TENNIS LAVAGNA TATTICA – La precisione chirurgica del lungolinea di rovescio di Simona Halep e la sontuosa partita di Caroline Garcia contro “la maga”. Due belle realtà tecniche del tennis femminile.
I lungolinea di Simona
La capacità di variare durante gli scambi in pressione da fondo sulle diagonali, uscendo in lungolinea, è una delle situazioni di gioco più difficili e delicate nel tennis moderno. Se si è tanto solidi e potenti sul palleggio in cross da costringere all’angolo l’avversario, ottenendo in premio una palla più corta e facile da gestire, a livello professionistico la botta risolutiva non viene sbagliata quasi mai.
Ma la vera differenza la fa il riuscire a piazzare il lungolinea anche quando l’avversario non è stato sbattuto fuori dal campo, e la palla che si aggredisce non è lenta o corta: quella è la vera variazione, che scombina le carte dello scambio in modo inaspettato, e se ben eseguita (ovvero precisa, veloce e profonda, altrimenti si è aperto il campo all’altro e sono guai) mette immancabilmente in enorme difficoltà chi la subisce. Il fatto che se ne vedano percentualmente poche, rispetto al totale dei colpi, anche ai massimi livelli del nostro sport, è una riprova di quanto estrema e complicata sia tale esecuzione.
La rumena Simona Halep, durante il quarto di finale nel quale ha surclassato (6-2, 6-2) Ana Ivanovic, ha letteralmente dato spettacolo con un saggio di balistica e geometria fantastico, seppellendo la serba di vincenti tirati a ripetizione proprio in lungolinea, soprattutto con il dritto.
Tecnicamente, aprire con il dritto per tirare esterno durante uno scambio in diagonale presenta, come già analizzato, grandi complessità biomeccaniche e di timing, ma soprattutto è davvero difficilissimo riuscirci mascherando a sufficienza le proprie intenzioni: non verrà mai abbastanza sottolineato il concetto, fondamentale, che nel tennis avere uno o più colpi non leggibili e che non danno segnali all’avversario, impedendogli l’anticipazione motoria, è molto (ma molto!) più importante che essere semplicemente capaci di tirare forte.
Simona, con una continuità impressionante, è riuscita a piazzare una tale sequenza di vincenti lungolinea con il dritto da disinnescare completamente Ana proprio sulla sua diagonale prediletta, quella destra. Non è la prima volta che glielo vedo fare, anche contro Radwanska in semifinale a Indian Wells aveva impostato il match cercando ripetutamente quelle traiettorie, ma la “Maga” con una prestazione di altissimo livello tecnico e soprattutto atletico era riuscita a contenerla.
La Ivanovic colpisce bene, e colpisce pesante, ma non può nemmeno essere paragonata a Radwanska in termini di footwork, lettura dello scambio e copertura del campo. Di conseguenza, quando la Halep, con aperture estremamente contenute, gesti rapidi, movimenti leggeri e aggiustamenti della postura (l’inclinazione del compasso busto-spalle specialmente) assolutamente composti e impossibili da interpretare, ha cominciato a mollare i lungolinea in modo improvviso e con ottime percentuali, per la serba è stata notte fonda. Per Simona, la partita tatticamente perfetta.
Geometra.
Lo spettacolo a tutto campo di Caroline (e Agnieszka)
55 vincenti. Ripeto, 55 vincenti. Sono quasi due a game di media. Sulla terra rossa. La WTA, purtroppo, e probabilmente a causa del fatto che nel tennis femminile sono valori tanto marginali da non essere considerati determinanti, non fornisce i numeri e le percentuali delle discese a rete, ma a occhio siamo come minimo sulla trentina, con percentuali di realizzazione assolutamente positive.
