché, come mi ricordava il mio vicino Claudio Giva, non era indenne dalle tossine delle quattro ore e venti della prosecuzione del singolare e del doppio di ieri. Nulla sarebbe mutato in un terzo set per un Murray sinceramente disperato, sempre più dimentico di una qual-siasi scelta tattica, cieco nel colpire con violenza e sempre più incline ad attribuire responsabilità alle dune di terra, graffiata da un paio di scarponi sempre meno mobili. Questo pareggio che portava le squadre sul due pari era in realtà una vittoria travestita. Solo circostanze irrazionali, solo un infortunio, un improvviso harakiri, avrebbero impedito a un giocatore del livello di Andreas Seppi di perdere contro un bravo giovanotto,Ward, che non è tra i primi cento del mondo ed è del tutto privo del talento necessario alle eroiche imprese. Faticava un tantino più di quanto gli sarebbe accaduto nel primo turno di un torneo, Andreas, ma il suo tennis di superiore categoria affiorava via via, sino a completare una vittoria che, va riconosciuto, rimarrà nei nostri annali col nome di Fabio Fognini.
San Fognini fa il miracolo Coppa Davis
Daniele Palizzotto, il tempo del 7.04.2014
Il miracolo di San Gennaro, per un giorno nelle vesti dell’azzurro Fabio Fognini. Invocato dopo la cocente sconfitta nel doppio e richiesto dai tifosi sugli spalti al patrono di Napoli («San Gennaro fanc’ sto miracolo») si è realizzato davvero: dopo 16 anni l’Italtennis torna nelle semifinali di Coppa Davis superando 3-2 in rimonta una Gran Bretagna tradita dal suo unico giocatore all’altezza, il campione di Wimbledon, Andy Murray. Nonostante il punto decisivo porti la firma del numero due azzurro Andreas Seppi contro il modesto Ward (6-4 6-3 6-4), il palconoscenico spetta senza dubbio all’eroico Fognini, improvvisamente tornato ai livelli degli ultimi mesi. Nell’arena napoletana, finalmente gremita e calorosa dopo un weekend freddo e do- INFO Calendario L’Italia tornerà in campo perla semifinale di Coppa Davis il 12-14 settembre opposta, in trasferta, alla Svizzera. La Francia ospiterà la Repubblica Ceca. Occhi puntati ora sul «rosso» degli Internazionali Bnl d’Italia (11-18 maggio) edel Roland Garros (26mag-2giu) minato dai tifosi britannici, il tennista ligure ha giocato il match perfetto, «uno dei migliori della mia carriera», contro lo spauracchio Murray. I13-1 iniziale con cui lo scozzese ha spaventato il pubblico italiano non deve ingannare: Fognini ha regalato il break d’apertura, ma da quel momento ha controllato il match, piazzando un parziale devastante, cinque game a zero, 21 punti a 6. «Stanco» peri due punti vinti il giorno precedente, nonostante le due palle break avute sul 3-2 del secondo set Murray non è più rientrato in partita, dominato dal ritmo imposto da Fognini, accelerazioni letali alternate a precise palle corte (32 vincenti a 17 per l’azzurro per il 6-3 6-3 6-4 finale). «Non ho avuto pause – ha esultato il ligure, numero 13 al mondo – sono sempre rimasto concentrato perché credevo nella vittoria, anche se magari non così netta. Ero teso, ho anche vomitato un paio di volte in campo, ma sulla terra valgo tanto e stavolta, come sempre in Davis, ci ho messo la faccia e anche gli attributi». Al resto ci ha pensato Seppi, nonostante qualche passaggio a vuoto e un’interruzione per la pioggia. Perdere con un Ward meno preciso rispetto al match contro Fognini, del resto, sarebbe stato un oltraggio: «Fabio ha giocato un gran match -haammesso Seppi – per me entrare in campo sul 2-2 è stato psicologicamente difficile. Per questo la ritengo una delle tre partite più importanti della mia carriera». «Fognini è ilmiglior giocatore italiano degli ultimi 15 anni – ha riconosciuto capitan Barazzutti – e io credevo nella rimonta. La semifinale? Ora godiamoci questo successo, ci serviva proprio dopo le tante gioie ricevute dalle ragazze». E ringraziamo San Fognini. I prossimi avversari Federer sulla spada degli azzurri