TENNIS – La professoressa Marcella Marcone, autore de “Il tennis sul Divano”: “Va colta la sofferenza di un ragazzo consapevole del male che si sta facendo con certi comportamenti. Criticarlo non lo aiuterà a crescere, ma un aiuto professionale sì”. “Ma siamo sicuri che voglia essere aiutato?”
Buongiorno dott. Scanagatta,
sono Marcella Marcone, uno degli autori di Tennis sul divano. Dal momento che in passato mi ha offerto di collaborare con Ubitennis mi permetto di inviarle poche righe relative al “caso Fognini”.
Si tratta di considerazioni sorte ieri guardando il match dal vivo e rafforzate dalla lettura dei commenti odierni.
Ovviamente il modo di vedere la situazione da parte di una psicoanalista si discosta da quella di un tecnico o di un appassionato di tennis, anche se costoro giustamente sottolineano quanto improduttivo e nefasto per l’ immagine sia il comportamento di Fabio. A me suscita una domanda che privilegia l’uomo rispetto al giocatore: che ne sarebbe di questo ragazzo se non potesse sfogare in modo così plateale e tennisticamente masochistico il suo vulcano interiore quando all’improvviso entra in eruzione?
Come ogni persona normale anche Fabio deve avere molti conti da risolvere con il suo passato, fantasmi che investono situazioni dell’attualità con una intensità più o meno difficile da tenere sotto controllo. Cercare di imbrigliarli attraverso comportamenti socialmente (e tennisticamente) accettabili non ne diminuisce la carica energetica che li alimenta, che nasce lontano dal presente e che ad esso si lega grazie a sofisticate e impercettibili corrispondenze, che solo un lavoro iprofondo su di sè permette di scoprire e di liquidare.
Di questa situazione credo che vada colta soprattutto la sofferenza di un ragazzo intelligente, talentuoso, sicuramente consapevole del male che si sta facendo con certi comportamenti, ma costretto ad arrendersi a demoni feroci e implacabili.
La critica, peraltro inevitabile e scontata, non lo farà migliorare, non lo farà crescere, mentre l’aiuto dato professionalmente da chi è solito scandagliare le profondità della mente umana potrebbe permettergli di vivere con maggiore serenità e di ottenere nel tennis i risultati che il suo talento gli consentirebbe.
Ma c’è da chiedersi se vorrebbe davvero essere aiutato, visto che il principale artefice del cambiamento non può essere che lui stesso.
Nota di Ubaldo Scanagatta:
Ovviamente la dott.Marcone, è stata da me interpellata per darci un suo parere su questo caso di cui si è tanto discusso nei giorni scorsi. E’ probabile, conoscendo un po’ la famiglia Fognini e le reazioni del clan, che giudicheranno questa iniziativa che è anche certamente “giornalistica” una intromissione nella loro vita privata, ma come avete visto anche su altri giornali un minimo di approfondimento “psicologico” su quanto accade ai personaggi pubblici, e i campioni di tennis lo sono, rientra mediaticamente nella norma. Quindi nessuno si scandalizzi. Oltrettutto la dottoressa Marcone, anche per avere scritto un libro proprio su argomenti connessi al tennis e alla psicologia, mi sembrava la persona più adatta per affrontare un argomento del genere e la ringrazio del contributo e della disponibilità. Di mio voglio però aggiungere un pensiero che mi aveva già attraversato quando si erano insinuati in me alcuni dubbi. Mi riferisco ad Andreas Seppi e alla sua precedente..gestione familiare da parte dei coniugi Sartori, lui coach e lei preparatrice atletica (mi par di ricordare).
Tutti sembrano aver accettato tranquilllamente il fatto che oltre ad aver ingaggiato Josip Perlas, come allenatore, Fabio si consulti spesso anche con la signora Perlas per quanto concerne l’approccio psicologico al tennis e, questo non lo so per certo, anche ad alcune particolari situazioni, particolari match, particolari avversari e momenti.
Chiaro che niente impedisce di scegliere come psicologa, come preparatrice atletica o altro la moglie del proprio coach, ma che succede se per caso i rapporti fra atleta e coach si deteriorano? La psicologa aiuterà l’atleta a superare le frizioni eventualmente esistenti, perchè c’è anche il lavoro del marito che ne è coinvolto. E riuscirà a spersonalizzare completamente i propri suggerimenti? Questi miei dubbi vanno assolutamente al di là della persona Fognini e della persona Perlas (intendo la signora che nemmeno conosco e quindi può essere la migliore psicologa del mondo), è più un discorso di carattere generale quel che sto affrontando qui. E non ho nemmeno delle risposte certe a questi miei dubbi. In linea di massima credo che quando si ha un rapporto di lavoro con una persona sarebbe meglio – anche se non semrpe più comodo – non averlo anche con il coniuge, perchè può essere che con uno dei due le cose filino sempre bene e con l’altro no, e la cosa può diventare imbarazzante anche per quello con il quale filano bene. Proprio ieri riflettevo ad un altro caso simile, dopo l’intervista fatta e pubblicata in audio con Dodo Artaldi, il manager (e amico) di Novak Djokovic. Anche la compagna di Dodo lavora, occupandosi prevalentemente ma non solo della parte logistica che riguarda tutta l’equipe al seguito di Novak, per Djokovic. Ed è certo bravissima. E avere due persone dello stesso gruppo familiare consente certe sinergie sicuramente favorevoli. Ma, anche qui, premesso che secondo me l’aspetto psicologico ha sue caratteristiche particolari e più coinvolgenti e pregnanti, il dubbio che situazioni del genere possano anche presentare delle controindicazioni mi è venuto. Voi che ne pensate?
Marcella Marcone