TENNIS – In Uganda, roccaforte del pentecostalismo in Africa, niente è come sembra. La visita di Margaret Court, ambasciatrice del tennis nonché ospite del Pastore Robert Kajanya, affonda le radici nel radicalismo religioso. Intanto gli sponsor latitano e come sempre a pagare sono i giovani.
Poche settimane fa Margaret Court, accompagnata dal marito Barry e dall’allenatore di tennis Matthew Carle, si è recata in Uganda per promuovere lo sport nel paese. Durante la sua permanenza la leggenda del tennis australiano ha presenziato alle sedute di allenamento che si sono svolte a Lugogo, quartiere nel cuore della capitale Kampala, e che hanno visto la partecipazione di oltre 100 bambini. “Voglio aiutare l’Uganda a tirare su i propri campioni in erba. E’ necessario avere passione. Non si deve trattare lo sport come un lavoro. Se ami quello che fai allora sarai nelle condizioni di eccellere”. Margaret Court ha raccontato che da bambina tirava la palla contro un muro con un pezzo di legno, solo in seguito un amico di famiglia le regalò una vecchia racchetta con cui giocare. “Pur provenendo da un ambiente sociale disagiato ho finito per impormi nel tennis mondiale già a 17 anni” ha ribadito paragonando la propria adolescenza a quella dei giovani ugandesi e insistendo sul fatto che l’Uganda ha il potenziale per produrre stelle del tennis a livello mondiale a patto di affidarsi a uno staff tecnico adeguatamente preparato. “Ero solo una timida diciassettenne che perdeva troppo spesso quando ho fatto mio il motto del mio allenatore: non basta allenarsi, occorre avere la precisa volontà di essere la migliore di tutte. Questo ha ispirato la mia prima vittoria in uno Slam”.
La Court ha vinto tra gli anni ’60 e ’70 ben 64 titoli dello Slam di cui 24 in singolare, 19 in doppio e 21 in doppio misto. Nessuna ha vinto quanto lei. Nel 1970 è diventata la prima tennista dell’Era Open a completare il Grande Slam vincendo tutti e quattro i titoli dello Slam nello stesso anno solare. E’ l’unica ad aver completato il Grande Slam nel doppio misto, realizzando l’impresa per ben due volte. Durante un pranzo presso il National Council of Sports (NCS) ha esortato i vertici federali africani a migliorare la qualità degli insegnamenti: “L’Uganda ha bisogno di persone in grado di vedere il potenziale nei giovani. Non si può tornare indietro nel tempo ma si può agire per migliorare il futuro”. Concetti ribaditi al canale televisivo Channel 44 TV. “Disponete del talento necessario per primeggiare. Quello che vi serve è la convinzione. Il campo di battaglia si trova nella vostra mente. Dovete credere di essere in grado di vincere. Dovete perfezionare gli allenamenti e affidarvi a coach esperti. Proprio come ha fatto con successo la Cina”.
Cresciuta come cattolica ma convertitasi al Movimento pentecostale, Margaret Court è stata ospite del Miracle Center Ministries del controverso Pastore Robert Kayanja. Insieme al marito ha partecipato alle attività della Chiesa come pregare presso la Miracle Centre Cathedral di Kampala e intrattenere colloqui motivazionali a Rubaga e Wankulukuku. Non è la prima volta che le scelte della Court, sempre più intrecciate con il fondamentalismo religioso, destano qualche perplessità. Già sul finire del 2011 fecero scalpore alcune sue dichiarazioni omofobe, in particolare quando disse che “un’educazione corretta deve magistralmente accompagnare l’omosessualità fuori dalla porta, e non penso sia giusto che gli omosessuali cerchino dei diritti di matrimonio che si associano soltanto alla vera idea di famiglia: non possono chiedere dei diritti che non possono pretendere”. Il tema dei matrimoni gay ha avuto negli ultimi anni grande rilevanza in Australia: l’ultimo capitolo è stato scritto nel dicembre del 2013 quando la Corte costituzionale ha bloccato la legge che ne sanciva la legalità nell’intera nazione. Con prevedibile soddisfazione della Court, oppostasi sin da subito alla riforma in precedenza proposta dal governo federale australiano in quanto “avrebbe legittimato quelle che Dio chiama pratiche sessuali abominevoli. La mia posizione è quella delle Scritture. La Bibbia sarà sempre la guida per la mia vita. E credo che l’unico matrimonio sia tra un uomo e una donna”.
Musica per le orecchie di Robert Kayanja, il Pastore della Miracle Center Cathedral di Kampala, la più grande chiesa pentecostale della capitale con una capienza di 10,500 posti a sedere. Il rapporto tra i due si è consolidato a tal punto che la Court ha accettato il suo invito per quella che è stata la sua seconda visita in Uganda a distanza di 45 anni, quando venne per disputare un torneo. Per capire quanto sia splendente l’astro di Kayanja occorre considerare che l’Uganda è uno dei paesi più cristiani dell’Africa. Cristiano era il feroce dittatore Idi Amin prima di convertirsi all’Islam e cristiano è Yoweri Museveni, presidente dal 1986 e membro attivo della setta “Centro dei Miracoli”, colui che nel 2004 ha inaugurato la sfarzosa “Cattedrale” con le poltrone riservate alle autorità e l’altare placcato d’oro. In un paese in cui il Pentecostalismo ha raggiunto livelli di radicalismo estremo, tanto che soltanto pochi mesi fa è stata approvata la legge che prevede l’ergastolo per gli omosessuali fortemente voluta proprio dalle chiese locali, quella del Pastore è una figura centrale della vita pubblica ugandese. Robert Kayanja è il fratello minore di John Sentamu, l’arcivescovo anglicano di York che disprezza il materialismo a tal punto da aver adattato il Cogito ergo sum di Cartesio in Tesco ergo sum (compro, quindi sono). Non esattamente la stessa filosofia adottata da Kayanja, che indossa abiti firmati, vive in una villa sfarzosa sul lago Vittoria e predica le virtù della ricchezza, promettendo durante i suoi sermoni di aprire conti bancari ed esortando a raggiungere la cifra ideale di un milione di dollari. Il giornalista John Lloyd è stato testimone di una cerimonia durante la quale, tra gospel ed esibizioni breakdance, il Pastore ha affermato di pretendere la prima classe durante i voli perché convinto che sia il Signore a considerarlo di prima classe. Con tanto di passaporto diplomatico concessogli, dice, perché è “un ambasciatore di Cristo”. Nonostante qualche ombra, vedi le passate accuse di contrabbando di casse di alcol, un assegno non pagato di svariate migliaia di dollari americani e soprattutto quella di atti omosessuali (tu quoque) avanzata da tre pastori evangelici rivali, può contare tra i suoi adepti ricchi imprenditori , forze di polizia e alti ufficiali militari. Tra i successi promessi nel paradiso in Terra sono previsti anche quelli sportivi, compresi ovviamente anche quelli legati al tennis.
