Schiavone da favola
Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport del 15.05.2014
Rieccola. Un quinto di vento di tramontana (che ha stravolto il Foro Italico), un quinto di sorteggio (che le ha proposto le ventenni Eugenie Bouchard e Garbine Muguruza), un quinto di esperienza (34 anni da compiere il 23 giugno), un quinto di qualità da terra rossa (trionfo al Roland Garros 2010 e finale 2011) e un quinto di vera Francesca Schiavone. E quindi condizione atletica, voglia, concentrazione, determinazione e irrefrenabili scariche d’adrenalina. E perciò cocktail di tutti i colpi del repertorio tennistico, con un affascinante tira e molla che abbatte anche la grande speranza di Spagna, Muguruza, dopo due set a senso unico, e un terzo equilibratissimo, e poi un tie-break in trance agonistica come ai tempi belli, con Franci» che salta come una rana, felice, e il pubblico impazzito. Così nostra signora dello Slam, l’unica azzurra capace di entrare nell’albo d’oro di singolare dei Majors e fino al numero 4 della classifica mondiale (il 31 gennaio 2011), riappare all’improvviso, da numero 61, sulla massima scena, agli Internazionali Bnl d’Italia, qualificandosi agli ottavi, dove incrocia la prima avversaria davvero difficile, Agnieszka Radwanska (3 della classifica), partendo dalle ultime 5 sconfitte consecutive nei testa a testa – e senza vincere un set – che segnano un solco chiarissimo con le prime 4 vittorie di fila della «Schiavo». Ombra Un’ombra che oscura solo per un attimo il sorriso raggiante della Schiavone: «Lei è molto molto solida. E ha le capacità, come Manina Hingis, di leggere la palla molto in anticipo, specialmente negli angoli, non a caso è 3 del mondo. Ha un timing incredibile, ci ho giocato su una superificie velocissima in Polonia, e so che per batterla bisogna essere veramente in condizione. Sarà difficilissimo però sono stracontenta di avere la possibilità di giocare un altro match qui a Roma». Quando gambe e cervello sono sincronizzate Francesca è un portento, ma finora aveva 9 ko al primo turno in 12 tornei: «Ho lavorato, sono qua, sto cercando di dare il massimo, sono salita un pochino di livello, faccio andare la palla un po’ di più, alla fine non è che ci siano segreti. Tutti sanno benissimo che si può migliorare con lavoro, disciplina, attenzione a quello che fai e cercare di restare concentrato». 11 tempo riporta indietro, come Siddharta, e Francesca è tornata alla nada Milano, da dove era partita per tentare la via argentina, poi quella spagnola, quindi per quella italiana (con Renzo Furlan prima e con Corrado Barazzutti poi): ora s’allena con l’ex azzurra, Laura Golarsa «Che crede in me e pensa che io abbia ancora molto da esprimere, e anche un nuovo preparatore atletico. E poi sono tornata a casa mia, ritrovando il calore dei miei genitori. Mi sento coccolata e protetta. Più tranquilla. Lo definirei un nuovo inizio». oggi e domani Francesca si guarda indietro: «Sicuramente non sono la persona di 2, 4, 8, 10 anni fa. Quando cresci con gli anni sei molto più consapevole, fai delle scelte ragionate, o le fai tu o non le fa nessun altro. In questo periodo sto cercando di fare le scelte migliori per me, per il mio tennis, per restare a galla in una situazione che oggi mi è favorevole. Vivo giorno per giorno e questo vale anche per la vita dove puoi incontrare delle difficoltà ma anche delle discese. Questo è un momento favorevole e oggi mi godo questo momento». Francesca si cerca in un’altra Schiavone: «Tra le nuove, mi piace molto la Garcia, ha tutti I colpi, è molto attenta, con quegli occhi ben aperti, mi ci rivedo un po’. Anche se è molto più avanti di quanto fossi io all’età sua». Francesca, oggi, contro Aga Radwanska, ha bisogno della vecchia Francesca.
