TENNIS INTERVISTE – Intervista a Beppe Merlo, due volte semifinalista al Roland Garros, che racconta quei momenti e di come la sua famosa impugnatura abbia provocato una sorta d’effetto boomerang sui suoi risultati a Parigi nel ’55. “Il rovescio bimane mi è venuto come naturale evoluzione del dritto impugnato a metà manico”.
Quando si parla di “Roland Garros” non si può dimenticare di ricordare Beppe Merlo, uno dei talenti indiscussi e più longevi della storia del nostro tennis, che per due volte ha sfiorato la finale di Parigi, fermato in semifinale nel 1955 da Sven Davidson (63 63 62) e nel 1956, da Lew Hoad (64 75 64). Beppe, con Nicola Pietrangeli ed Adriano Panatta è uno tre giocatori italiani che hanno raggiunto questo traguardo nella storia del torneo.
Oggi, a 87 anni, la sua passione è il golf, anche lì si è tolto belle soddisfazioni. Ma Beppe Merlo, leggenda vivente del tennis italiano, è anche un mito meranese, che mosse i suoi primi passi sui campi rossi di via Piave, incrociando spesso la racchetta con un amante del tennis come il dottor Lino Vettori.
La carriera tennistica di Beppe Merlo è iniziata nel dopoguerra, quando nel 1945 si trasferì a Bologna ed incontrò due figure per lui fondamentali, il Conte Achille Sassoli (titolare della Buton) e Giorgio Neri, presidente della Virtus e della Federazione.
Da allora non si è più fermato con trentotto incontri di Coppa Davis in singolare, tre vittorie di tre zone europee sempre in Davis; poi 4 vittorie ai campionati italiani assoluti, due semifinali internazionali di Francia, 2 finali d’Italia, una finale in Spagna. E ancora vittorie in Germania, a Bombay, Tokyo, Ankara, Cairo (in doppio con Pietrangeli), a Oslo (in doppio con Facchini), Valencia e Barcellona 1951, Napoli e Colonia indoor 1955, Palermo e Messina 1956, Baden Baden 1957, Bournemouth 1958, Bologna e Alessandria d’ Egitto 1959, Bastad e St Moritz (Palace) 1967 e 1968, Beaulieu 1969, St. Moritz 1971.
Tra i suoi record un filotto di cinque tornei vinti consecutivamente. E’ stato numero uno italiano nel 1957 e 1958, numero due nel ’54, ’55, ’56, ’60, ’61, ’64 e ’66. Ancora vittorie in età, non più verde, a 46 anni fino al trionfo nel campionato del mondo Seniores.
Tra le eccellenze di carriera, anche cinque anni tra i protagonisti del “Grand Master” negli Stati Uniti. Al campione non poteva mancare l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica della quale fu insignito dall’allora Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.
Eccoci a parlare con lui, come per anni abbiamo fatto al circolo, quando si discuteva con gli altri amici di tennis, siamo nella sala dove espone alcuni tra i suoi più prestigiosi trofei.
Beppe, cosa ci racconti dei tuoi incontri al Roland Garros?
Ho partecipato varie volte, penso che i due incontri più importanti siano state le due semifinali perse. Nella prima incontrai uno svedese, Sven Davidson, un forte giocatore che avevo appena battuto 2 settimane prima a Roma, purtroppo quella volta fu lui a vincere ad accedere alla finale, dove fu battuto dal detentore del titolo, Tony Trabert. Anche l’anno successivo Davidson disputò un grande torneo arrivando nuovamente in finale, dove fu sconfitto dall’australiano Lew Hoad. Raccolse i risultati del suo lavoro nel 1958 quando arrivò a disputare la terza finale con l’americano Herbert Flam che riuscì a battere in tre soli set.
In seguito, dal ’58 al ’69 iniziò il dominio dei grandi australiani, Rose, Lever, Emerson, Stolle, Rosewall, Roche… un dominio interrotto da un duplice successo di Nicola (Pietrangeli, ndr) e da due successi di Santana (’61 e ‘64).
L’anno successivo, nel 1956 arrivai nuovamente in semifinale dove mi trovai dall’altra parte Hoad, che vinse poi il torneo battendo appunto Sven Davidson.
Ricordo la semifinale con Hoad, un giocatore molto forte, con un gioco molto pesante, si presentava spesso a rete, copriva molto bene e giocava bene al volo, era difficilissimo da passare ed impossibile da scavalcare con il lob.
