TENNIS – Quest’anno si deciderà quale sarà il torneo fra Roma e Madrid che diventerà di fatto il mini Slam sul rosso pre Roland Garros. Madrid reclama il ruolo ma altrettanto fanno gli Internazionali d’Italia che per l’edizione 2014 hanno confezionato una location e dei servizi ancora migliori rispetto alla passata edizione. Madrid, e Ion Tiriac, sono avvisati. L’intervista del 2013 di Ubaldo Scanagatta a Ion Tiriac a Parigi.
Avete presente cosa voglia dire giocare al Foro Italico, nella città più bella del mondo? Gli Internazionali d’Italia migliorati moltissimo anno dopo anno e crediamo veramente che meritino di diventare il quinto Slam. Siamo vecchi frequentatori del Foro Italico e ci ricordiamo dei tempi in cui Internet si chiamava forse ancora Arpanet, e l’unica maniera per controllare i risultati dei propri beniamini tennistici era quella di girare campo per campo, oppure ritrovarsi sotto al tabellone gigante nel viale principale, osservando gli addetti che aggiornavano manualmente il tazebao tennistico. Parliamo di vent’anni fa e non c’erano livescore o roba simile. Ma era sempre grande tennis. Allora bastava la cornice più bella del mondo per rendere eccezionale il torneo. Oggi, il Foro Italico oltre al verde degli alberi e al bianco dei marmi che circondano l’area, si è rifatto il trucco. Ogni area della zona questa volta è occupata a dovere, vuoi per comodità, vuoi per marketing, vuoi per lo svago dei più piccoli e perché no, anche per il comfort degli appassionati. In più tre campi da tennis nuovi di zecca, con out ridotti, dove ci si può appoggiare alla balaustra e ammirare Djokovic che colpisce di rovescio come se si stesse guardando il torneo sociale nel proprio circolo.
Quanti ricordi rimettendo piede al Foro Italico. Da ragazzini si arrivava rigorosamente con i mezzi pubblici, con lo zaino armati di panini e acqua e col ritaglio del giornale sportivo di preferenza che serviva per avere orientamento nei campi del ground, nello stadio della Pallacorda (poi divenuto Pietrangeli) e nel centrale. Il fogliettino spiegazzato era la guida della giornata, lo si estraeva e lo si riponeva con cura perché perso quello c’era solo da camminare parecchio o chiedere informazioni a chi usciva dal campo. Niente a che vedere con gli usi di oggi, quando una qualsiasi app, o un qualsiasi uso del social network che si frequenta, basta ad avere in un secondo tutte le informazioni del caso. Una prova? In sala stampa ieri Gianni Clerici era interessato alle sorti dell’italo-kazako Andrey Golubev, impegnato nelle qualificazioni. Vistomi uscire verso i campi (ma non in direzione dei lontani campi ground dalla sala stampa dove stava giocando Golubev) rivolge parola al vostro cronista chiedendo se di ritorno dai campi potevamo aggiornarlo sul risultato. Al sottoscritto è bastato sguainare lo smartphone, strofinare con sapienza le dita sullo schermo touch e informarlo quindi dopo pochi secondi che Golubev stava vincendo il suo match. È il progresso, bellezza.
Anni fa c’erano pochissimi stand per mangiare, e la fila per questi era lunghissima. C’era Spizzico e l’Algida, “templi” del salato e del dolce rispettivamente, presi d’assalto vista l’esiguità degli stand gastronomici. E c’era il Bar del Tennis, prospiciente, nella sua estensione ristorante per giocatori, su campi da tennis dove si sono consumate autentiche battaglie. Oggi invece c’è il meglio della romanità culinaria. C’è lo stand dei “Trapizzini”, una leggenda a Roma a cura del responsabile della pizzeria Tonda, una delle migliori della Capitale, che ha brevettato la pasta fritta della pizza ripiena di parmigiana di melanzane, zucca e pecorino, polpette al sugo e altro ancora. Una prelibatezza da provare assolutamente. Lo stesso dicasi per Pizza e Mortazza, stand il cui nome spiega ampiamente sul fine e che troverete facilmente osservando la lunga fila davanti al bancone. C’è lo stand del grill, c’è il ristorante per chi vuole sedersi e rilassarsi, ci sono gli Hot Dog per gli amanti del junk food e c’è W.O.K., World Oriented Kitchen, per gli amanti dell’etnico. E poi c’è la gelateria Dolce, un nome che ovviamente ingolosisce ma che ogni romano amante del buon gelato conosce di già. Non mancano gli stand sportivi, Wilson, Australian, Lotto, Ellesse, Head, Dunlop e tanti altri dove acquistare i prodotti dei nostri beniamini e non mancano le aree per i bimbi dove divertirsi, fra cui un campo di paddle-tennis in sintetico blu dove si gioca con le racchette del beach tennis. Praticamente impossibile trovarlo libero, c’è da fare la fila se si vuole sfogare l’eccitazione post match dei propri idoli.
Tifare gli italiani all’epoca significava tifare Diego Nargiso, Omar Camporese, Stefano Pescosolido, Cristiano Caratti, Paolo Cané ma a Roma, soprattutto tifare Claudio Pistolesi. Un guerriero che entrava nell’arena, che non aveva paura se opposto ad André Agassi o ad Aaron Krickstein (match entrambi persi al terzo). Il tifo dei romani per Pistolesi che prendevano d’assalto i campi secondari per sostenerlo andava al di là del consentito nello sport dei gesti bianchi. Urla, sfottò e altro ancora. Il tifo sfrenato si sostituiva al rovescio malandato di Pistolesi e più volte gli consentiva di vincere con chi era più forte di lui o di vendere cara la pelle di fronte ai campioni. All’epoca l’Italia aveva molti tornei (Firenze, Bologna, Milano, Bari oltre che Roma giusto per citarne qualcuno) mentre oggi se vuoi vedere i campioni in Italia bisogna fare tappa nella Capitale. L’ascesa di Fabio Fognini ci ha ridato finalmente un giocatore capace di primeggiare, specie sulla terra battuta, e quindi fa bene al movimento, fa bene al torneo e fa bene alla biglietteria. Fognini è atteso da una grande prova a Roma, deve superare nel ricordo dei romani la strepitosa performance di Volandri nel 2007, capace di raggiungere la semifinale eliminando Berdych, Gasquet e Federer prima di cedere a Gonzalez.
Ma Roma non era, e non è, solo tennis e gastronomia. Dai tempi dell’Italia dei “nani e delle ballerine”, dove se contavi o volevi metterti in mostra dovevi troneggiare nella terrazza del Villaggio Vip. E pazienza se poi la sera durante i presunti ritrovi del jet-set locali ti imbattevi (ci è capitato) in personaggi tutt’altro che “molto importanti”, ma incrociavi perlopiù i classici amici degli amici, imbucati grazie al solido lavoro di persuasione ai cancelli. Quest’anno non esiste più roba del genere. Quest’anno la notte al Foro Italico vive nella “Ballroom”, una enorme palla che al calar del sole promette di regalare esperienze uniche. Niente più code per lunghi biglietti quindi ma biglietti da acquistare (15 euro il costo) ed entrata col braccialetto senza fare la fila. Modernità, anche qui.
Un torneo quindi di prim’ordine, lo avrete capito. Ci sono molti fan di Roger Federer che sui vari social network dicono che il torneo del Foro Italico senza Federer non sarebbe tale. Si sbagliano, e di grosso. Roma, e quindi gli Internazionali d’Italia, splendono di luce propria. E chi non è qui non lo può capire.