TENNIS – “In cerca di Federer e Nadal, ho scoperto Wawrinka”. Le impressioni e gli aneddoti della prima esperienza da inviato per Ubitennis a Montecarlo. Una settimana a dir poco sui generis, lavorando (si fa per dire) 12 o 13 ore al giorno senza avvertire la fatica, o quasi…
Il torneo ATP Masters 1000 di Montecarlo, conclusosi domenica con la vittoria di Wawrinka su Federer, è stata la mia prima personale esperienza come inviato in loco di Ubitennis. Un’esperienza strepitosa, un tassello indimenticabile della mia vita, che costituirà fonte di ricordi e storielle con le quali esaspererò negli anni a venire amici e conoscenti, e non potrebbe essere diversamente! Un’intera settimana immerso nel giornalismo con la G maiuscola, come un professionista navigato (anche se non so se il Direttore sarà d’accordo…), io che di mestiere faccio tutt’altro, ossia l’ingegnere.
L’inizio dell’avventura, domenica 13 Aprile, è costituita da un lungo viaggio in macchina, tra Ferrara e Roquebrune-Cap-Martin (lì si trova infatti il Country Club, attaccato al Principato di Monaco ma di fatto fuori dai suoi ristretti confini), costellato da entusiasmo, incredulità, timori, ansie: “Ma sta succedendo davvero? Andrà bene? Saprò essere all’altezza? Il Direttore si ricorderà che è il mio esordio o avranno ragione tutti quelli che me l’hanno descritto (senza fare nomi, non sono mica un infame…) come tanto sorridente e gradevole tra amici quanto severo ed esigente sul lavoro?”. All’arrivo, parcheggio non senza difficoltà e ottengo il pass come giornalista accreditato: è il passepartout magico per tutti i campi, per la sala stampa con vista mozzafiato sul Court Central, per l’attigua sala destinata alle conferenze stampa dei giocatori: “Ma allora sta accadendo davvero!”.
Il debutto è dei più morbidi, grazie all’incontro con la più esperta collega Laura Guidobaldi, la migliore compagna di viaggio per dolcezza e aiuto per chi è il più novellino tra i novellini. Davvero non poteva cominciare meglio: un giorno e mezzo di rodaggio con la più serena e gentile delle guide, lontano dalle grinfie del Direttore, al riparo dalle sue possibilissime strigliate!
Lunedì assisto all’esordio del nostro Fabio Fognini contro il portoghese Joao Sousa. Accedo alla tribuna stampa del Centrale, ormai sono senza freni, faccio pure il difficile: “Mah, non si vede certo male ma mi aspettavo di meglio: quelle maledette ringhiere riducono la visuale!”. Durante il match, che sembra volgere al peggio per Fabio, sento i contenuti ma dolenti lamenti di una voce nota, mi giro: è Lea Pericoli, la Signora del tennis italiano! La presentazione è d’obbligo, lei risponde cortesissima. Al mattino avevo incrociato nientemeno che Braccio d’Oro, Paolo Bertolucci, ora voce di SKY, anche lui sorridente e gentilissimo. Tutta gente ammirata solo in tv, ora siamo amici (vabbè, concedetemelo…).
Scampato il pericolo per Fogna, prima che il match finisca fuggo in sala stampa per scrivere il prima possibile il pezzo di cronaca, poi a metà m’interrompo perché hanno annunciato l’arrivo del numero 1 azzurro. Sarà così tutti i giorni: match dal vivo, appunti, corse, cronache, conferenze stampa. Il tutto in uno dei templi del tennis più esclusivi, una location da film, con i giocatori più forti del mondo: una meraviglia! Tra l’altro a Fabio, sempre lunedì, faccio pure una domanda: “Affronterai il vincente di Bautista Agut – Pospisil, chi preferisci incontrare?” Non c’è che dire, un quesito corrosivo e penetrante, da premio Pulitzer…
Martedì ci raggiunge il Direttore, salutato da tutte le mie paure di cui sopra (non sono propriamente un cuor di leone…), ma le cose continuano ad andare bene, i miei pezzi sono apprezzati, i suoi consigli preziosissimi, una scuola di giornalismo. Tutto fila liscio, fino al giorno di Fognini-Tsonga, il match clou di giovedì, che seguo per la prima volta a fianco di Ubaldo. “Bravo, vedo che sai tenere bene i punti, hai imparato accuratamente il metodo Tommasi!”: un altro complimento incassato, va alla grande, autostima a mille!