Nella seconda semifinale con Hoad lottai molto, ma lui ebbe la meglio dopo tre combattutissimi set per 64 75 64, fu un peccato, forse se fossi riuscito ad allungare il match al quarto o al quinto avrei potuto dire la mia, ma nei momenti decisivi Hoad fu molto risoluto e non mi concesse nulla, come non concesse nulla in finale a Davidson.
Qualche anno dopo fu davvero bravissimo Pietrangeli nelle due finali disputate nel ’59 e nel ’60, quando fu capace di conquistare il titolo per due anni consecutivi (contro Ayala e Vermaak, ndr), purtroppo non gli riuscì di vincere nel ’61 e nel ’64 contro Santana, altro forte giocatore che ho avuto la fortuna di incontrare in carriera.
Perdonami Beppe, visto che siamo in tema di Roland Garros, torniamo su quella semifinale del ’55 ed a quel Davidson che avevi da poco battuto a Roma, cosa accadde, perchè non riuscisti ad avere la meglio anche a Parigi?
Eravamo nel ’55, la gente sembrava impazzita, ogni sera dovevo andare alla televisione per far vedere la mia impugnatura, (come è noto, Merlo, per il diritto impugnava la racchetta a metà manico, per il rovescio aggiungeva “sotto” anche la mano sinistra, ndr). Vinsi nei quarti 12-10 6-3 6-3 contro Seixas allora n. 2 del mondo.
Il pubblico alla fine mi portò in trionfo. Troppo scalpore, troppo entusiasmo, non ero abituato e forse influì negativamente sulla mia concentrazione. Avrei potuto andare in finale e provare a vincere con Trabert. Invece, in semifinale, completamente scarico, persi in tre set da quel Davidson che avevo battuto qualche settimana prima a Roma.”
Un vero peccato Beppe! Abbiamo parlato prima di quell’impugnatura molto personale, potresti essere così gentile e raccontarci com’è nata e come mai si è tanto radicata nel tuo tennis, tanto da divenire una delle tue caratteristiche peculiari?
Io mi sono sempre trovato bene con incordature piuttosto lente ed alzando il punto di impugnatura del diritto ottenevo maggior controllo, ho provato ad abbassare, ma le incordature lente provocavano effetto fionda, mi accorsi che le cose andavano molto meglio, continuai a giocare in quel modo. Il rovescio bimane mi è venuto come naturale evoluzione, aggiungevo la mano sinistra sotto e giocavo molto agevolmente anche il rovescio, poi nel finale lasciavo andare la racchetta e staccavo la mano sinistra.
…e della tensione delle tue incordature cosa ci racconti?
Io non giocavo imprimendo molta forza sulla palla, mi posizionavo appena potevo dentro il campo per controllare lo scambio, il mio era un tennis di timing e di buon tocco, con le corde poco tese aumentava la velocità della palla, una specie di effetto fionda, non avevo bisogno di spingere molto la palla, come tutti sapete, maggiore è la tensione delle corde maggiore è la spinta che si deve imprimere.
Che rapporto aveva Beppe Merlo con il gioco a rete?
Ah guarda, io andavo a rete solo quando non potevo farne a meno oppure per “battezzare”, non ho mai amato avvicinarmi alla rete.
Hai visto passare ed hai incontrato 3 generazioni di tennisti italiani, chi ti piace ricordare come compagno e come avversario?
Ricordo tutti con piacere ed affetto, un ricordo particolare è per Fausto Gardini (scomparso nel 2008, ndr): Fausto era di qualche anno più giovane di me e ricordo che mi diede una sonora batosta in finale agli Internazionali d’Italia nel ’55, per un po’ di tempo i rapporti non furono molto buoni con lui, poi nel ’62 le cose cambiarono… Fausto ed io fummo spediti dalla Federazione in California, per migliorare il nostro gioco. Ci prese per mano la Tennant, allenatrice della Connolly e di Alice Marble. In California ci allenammo spesso con Kramer e Gonzales, due grandissimi giocatori, nel frattempo la vita di ogni giorno in comune migliorò i rapporti tra Fausto e me, nacque un rapporto di reciproca stima e perché no, anche di amicizia. Ho un grosso cruccio: appresi che Fausto era volato in cielo dopo vari mesi e mi è spiaciuto molto non poterlo salutare per l’ultima volta, ma ricordo quel periodo vissuto con lui in California ed il grande lottatore che era in campo!
Beppe, volevamo parlare un po’ di Roland Garros, ma abbiamo divagato, ci incontreremo un’altra volta parleremo di tante altri argomenti, della coppa Davis, di qualcuna delle tue vittorie più belle… Grazie Beppe, a presto!
Grazie a voi, grazie a te, manda i miei saluti al dott. Scanagatta e a Rino Tommasi. A presto!