Ciao Federer, distratto dai suoi gemelli
Gianni Clerici, La Repubblica del 15.05.2014
Alle quattro e un quarto sto fendendo la folla dei colleghi che si affrettano verso la conferenza stampa di Federer. Ultimo tra loro, certo di contraggenio, ecco il mio collega Stefano Semeraro. «Cosa ne dici» gli chiedo. «Quel che mi ha detto Federer. Riparto». Spero si apprezzi qualcosa che, forse, non apparirà sulla Stampa. Continuando il mio cammino aritroso dal Centrale, che chiamerò d’ora in poi L’Innominato, mi imbatto nel mio collega dell’Equipe Vincent Cognet..Mes compliments» inizio. E lui: .Chardy? Toujour le mème». Sempre lo stesso*. Mi ricordo che fu proprio il collega a parlarmene, in un giorno assolato e ventoso come quello di oggi, due anni fa, a Melbourne. Ero stato sospinto dai miei amici argentini ad ammirare Del Potro, e mi si paró davanti agli occhi un tipo bruno, che colpiva la palla quasi volesse sdrucirla. Jeremy Chardy, c’era scritto sul programma, veniva da Pau, terra di fieri rugbisti. Ammirai la vittoria sull’argentino, ritornai entusiasta in sala stampa, per sentirmi subito dire «Vedrai il turno successivo». E, infatti, Chardy mi riapparve come la controfigura di se stesso, o forse, secondo i pessimisti, come il personaggio vero, uno capace di spaccare tutti, ma prima di tutti se stesso. Fu dominato sino alla derisione da Murray. Mi attardo, ormai privo dei miei Maestri, capaci di criticarmi come oggi meriterei. Mi attardo, nell’informare che Federer ha perduto. Perduto nonostante I’amore che ha condotto una parte del pubblico a fischiare Chardy, quasi si trattasse di spettatori sciovinisti. Proprio contro un francese, figurarsi. In quell’atteggiamento sin troppo sentimentale, una delle ragioni è che non solo gli sciovinisti, ma gli esteti, avevano capito che Roger avrebbe potuto scomparire, almeno in questi giorni. Ma par giusto domandarsi. Federer è stato battuto soltanto da Chardy e dal Biparto, o si puó ritenerlo involontario complice? Si può, anche perché eravamo in due a guardarlo, e Maurilio Rigo è Maestro Fit, mentre io lo sono soltanto ATP. Secondo noi, Federer ha peccato di umiltà, per non chiamarla intelligenza. Visto che Chardy non sbagliava di meno, e tirava più forte e più vincenti, visto che c’era un vento dare-gata, l’unica soluzione sarebbe stata tener bassa la palla, soprattutto sul rovescio avversario, e insomma scegliere la regolarità invece del solito tennis vincente. Federer scegliere la regolarità, si ribellerannogli estimatori. Ai quali ribatto. Meglio banali che battuti, meglio umili che annebbiati, per così dire. Mentre raccatto i miei strumenti, mi passa vicino un federeriano. Gli dei non possono morire, mi mormora aggressivo. Oggi è un giorno francese, rispondo: «Les Dieux s’ en vont».
E la Pennetta supera miss Futuro
Daniele Azzolini, TuttoSport del 15.05.2014
Belinda sarà Top Ten. Lo sanno tutti. Ha la testa, le gambe e il tempo per capire. I diciassette anni che oggi la rendono fragile nelle partite più aspre, perché meno avvezza a giocarle, le danno modo di fare le cose come si deve, di crescere con accortezza e senza angosce. Ora è la numero 96 e sembra lontana, ma ha il passo di chi voglia sbrigarsi. Anche Flavia sarà Top Ten, e questa è una scommessa. Ma non impossibile. C’è già stata, ci tornerà. Le basta scalare due posizioni. Roma le offre un’opportunità, ma ancora troppe cose devono succedere, e in corsa c’ anche la Errani (numero 11), ieri a tu per tu con la Makarova che aveva eliminato la Vinci. Ma da oggi, i calcoli andranno fatti: o Flavia o Sara, la top ten è davvero vicina. IL FUTURO Flavia ha battuto Belinda Bencic, cioè il futuro. Ha trovato nel terzo set il break che serviva (sul 2-2) e ha chiuso i conti. Del resto, Belinda Bencic non rende le cose facili. Sta in campo in un certo modo, come dire… E attenta e rilassata. Tradotto in termini tennistici sta a significare che non si lascia irretire, e non esce dal