Poi il dramma, inatteso e travolgente. Il match sta volgendo al termine, Fognini è completamente partito di testa ed è sotto 4-0 nel terzo, dopo aver giocato per quasi due set un tennis fantastico (non ho difficoltà a dirlo: è stata la partita più bella cui ho assistito, meglio anche della finale o del classico Roger contro Nole in semi). Scanagatta mi ordina di correre a scrivere la cronaca, eseguo diligentemente (avevo forse alternative?), poi pochi istanti prima dell’arrivo del giocatore di Arma di Taggia in conferenza stampa, raggiungo il creatore di Ubitennis, che in quel momento di tempo da dedicarmi ne ha davvero poco: “Scusami Ubaldo, ma mi è un po’ sfuggito il momento decisivo del match, quando il giudice di linea ha chiamato out in ritardo il servizio di Fognini su palla break per Tsonga”. Lo sguardo del Direttore si fa truce: “Fabio serve sulla linea, Tsonga risponde alto e corto, l’italiano sta per chiudere una comoda voleè, quando il giudice di linea chiama out il servizio, sbagliando. Fabio chiede il punto lo stesso, ma il giudice di sedia lo fa ripetere; se lo aggiudica il francese, l’italiano s’incazza e da lì perde la testa. Chiaro?”. Peccato che la sua occhiata e la fretta di entrambi mi avevano fatto andare completamente nel pallone: “Ma allora Fognini ha giocato la seconda di servizio?” – “Macchè seconda! La palla era buona, il giudice di sedia ha corretto l’altro, chiaro ora?”. Comincio a sudare freddo, la vista si annebbia, le ginocchia stanno per cedere: “Ehm… perdonami, ma non ho capito”, gli sussurro con un filo di voce. “Ruggero, è impossibile che tu non capisca! Allora, per l’ultima volta: Fabio serve sulla linea, …” e tutto il resto. Finalmente ho realizzato, non era difficile. “Ora vai a scrivere, sparisci!”. Giro i tacchi mentre entra Fognini e a vedere le nostre facce non si capiva chi dei due stava messo peggio… Finita la conferenza stampa, Ubaldo mi raggiunge: “Mi spiace essere stato un po’ duro prima!” – “Nessun problema Direttore, tutto ok”. Ero ormai stato sverginato…
Venerdì grande giornata (ma lo sono state tutte), con al mattino la colazione (le petit déjeuner) offerta alla Stampa sulla terrazza del Villaggio VIP, e la sera cena di gala al Montecarlo Bay Hotel: in questa occasione mi ritrovo seduto al fianco di Gianni Clerici, lo Scriba in carne ed ossa: “Piacere di conoscerLa, dottor Clerici, non son degno!” – “Ma smettila, e dammi del tu!”, mi risponde lui sorridente, cominciando i suoi racconti, talmente esilaranti e compromettenti che preferisco non riportare… Champagne, pesce, altre delizie, poi uno spettacolo di maghi, equilibristi, mimi e ballerine. Niente al confronto di quello che avviene dopo, quando tutti si scatenano in balli senza freni, con Clerici mattatore a 84 primavere: deve aver fatto un patto con Satana, non ci sono altre spiegazioni!
La mia avventura si conclude lunedì mattina, col viaggio di ritorno onorato (o forse esasperato…) della compagnia di Ubaldo, tra diverbi di opinione su chi sia infine meglio tra Federer e Nadal (“Per me Roger è il GOAT, invece so bene che tu sei Nadaliano, Direttore, ammettilo una volta per tutte!” – “Nient’affatto, non sono più per uno che per l’altro, non me ne frega niente!”, per poi tradirsi qualche minuto dopo per ciò che concerne la diversa personalità fuori dal campo: (“Una differenza fra i due è che Nadal si preoccupa di dar sopratutto risposte intelligenti anche se talvolta discutibili, mentre Federer predilige comunque quelle politically correct che non gli creeranno mai né una critica né un problema…”), racconti del nostro passato (così diverso eppure così comune nell’amore per il tennis e lo sport) e un finale romanticamente sublime, con io e Ubaldo che cantiamo insieme sulle note di “Blowing in the wind”, prima dell’arrivo alla stazione di Bologna, dove le nostre strade si separano.
La mente corre allora, inevitabile, alla torrida estate del 2000, quando dopo un esame di maturità scientifica superato brillantemente, mi chiedevo (senza avere più molto tempo per rispondermi) cosa avrei fatto nella vita, il campo nel quale avrei potuto ricavare le migliori soddisfazioni e al contempo la sicurezza economica. Quale facoltà universitaria mi avrebbe dato le maggiori garanzie per tutto questo? La passione per la matematica mi spingeva verso Ingegneria, quella viscerale per lo sport verso qualcosa, non ben chiaro nella mia testa, che mi avrebbe permesso di diventare giornalista sportivo. Ebbene, dopo un inizio di carriera da ingegnere avara di soddisfazioni e quattrini, ma soprattutto dopo questa fantasmagorica esperienza, mi volto indietro ai tempi di quella famigerata decisione e mi dico, col maledetto senno di poi: “Bravo, complimenti davvero: scelta azzeccatissima!”. Meno male che l’evasione di Ubitennis ha lenito questo dolore … anzi no, non ha fatto altro che accentuarlo, maledizione!
Non resta che farmi buddhista: se hanno ragione loro, posso sempre sperare nella metempsicosi… Nella mia seconda esistenza, ammesso che non mi reincarni in un ornitorinco, non avrei più dubbi su cosa scegliere. Allora sì che, dopo un centinaio di Slam da inviato, raggiungerei il mio personalissimo Nirvana. Come ama dire Rino Tommasi sulla sua professione: “Sempre meglio che lavorare!”.