TENNIS – Oggi, 26 luglio, Vitas Gerulaitis avrebbe compiuto 60 anni. Giocatore tanto talentuoso quanto spesso incostante, il tuo tennis d’altri tempi continua a sopravvivere nella memoria e nel ricordo degli appassionati e dei cultori della materia, nonostante la prematura (e sfortunata) scomparsa. Daniele Camoni
Quando il 17 settembre del 1994 una maledetta stufa a gas spezzava improvvisamente la vita di Vitas Gerulaitis – soffocato nel sonno dal monossido di carbonio – il tennis si sentì per un attimo un po’ orfano, privo per sempre di quel personaggio così bizzarro e colmo di talento che, tra scorribande più o meno bohémien e un tennis tanto leggero quanto creativo, aveva conquistato il cuore di tutti.
Vytautas Kevin Gerulaitis (quasi il nome di una malattia, come lui stesso ebbe a scherzarci sopra più volte) nacque a Brooklyn (New York) nel 1954 da genitori di origine lituana. Dotato di un tennis elegante, creativo quanto apparentemente semplice, il tutto unito ad una velocità di piedi straordinaria, Gerulaitis iniziò ad imporsi sulla grande scena a partire dal 1975, quando conquistò il doppio a Wimbledon in coppia con Alexander “Sandy” Mayer (fratello di Gene, altro celebre giocoliere del tennis e ricordato per il suo stile quadrumane).
Dopo aver vinto, tra il 1974 e 1975, tre tornei minori (Vienna ’74 contro Andrew Pattison, New York City e St Louis ’75 rispettivamente contro Jimmy Connors – per ritiro – e Roscoe Tanner), il primo risultato di rilievo da singolarista della carriera di Vitas – a livello Slam – arrivò nel 1976, con i quarti di finale a Wimbledon : perse con Raul Ramirez – straordinario doppista messicano, affiancato da Brian Gottfried – non senza aver battuto negli ottavi (recuperando due set di svantaggio) Arthur Ashe, campione in carica e testa di serie principale del torneo.
Nel 1977 – dopo aver assoldato come allenatore Fred Stolle, mitico doppista australiano – raggiungerà due importanti traguardi nei Quattro Grandi (rectius tre, vista la zoppia rappresentata dal torneo australiano), senza comunque dimenticare la vittoria agli Internazionali d’Italia in quattro set contro il nostro Tonino Zugarelli (di cui consiglio la lettura della sua biografia “Zuga, il riscatto di un ultimo” : quando il tennis va oltre le semplici vittorie).
Come non ricordare, infatti, la semifinale di Wimbledon 1977 contro l’amico e compagno di allenamenti (e non solo…) Björn Borg, in quella che rimane una delle migliori sfide di sempre sui sacri manti erbosi dell’All England Club. Borg, già solleticato da un secondo turno inaspettatamente difficile contro Mark Edmondson (l’australiano che, l’anno precedente, aveva sorprendentemente battuto John Newcombe nella finale degli Australian Open) si trovò due volte avanti di un set, per farsi rimontare e doversi giocare tutto al quinto. Il suo sangue freddo ed il controllo assoluto dei colpi e delle tensioni gli portarono una vittoria tanto complessa (8-6 nel set decisivo) quanto storica. Lo svedese proseguirà la sua cavalcata con il secondo titolo consecutivo ai Championships.
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Nel dicembre di quello stesso anno arriverà l’unica vittoria Slam della sua carriera : in un contesto storico nel quale gli Australian Open si presentano come torneo dello Slam sotto il solo profilo formale, Gerulaitis si imporrà – in seno ad un tabellone di poco prestigio, se non per i nomi di Ken Rosewall, John Newcombe e Tony Roche, tutti comunque ben oltre i propri tempi migliori – contro John Lloyd, mediocre tennista britannico e meglio noto come “Mister Evert” per essere stato marito di Chrissie tra il 1979 ed il 1987.
Nel 1978 raggiungerà altre due semifinali, venendo rispettivamente sconfitto da Jimmy Connors a Wimbledon e da Borg agli U.S. Open ; nel 1979 arriverà la prima semifinale parigina (sconfitto ancora da Borg, dopo aver battuto un giovanissimo Ivan Lendl negli ottavi). Tante sono le perle di quella stagione : le finali a Montecarlo ed al Masters di fine stagione (entrambe perse contro Borg), la seconda vittoria agli Internazionali d’Italia contro Guillermo Vilas e l’atto conclusivo degli U.S. Open, che segnerà l’ascesa di John McEnroe nell’Olimpo dei grandi. Da ricordare la celebre frase coniata dopo aver battuto Connors al Masters : “Nessuno batte Vitas Gerulaitis 16 volte di fila”. Nel febbraio di quello stesso anno raggiungerà anche il suo best ranking, issandosi fino alla terza posizione mondiale (alle spalle degli intoccabili Connors e Borg).
Nel 1980 giocherà la sua terza e ultima finale Slam : a Parigi troverà – immancabilmente e dopo aver battuto Connors in semifinale – a sbarrargli la strada Björn Borg, che gli concederà sette giochi in tre set (6-4/6-1/6-2).
Gli ultimi grandi sprazzi di Gerulaitis li vedremo nel 1981 : dopo aver giocato uno U.S. Open spettacolare (battendo anche Ivan Lendl, terza testa di serie, negli ottavi), capitolerà solo in una grandiosa semifinale contro John McEnroe, in una partita dal tasso tecnico elevatissimo. Mac andrà poi a vincere il suo terzo U.S. Open consecutivo, ponendo peraltro simbolicamente fine alla carriera di Borg.
Al Masters di fine anno Vitas avrà l’ultima grande occasione della carriera. In finale incontra Ivan Lendl, che ha battuto seccamente McEnroe in semifinale e lo stesso Gerulaitis nel girone all’italiana. Per quasi tre set Vitas gioca su una nuvola : 7-6/6-2/6-6 e match-point nel tie-break. Il nostro bohémien però tentenna un attimo, troppo remissivo da dietro ; Ivan prende campo con il diritto e chiude lo smash a rete : vincerà il ceco al quinto set, ottenendo il primo grande alloro della sua (sottovalutata) carriera. Gerulaitis avrà però la sua rivincita al Canadian Open dell’anno successivo, quando batterà Ivan – in finale – nel suo torneo preferito (sei vittorie in carriera e record assoluto della manifestazione).
Due quarti di finale tra Parigi e Londra e una semifinale al WCT Masters segnano il suo commiato dal tennis che conta : lascerà Vitas definitivamente il tennis giocato nel 1986, rimanendo comunque nel mondo tennistico in qualità di commentatore televisivo fino alla scomparsa. Ebbe, peraltro, anche una brevissima parentesi da allenatore : nel 1994, durante un periodo di vacanza di Tim Gullikson, lo sfortunato coach di Pete Sampras, seguì infatti lo statunitense durante la vittoriosa cavalcata nel torneo di Roma contro Boris Becker.
Figlio di un’altra epoca e di un altro tennis, forse pochi si sono divertiti e hanno fatto divertire come Vitas Gerulaitis, sia dentro che fuori i campi da tennis. Bastano queste poche parole per descrivere un personaggio a tutto tondo come Vitas : che almeno il suo talentuosissimo ricordo illumini tutti gli appassionati di questo sport meraviglioso.
Daniele Camoni