TENNIS- Quello al polso è solo l’ultimo, l’ennesimo, di una serie infinita di infortuni che Rafael Nadal ha dovuto sopportare e superare nel corso della sua carriera. Ripercorriamoli tutti, dalle prime assenze al Roland Garros al lungo stop di 7 mesi nel 2012.
“Non ho mai avuto problemi in nessuno dei due polsi. E’ stato un dolore acuto. Ho colpito con il rovescio e ho sentito dolore”. Parole che sanno di minestra amara per tutti i fan di Rafael Nadal e non solo; parole che, alla vigilia del cuore delle Us Open Series sanno di beffa, specie per il diretto interessato, costretto a non poter difendere nè Montreal, nè Cincinnati. La preoccupazione più grande resta lo Us Open: certo è che tornare ad un appuntamento così importante, senza neanche un match di preparazione, senza il rovescio (colpo che Nadal ha bisogno di allenare con insistenza per far si che possa arrivare ad un livello accettabile) e magari anche con dei problemi al servizio, non è certo il massimo.
Tant’è, ma il 14 volte campione Slam non è nuovo a questo genere di situazioni: caviglia, schiena, polso e soprattutto ginocchia hanno da sempre falcidiato il sereno proseguimento della carriera del maiorchino, fin dagli albori, quando ancora il fenomeno Nadal sarebbe dovuto imperversare nel panorama tennistico ad altissimi livelli. Dal 2004, se i calcoli non sono errati, si contano 5 Slam saltati per infortunio, 10 Master 1000 (escludendo quelli non giocati per “infortuni” dettati dalla necessità di riposare, tipo Miami 2013) e 3 Masters Cup, più vari tornei conclusi per ritiro o in condizioni deficitarie.
Significativa questa infografica realizzata da Pablo Calvache di El Mundo (e tradotta da noi di Ubitennis, clicca per ingrandire):
Il primo serio infortunio per lo spagnolo arriva dalla caviglia, a causa di un duro match giocato contro Gasquet all’Estoril nel 2004: la lesione è seria e comporta lo stop per diversi mesi, costringendo Nadal a saltare, oltre a tutti gli appuntamenti, che sarebbero poi diventati feudi iberici (vedi Montecarlo, Roma ecc) anche il Roland Garros (non giocato nemmeno l’anno precedente per un problema alla spalla), dove il soggetto in questione ha dimostrato di saper fare qualcosa, e Wimbledon. Gli spettatori lo rivedranno sul cemento nordamericano.
Anche nell’anno successivo, nonostante gli innumerevoli successi e i record che Rafa si spartirà con Federer, lasciando agli altri le briciole, i problemi fisici non tardano ad arrivare e si manifestano quasi al termine di una stagione logorante che lo ha visto trionfare in 5 Master Series, al Roland Garros per la prima volta, e in una serie infinita di tornei minori in argilla. L’ultimo successo dell’anno arriverà contro Ivan Ljubicic a Madrid, in un match che gli provocherà però, dei problemi allo scafoide del piede: niente Masters Cup per lui e Australian Open dell’anno successivo, compromessi.
Il resto è storia nota, con le ginocchia, vero cruccio dello spagnolo, da sempre il punto debole di quella macchina semi-perfetta creata dallo zio Toni. Dal 2008 iniziano a sentirsi i primi seri scricchiolii (già nel 2007 durante lo Us Open si erano avvertiti risentimenti), con la tendinopatia alla “rodilla” come viene definito dagli spagnoli. Rafa si ferma nei quarti contro Davydenko a Parigi Bercy, si affida ad Angel Ruiz Cotorro, medico della Federtennis spagnola e vero artefice di miracoli sul corpo dell’iberico. La tendinite lo costringe a saltare la Masters Cup e la finale di Davis; i dubbi sul suo stato di salute aumentano “E’ un miracolo che Nadal giochi ancora”, disse allora Mark Myerson, notissimo chirurgo di origini sudafricane. Già nel 2008 era facile intuire che la folle corsa che Nadal aveva sostenuto per arrivare alla prima piazza del ranking, e il suo gioco, uno dei più dispendiosi a livello fisico, avrebbe comportato delle conseguenze.