campo se non ha provato la combinazione giusta per vincere. I tecnici andavano a vederla già quando giocava il circuito delle bimbe. Potrebbe ancora decidere di vincere qualche Slam juniores, ma sarebbe troppo facile. Voleva misurarsi con l’altro tennis, e in breve ha saltato anche il circuito minore, per ritrovarsi subito a tu per tu con le virago da combattimento. Ha stoffa, e si vede. La Svizzera non è il Paese del tennis, ma ha fortuna. Federer, Wawrinka, la stessa Belinda sono i figli della prima generazione di cittadini del mondo. Una mamma sudafricana, una famiglia polacca, le origini slave… E prima di loro la Hingis, con la mamma allenatrice, Melanie Molitor, che ora – guarda un po’ – segue proprio la Bencic, mentre Martina si dedica a Robredo, il suo nuovo amore. CHARDY FA FUORI ROGER Così, ai colleghi svizzeri, spiace di meno quando esce Federer. Lo capiscono e lo scusano. E in fondo hanno anche ragione. Non giocava da un mese, e ha trovato la giornata peggiore per i suoi colpi. Ma non aveva l’aria di uno che è in vacanza. Chardy gli è andato via due volte, nel terzo set, e Roger è andato a riprenderlo: prima sul 2-4,15-40 (per giunta…), poi ancora sul 2-4, ma del tie break Ha servito un matchpoint, Federer, e Il il francese ha pescato il colpo migliore della giornata, un passante filo rete da posizione obliqua e con le gambe quasi in spaccata. «Bravo, lui. Io ci ho provato, e un po’ mi dispiace. Ma ritengo di essere in forma, in ottima forma. Speravo solo di giocare qualche match in più… Il suo quarto posto in classifica ora rischia l’assalto di Ferrer, ma lo spagnolo dovrà almeno arrivare in finale. Roger, intanto, tornerà a occuparsi dei suoi piccoli gemelli.
Delusione Giorgi «Uscita di testa»
Mario Viggiani, Corriere dello Sport del 15.05.2014
ROMA Camila Giorgi è questa: prendere o lasciare. Un giorno pettina al contrario Dominika Cibulkova, numero 10 del mondo e quest’anno finalista agli Australian Open, e quello dopo perde malamente contro Christina McHale, che in classifica sta dietro di lei (54 contro 63), peraltro dopo essere stata in vantaggio per 6-2 2-0, infilando otto giochi consecutivi, e ancora 3-2 e servizio nel secondo set. A quel punto è stata la statunitense a collezionare otto game uno dietro l’altro, cosicché è stata inevitabile la sua vittoria, sigillata con un 6-1 che non lascia spazio alle recriminazioni. «Stavo giocando bene, poi ho iniziato a fare e errori e sono andata fuori di testa»: in questo commento c’è tutta la Giorgi con la sua filosofia di gioco “sparatutto”. Ha anche parlato di «piano B», per quando le cose iniziano a non andare come nelle sue intenzioni, ma subito dopo ha aggiunto e ribadito: «Io cerco il punto: ho fatto più errori e per quello ho perso». Camila tuttavia ha anche svelato un retroscena: «Non sentivo più pressione, dopo la vittoria sulla Cibulkova. Però non volevo giocare il doppio in serata (perso in coppia con Karin Knapp; ndr): è un altro sport, non fa per me, a me piace stare da sola in campo, non lo giocherò più». E ha tracciato un bilancio di questa avventura romana: «Mi porto via qualcosa di bello, ho giocato a casa. Rispetto a Wimbledon, ho un ranking miglior; ho giocato di più e sì, sono cresciuta. La terra rossa?I punti sono più lunghi, ma io non cambio il mio tennis». RITIRO HALEP. L’anno scorso almeno una minima rappresentanza della cornunità romena si fece notare sugli spalti del Foro Italico, accompagnando Simona Halep fino alla semifinale contro Serena Williams. Da qui la sua carriera è decollata (6 tornei vinti nel 2013, 1 nel 2014) e ieri la numero 5 del mondo ha anche vinto il match di esordio contro la statunitense Madison Keys, lasciandole un solo game dopo essersi fatta strappare il primo set Solo che poi intorno alle 19 s’è ritirata dal torneo per problemi ai muscoli addominali, regalando cosl il passaggio ai quarti alla sua mancata avversaria di oggi, la spagnola Carla Suarez Navarro.