TENNIS LAVAGNA TATTICA – Puntata interamente dedicata all’impresa di David Ferrer che elimina Rafael Nadal dal torneo del Principato grazie a una perfetta gestione tattica del match.
L’intelligenza tattica di David
Insieme a quello di Andreas Seppi, il poster – anzi, l’altarino con tanto di candele votive – che bisognerebbe mettere ben visibile in ogni campo da tennis dove si allenano i giovani delle agonistiche è quello di David Ferrer. Perché, come l’altoatesino, il Campione (maiuscola voluta) spagnolo, partita dopo partita della sua lunga carriera, non cessa di essere un esempio magnifico di attitudine mentale positiva, “focus” assoluto, rispetto per l’avversario, ed etica del lavoro.
La concentrazione, la grinta, il dare il massimo su ogni palla punto dopo punto, la capacità di adattare schemi e tattica agli avversari sono tutte condizioni necessarie (e se arrivare a essere 3 del mondo e portarsi a casa 22 milioni di dollari di soli premi non fa schifo, anche sufficienti) per costruirsi una carriera nel tennis che conta. Quando poi oltre a queste qualità, si è tanto fortunati da possedere un talento importante, ecco servito il top-player che vince gli Slam.
Ma dal punto di vista tecnico e strategico, spesso risulta più interessante analizzare il modo in cui quello che viene spesso definito il “primo degli umani” risolve i problemi e trova la strada della vittoria, piuttosto che la semplice ammirazione di uno spettacolo (certamente fantastico, s’intende) quale il gioco di Nadal, Djokovic, Federer, Wawrinka, che specialmente quando gli avversari non sono all’altezza rischia di diventare uno show godibilissimo ma fine a se stesso.
Opposto negli ottavi di finale alla qualità di Grigor Dimitrov, “Ferru” ha evitato di subire il gioco propositivo e brillante del bulgaro prendendo lui l’iniziativa dalla prima all’ultima palla. Ed è riuscito a ribaltare completamente quello che avrebbe dovuto essere, secondo logica tecnica, il canovaccio della partita, ovvero un confronto tra gli attacchi e le accelerazioni di Grigor opposti alla corsa e alla difesa di David.
L’intero match, salvo fiammate estemporanee che non fanno statistica, è stato un incubo di recuperi, galoppate sfiancanti, scivolate e allunghi estremi per Dimitrov, con Ferrer piantato ben dentro il campo a macinare drittoni rischiosi e anticipati molto più del solito, a volte concedendosi pure il lusso di concludere con ottime smorzate, come se il “talento predestinato” fosse stato lui e non il bulgaro.
Una dimostrazione fantastica, da manuale, di un “teorema del tennis” fondamentale: tu puoi anche colpire e giocare in modo eccezionale, anche tanto più di me, ma se non te la faccio toccare da comodo praticamente mai, qual è il problema?
Il problema successivo per il “professore di tattica” David, ai quarti di finale, è stato ancora più complesso: il signor Rafael Nadal, sul suo campo preferito, nel torneo che ha vinto otto volte.
Contro il maiorchino, sulla terra battuta, tirare e aggredire sistematicamente non funziona (se non hai nel braccio le catenate di un Soderling, una cosa è il gioco di contenimento di Dimitrov, ben altra è quello di Rafa), così come lasciare l’iniziativa a Nadal e scegliere di contrare e difendersi significa semplicemente andare in affanno palla dopo palla, seppelliti dai topponi di dritto.
Ma “Ferru”, manco a dirlo, estrae dal cilindro il piano “C”. E trasforma la partita in un’esercitazione sulle geometrie di palleggio, all’80% di velocità per trovare percentuale e profondità piuttosto che vincenti, il cui scopo è tirare il più vicino possibile alla riga laterale dal lato del rovescio di Rafa. Sistematicamente, su ogni punto, e spezzando l’assedio sulla diagonale destra/lungolinea sinistro solo qualche volta, con attenzione e nei momenti giusti, affondando dal lato scoperto del dritto del maiorchino.
Il risultato è stato un Nadal inchiodato nell’angolo di campo che predilige di meno, sempre sotto nel punteggio per tutto il primo set, che alla fine ha ceduto di testa (e destabilizzare psicologicamente un tipo come Rafa è impresa alla portata di pochi) mollando il tie-break senza lottare.
Nel secondo parziale, stessa storia, e ancor maggiore sofferenza per Nadal, andato sotto di due break prima di cedere 6-4. Impresa pazzesca per David.
Tecnicamente, è stato notevolissimo il modo in cui uno come Ferrer, soprannominato “Mr. Cross-court backhand”, ha saputo adattarsi alle esigenze tattiche giocando la stragrande maggioranza dei suoi rovesci in lungolinea, disposto a tutto pur di non consentire all’avversario di scatenare le sue proverbiali sequenze di drittoni. E non appena si apriva, grazie al martellamento sul rovescio di Rafa, uno spazio per aggirare la palla e mollare il suo sventaglio a uscire, David ha saputo piazzare le pallate che servivano. Senza esagerare, con sicurezza e autorità. Un match perfetto.
Esemplare.
One-Handed Backhand appreciation corner
Come in Australia, anche all’esordio sull’infida terra rossa le Leggende Rossocrociate si presentano entrambe in semifinale: la Luce a una mano, per ora, splende brillante su Montecarlo. Stan-the-Man e il Vecchio Jedi Roger affronteranno due Nemesi Bimani estremamente pericolose, ma la saldezza della Fede e della presa Eastern non dovrà vacillare.
Merita un elogio, in conclusione, il Guerriero Iberico Guillermo: quasi in sordina, ma levando in alto con orgoglio il finale del suo rovescio monomane, è arrivato ai quarti e si è permesso il lusso di spaventare il Cavaliere Serbo favorito del torneo. Oltre che agli Eroi Leggendari, l’eterna lotta contro la barbarie bimane deve, e dovrà sempre molto, agli Intrepidi Scudieri di seconda fascia che con coraggio si battono partendo dalle retrovie, senza rinunciare a lasciar andare il braccio verso il cielo, e rinsaldando la Speranza nei nostri cuori.