TENNIS FOCUS- Dalle pagine dell’Herald Scotland, le toccanti parole di Julie Gordon, allenatrice di tennis di successo a Glasgow. “Il tennis può dare una svolta alla vita dei bambini” ma la vita non è solo tennis. “Vanno aiutati nella ricerca della migliore parte di sè”.Un Masters per i minorenni: un’idea che sa di rilancio
I tabloid inglesi li conosciamo tutti. E’ caccia alla notizia, alla star, al personaggio sopra le righe. Se si parla di tennis, Andy Murray è per loro già un metro di valutazione, va imitato, va superato ed è dunque caccia al suo successore, senza mezzi termini.
Julie Gordon invece la conoscono in pochi. Ma i molti che non sanno nulla di lei dovrebbero fare ammenda. Ha 38 anni, di cui 20 spesi per la predilezione di una vita: il tennis. E’ coach per vocazione perché ha la passione di migliorare il prossimo, ma ama guardare l’orizzonte degli eventi per scorgere il nuovo che avanza prima degli altri. Aiuta a migliorarsi ma crede fortemente in chi ha smesso di credere in se stesso: il suo lavoro presso il Western Health dell’Hyndland, nell’area residenziale di Glasgow, è volto al perfezionamento della tecnica nei bambini, ma come intuibile, il suo lavoro non è limitato a produrre un nuovo campione di Wimbledon. E’molto più ambizioso.
“Credo che la mia attività possa recare un dono molto prezioso ai bambini. Trarre piacere dallo sport per tutta la vita, perché questo è un gioco ove si può giocare a qualsiasi età. Il venerdì ad esempio abbiamo gli 80enni che vengono insieme a giocare e deve essere di grande esempio per i più piccoli. Loro hanno una vita davanti, facciano tesoro dei segreti dei più esperti.” Così comincia la Gordon, intervistata per le pagine di Herald Scotland.
Accattivante come pochi, brillante come i vincenti, sagace, persino arrogante, ma solo apparentemente perché è umile nell’indole ed è una generosa; Gordon quando parla dei suoi bambini mostra tutto questo in poco tempo, è limpida e ama davvero il suo lavoro. Perché non è un lavoro, ma uno stile di vita. Scott Drennan è un bambino di 9 anni, come centinaia nel Club di Gordon, ed è stato selezionato precipuamente dal coach. Lo ha visto tra tanti, lo ha voluto allenare in prima persona, gli ha fornito le attrezzature e le conoscenze.
“Non c’è un’età per diventare completi. I rudimenti possono essere insegnati da subito e si può già lavorare per essere al Top. Non bisogna aspettare il Nadal di turno per spostare l’asticella del campione ad un’età sempre più giovane. Scott è una vera stella per la sua età e ha subito mostrato le sue capacità, ha coordinamento e competenze di base e già dopo un anno che era arrivato qui, era in grado di partecipare a diversi tornei qui al club. Quelli come lui, possono prescindere dall’allenatore, ma qualunque cosa accada, nel bene e nel male, è importante che non smetta mai di credere in se stesso. A prescindere dal tennis.”.
Al Western Health però si fanno le cose per bene e non solo a parole. Durante le partite, Gordon e i suoi amici provano a simulare ogni tipo di avversità da partita vera. L’atmosfera, la pressione e il coaching, auspicando in quest’ultimo caso che “in futuro si possa dialogare più apertamente con il proprio allenatore, durante ogni partita di tennis”.
“La maggior parte dei bambini gioca in palestre strette e su campi di badmington. Non è tennis, non è vero tennis. Qui è diverso, abbiamo fornito campi dalle dimensioni sufficienti cosicchè tutto sia il più realistico possibile. Quando i genitori portano i loro figli a visitare la struttura, devo fare loro un’offerta che non potranno rifiutare. Il tennis deve diventare accessibile e fondamentalmente occorre dare a tutti la possibilità di giocare, vanno aiutati, condotti, spronati, recuperati perché non mi accontento di giocatori d’elite, voglio di più. Voglio cambiare la mentalità dei timorosi, perché ogni bambino ha diritto ad essere felice e tutti devono poter essere artefici della loro vita, qualunque direzione anche non tennistica, prendano le loro vite. Noi abbiamo un grande bacino di utenza e abbiamo il dovere di provarle tutte per rendere vincenti i nostri bambini. Arrendersi è una sconfitta per noi, non per i bambini. E non parlo di tennis, parlo di vita”.
Gordon ha in mente di coordinarsi con la Lawn Tennis Association e la AEGON per fornire finanziamenti ulteriori e le attrezzature più importanti per “dare ai bambini la spensieratezza di giocare, senza cercare il modo di comprare le racchette” .
“Credo che lo sport mi abbia cambiato in senso positivo e voglio che anche altre persone ne possano condividere il significante. E’bello vedere bambini uscire da qui e diventare grandi campioni, ma è bello ancor di più vederli andare via uomini. Li vedo crescere con buone capacità di leadership e grazie allo sport, hanno competenze sociali e si creano un bagaglio empirico che si porteranno con loro per tutta la loro vita”.
Gordon si fa seria e impassibile, continua a spiegare nel dettaglio la sua attività. E’ talmente presa da non accorgersi delle persone che di li a poco la saluteranno, passando per i corridoi del club. Ha lo zelo del missionario, l’amore di una madre ed è fortemente grata e riconoscente nei confronti di coloro che hanno fatto crescere una stella del calibro di Murray.
“Molti dicono che i campioni sono tali alla nascita e in parte è vero. Ma senza un’adeguata corazza strutturata a più livelli tra la famiglia, gli amici e il proprio coach, molti bambini, potrebbero perdersi. E tanti si sono persi. Andy è un fenomeno, ma io sarei già orgogliosa di vedere i miei bambini felici e appagati per il solo fatto di giocare”.
Un’allenatrice, campi da gioco e la ricerca della stella. Ma non è il nuovo Andy Murray. O forse si, ma non è questo che importa. Ms Gordon è alla ricerca degli Scott Drennan perché credere in se stessi è la ricetta della felicità qualunque cosa accada. E la vita non è solo tennis.
“Personalmente mi sento molto fortunata. Fa parte del mio lavoro convincere le persone a concedermi il loro tempo e quello dei loro bambini. Io posso assicurare che sarà tempo ben speso”.