Ed ecco quindi spiegato l’asse con Margaret Court, che si è detta pronta ad aprire un’accademia di tennis a Kampala completa di campi, quartieri residenziali e scuole dove formare gli atleti non soltanto da un punto di vista sportivo. L’Uganda non possiede alcuna accademia di tennis nonostante siano presenti ottimi tennisti del calibro di Duncan Mugabe che ha avuto modo di formarsi in Sud Africa e negli Stati Uniti. Probabilmente i progetti della Court non si realizzeranno mai ma i funzionari locali sperano di ottenere grazie alla sua influenza la possibilità di servirsi di allenatori professionisti, tenere corsi di apprendimento e ottenere dagli sponsor gli aiuti economici necessari.
Cedric Babu, ex star del tennis nazionale e attualmente presidente della UTA (Uganda Tennis Assosiation) ha affermato che il progetto della Court potrebbe partire dal complesso tennistico di Lugogo anche se in tal caso sarebbe necessario avviare un’opera di ristrutturazione imponente. Babu è convinto che l’intercessione della Court potrebbe dare benefici importanti, come ad esempio quello di permettere ad allenatori australiani di trasferirsi per qualche mese in Uganda così da trasmettere i loro insegnamenti a quelli locali e attraverso loro ai giovani nelle scuole e nei club privati. I migliori allenatori lavorano presso il Kampala Tennis Club. Qui John Kasule, William Ntege, John Oduke e James Kasumba insegnano tennis ai figli delle famiglie più facoltose della città. Le attrezzature sono costose ma Babu sostiene che grazie alle donazioni la UTA sarebbe in grado di permettere ai più poveri di giocare.
Recentemente si è fatto sentire anche Duncan Mugabe, miglior prospetto dell’Uganda alla disperata ricerca di fondi per poter partecipare all’ ITF East African Tour dove difende il titolo dell’anno scorso ottenuto a Nairobi. Cedric Babu ha avviato una campagna avente come obiettivo quello di garantire a Mugabe la somma necessaria di circa 4000 dollari in tempo utile per l’inizio del Tour. Duncan Mugabe, 24 anni, è l’indiscusso numero uno del tennis dell’Uganda: medaglia di bronzo agli All Africa Games del 2011 disputatisi a Maputo in Mozambico, ha ottenuto una borsa di studio per gli Usa nel 2011 ma nel 2013 è tornato in Africa visto l’enorme sforzo economico richiesto. Dopo aver vinto il Kenya Open ha deciso di tornare nuovamente negli Usa.
Ma il problema dei fondi non coinvolge solo Mugabe. L’Uganda ha come obiettivo quello di qualificarsi per le Olimpiadi giovanili che si svolgeranno a Nanchino, in Cina, dal 16 al 28 Agosto. Un membro del Comitato Olimpico dell’Uganda (UOC), Sharifah Sanyu, ha detto che sono determinati a qualificarsi con più atleti possibili. Per questo è fondamentale inviare 30 atleti per i Campionati Giovanili dell’Africa che si terranno a partire dalla prossima settimana in Botswana e che decideranno le qualificazioni per le Olimpiadi giovanili di Nanchino. “Il governo dell’Uganda ci ha detto che non ci sono soldi per sostenere la squadra in Botswana. Stiamo comunque usando i soldi del Comitato Olimpico per cercare di aiutare il maggior numero dei nostri atleti a qualificarsi per le Olimpiadi giovanili. Siamo sicuri che saranno una vetrina importante per i nostri ragazzi “, ha detto Sanyu. Il funzionario ha aggiunto che il contingente dell’Uganda comprende 42 atleti in gara in sport come badminton, basket e nuoto. Originariamente l’Uganda aveva programmato di inviare anche gli atleti per la boxe, rugby, tennis da tavolo, tennis e sollevamento pesi, ma ha abbandonato l’idea a causa della mancanza di fondi.
Negli ultimi tempi su questi lidi ci siamo occupati di Pakistan, Nigeria, Sud Africa e Zimbabwe: ogni volta ci siamo scontrati con l’assoluta carenza di fondi necessari a coronare il sogno di ragazzi la cui passione è la stessa che aveva chi, grazie al necessario supporto economico, oggi occupa i titoli dei giornali sportivi e di siti come il nostro Ubitennis. Per questo vogliamo chiudere con una poesia di Okot p’Bitek, uno dei più importanti poeti ugandesi, intitolata “Il negozio dell’occhio”.
Dov’è il
Negozio dell’occhio?
Quando mai vedrò la signora Giustizia?
Me la mangio con occhi di rabbia.