Già, conseguenze che sembrano non essere avvertite da Nadal all’inizio del successivo anno. Lo spagnolo rafforza la prima posizione mondiale, solleva anche la corona australiana e si conferma nella primavera europea. Il massimo momento di splendore: Rafael sembra invincibile, inscalfibile, inossidabile. Poi arriva Soderling e quel maledetto ottavo di finale a Parigi nel 2009; da quella sconfitta Nadal capisce di doversi fermare, capisce che i suoi problemi alle ginocchia hanno raggiunto livelli non sostenibili: salta tutta la stagione sull’erba, contorniato dallo scetticismo generale degli addetti ai lavori, certi che non tornerà. Viene in mente il chiropratico Alfio Caronti, che dichiarò ai tempi: «Per me, con tutte quelle contorsioni e soprattutto quelle smorfie indicative di squilibrio, Nadal dura poco”, o anche il Maestro Gianni Clerici : “Rafael Nadal si è ritirato da Wimbledon, e speriamo non dal tennis”.
Il ritorno dello spagnolo avverrà dopo 70 giorni dall’ultimo match giocato, in Canada, ma il resto della stagione vedrà protagonista un Nadal dismesso, quasi come se l’infortunio, la stanchezza o qualsiasi altra cosa (vedi anche divorzio dei genitori), avessero turbato l’animo del toro, lo avessero risucchiato nel vortice di un tennis senza passione e grinta alcuna. Al contrario dell’anno precedente, nel 2010 l’Australia non sorride allo spagnolo, che si ritira nei quarti di finale contro Murray: la tendinite lo tormenta, in maniera sempre più insistente.
La soluzione a tutti i problemi sembra arrivare grazie all’utilizzo del PRP (plasma arricchito di proteine), un metodo che prevede una prima fase in cui si preleva il sangue dal ginocchio. Questo viene centrifugato per isolare il Platelet Gel (cioè il plasma arricchito) e aggiungere a quest’ultimo un attivatore di piastrine che consente il rinnovamento delle cellule in maniera più rapida: dunque, tempi di recupero più veloci a seguito di un infortunio.
La medicina sembra dare i suoi frutti a partire da Montecarlo. Rafa gioca splendidamente nel 2010, riconquistando la prima posizione mondiale e completando il Career Grand Slam. I problemi al ginocchio? Una situazione da monitorare, ma ora sotto controllo. Anche l’anno successivo, la tournée australiana però, crea problemi a Nadal, che si ferma ai quarti di finale per mano di Ferrer, anche a causa di una rottura dei tendini del ginocchio, dicendo addio al sogno del “Rafa Slam”.
Il resto dell’anno procede senza grossi problemi fisici, finché arriva un’altra di quelle sconfitte che, per quanto singolari e uniche possano rimanere, segnano uno spartiacque nella carriera di chi le subisce. Questa volta è Rosol il giustiziere di Nadal e il palcoscenico è il centre court di Wimbledon, nel 2012. Da quel match, trascorreranno sette lunghissimi mesi, di vane attese, comunicazioni di routine e illazioni (fino a prova contraria ovviamente) tutt’ora sorrette dalle stesse fondamenta delle prime due case de “I tre porcellini”, racconto fiabesco di Halliwell-Phillipps. La motivazione ufficiale che lo spagnolo da è “Sindrome di Hoffa”: infiammazione del tessuto adiposo collocato fra tendine e rotula, con conseguente aggravamento dovuto ai precedenti infortuni. Unica soluzione? Riposo assoluto per un completo recupero. Tali dichiarazioni non hanno mai convinto nemmeno i tifosi più sfegatati dello spagnolo, convinti che quei 7 mesi non avrebbero restituito il Rafa dei tempi migliori. Quei tifosi si sbagliavano, tutti si sbagliavano per il resto che è storia nota e aperta alle possibili interpretazioni che ognuno di noi può collegare a ciò che si sa.
Fino ad arrivare all’anno corrente. Prima l’infortunio alla schiena in Australia (ancora qui!?) che ne ha inevitabilmente pregiudicato la finale (ho notato una forte similitudine tra il primo set di Wawrinka contro Nadal in Australia e quello dello svizzero contro Federer a Londra. Che il prosieguo sarebbe stato il medesimo?, e poi questo problema al polso destro, parte delicatissima per un tennista come lui, che sottopone ad estremi carichi quelle otto piccole ossa che assorbono il peso generato dai suoi colpi (almeno dal lato del rovescio per quel che riguarda il polso infortunato): leggero distacco della guaina dal cubitale posteriore e 2-3 settimane di stop. Potrà farcela per l’ultimo Slam dell’anno? Il suo passato, più di ogni altra logica, dà speranza ai suoi fan.
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