Questo è stata capace di fare la ventenne francese Caroline Garcia contro Agnieszka Radwanska, che per inciso ha dovuto mettere in campo il meglio di sé per riuscire a vincere di un’incollatura (6-4, 4-6, 6-4) e conquistarsi la semifinale. E ricordiamoci che Aga è una capace di affrontare e far diventare matte le migliori picchiatrici del circuito, interpretando in modo magnifico un tennis d’incontro, precisione, rapidità di gambe, variazioni con tutte le rotazioni e tocchi vellutati. Manina d’oro, e terza posizione mondiale strameritata.
Davanti a un’avversaria del genere, Caroline si è tranquillamente messa lì, ha prodotto il suo gioco di rischio e attacco costanti dall’inizio alla fine del match, e se non ha vinto è stato per non più di due-tre palle che sono girate a favore della centratissima polacca. Serena a parte, non so davvero in quante avrebbero potuto impegnare a tale punto la Radwanska versione “di lusso” di ieri.
La Garcia, che sembra davvero matura per il salto di qualità definitivo verso i piani alti della classifica, è a mio avviso una dei giovani prospetti più validi, interessanti e divertentissimi da veder giocare, ben più della ottima ma “standardizzata” Bouchard, della ancora troppo altalenante Muguruza, e anche della nostra Giorgi, che potrà certamente diventare forte ma gioca (benissimo) come tutte le altre: botte da orbi con i tre fondamentali, e a rete ci si va a stringere la mano all’avversaria. Scuola Azarenka-Sharapova, insomma, e non che ci sia nulla di male, però vedere una giovane emergente per la quale l’aggressione in verticale e le chiusure a rete non sono estemporanee ma parte integrante degli schemi tattici è una boccata d’ossigeno.
Caroline ha davvero un bel fisico da tennis, alta ma non troppo, potente senza perdere elasticità e rapidità negli spostamenti, tre fondamentali eccellenti, e soprattutto un’attitudine al gioco di volo che appare innata, e che se non c’è è difficilissima da allenare e rendere automatica. La Garcia non va avanti a chiudere punti quasi fatti da concludere con gli schiaffi al volo, ma cerca con continuità gli attacchi anche sull’uno-due, spesso accettando di sfidare i passanti avversari, e con ottime volée i quindici se li costruisce e se li conquista. Servizio pesante e piazzato, dritto o rovescio in anticipo, proiezione a rete rapidissima con split-step molto avanzato, volée. Questo è lo schema tattico preferito della francese, e di questi tempi è veramente raro da vedere.
Contro la “Maga”, il risultato è stata una delle partite migliori dell’anno finora, con entrambe le giocatrici che hanno espresso il meglio del proprio bagaglio tecnico: e se la Radwanska al suo top sappiamo già quale spettacolo di talento e tocco di palla sia in grado di offrire, il valore aggiunto, e la graditissima sorpresa, è stata la sua giovane avversaria, che se la è giocata a tutto campo e a viso aperto fino in fondo.
La rivedremo.
One-handed backhand Appreciation Corner
Ed è la Fine: l’oscurità è scesa su Madrid, ma ce lo aspettavamo. L’Ultimo Eroe Feliciano ha dovuto soccombere, lasciando alla mercè delle orde bimani un torneo che già era iniziato male per la One-Handed Band, privata dei suoi rappresentanti migliori fin dalle prime fasi.
Nel chiudere anzitempo questa sotto-rubrica, facciamo un bilancio di quanto avvenuto finora nei primi 5 grandi tornei dell’anno: Australian Open e Montecarlo gloriosamente illuminati dalla Luce a una mano, Indian Wells difeso fino all’ultimo, Miami e Madrid ceduti al Buio e alla barbarie.
3 a 2 per le Nemesi Bimani, ma dato il superiore peso specifico dello Slam, direi che siamo sostanzialmente in parità. Sarà necessario limitare i danni a Roma e a Parigi, sull’infida terra rossa che poco si addice alle accelerazioni tirate con presa Eastern, per poi scatenare il talento dei Guerrieri del Bene sull’erba e sul cemento. La battaglia entra nel vivo: che la Forza sia con noi.