TENNIS – Un 2014 quasi critico, teatro di cambiamenti per Andy Murray, la cui forma migliore stenta ad arrivare, con un digiuno di titoli e finali che dura da Wimbledon 2013. Sette sconfitte che pesano, con Federer, Dimitrov, Raonic, Nadal e Djokovic… 10 motivi per cui Toronto e Cincinnati sono i tornei giusti da cui ripartire
Cemento, terra, erba, (terra) e ancora cemento, una stagione può scorrere in fretta, specialmente per chi quest’anno non ha ancora inciso il proprio nome su nessun trofeo, lo sa bene Andy Murray.
Un 2014 che già partiva in salita, con il rientro a seguito dell’intervento chirurgico alla schiena e, alle spalle, quella decisione di sacrificare gli ultimi appuntamenti importanti del 2013. Una decisione certo necessaria e precauzionale, presa con tutta l’intenzione di non compromettere la stagione successiva e la possibilità di ripetersi là, dove riconfermarsi era certamente l’obiettivo più ambito: Wimbledon. Nessun match ufficiale disputato dalla sfida di Davis in Croazia, a settembre, la consapevolezza di un recupero non così rapido come sperava, accompagnata dalla cessata collaborazione con Ivan Lendl, l’uomo sotto la cui guida è in qualche modo rinato, vincendo l’Oro Olimpico ed il suo primo slam a Flushing Meadows. Poi Wimbledon, riuscendo finalmente a regalarsi quel trofeo tanto prezioso, che al suo paese mancava da 76 anni. Infine, il ritrovarsi a stagione inoltrata – con la superficie che cambia sotto le suole delle scarpe – a cercare di trovare una continuità nei risultati e nelle performance che finora ha stentato ad arrivare.
Lecito chiedersi cosa ne sarà di Andy adesso, lo scivolone alla decima posizione mondiale non è tanto preoccupante quanto la prospettiva che un giocatore abituato all’appellativo di Fab Four, abbia già sorvolato il biennio migliore della propria carriera e possa, quest’anno, non portare a casa nessun titolo di rilievo. A Wimbledon era certamente atteso e per quanto la vittoria dello scorso anno sia stata liberatoria, è difficile credere che l’inizio di stagione sottotono non abbia caricato a molla i suoi nervi, visto e considerato il preludio del Queen’s, dove è stato battuto da Stepanek al secondo turno (7-6(10) 6-2), e senza dimenticare la bufera mediatica scatenata dall’inizio della collaborazione con Amélie Mauresmo, corredata dai presunti attriti che questo avrebbe causato nel box del giocatore.
Nella sconfitta nei quarti contro Grigor Dimitrov è stato possibile constatare ancor più il momento critico di Murray, ma bisogna dar credito anche all’ottimo torneo del bulgaro, un altro che di aspettative disilluse, e di risultati che più che precedere i temi sembrano rincorrerli, ne sa qualcosa.
L’estate scivola via in fretta e così potrebbe essere anche per le occasioni dello scozzese, è tempo per Andy di dare una nuova svolta alla propria carriera e alle proprie ambizioni.
10 buoni motivi per risalire da Toronto e Cincinnati:
1. Una buona riuscita del tour nord-americano potrebbe incidere sulle possibilità dello scozzese di aggiudicarsi altri titoli prestigiosi, soprattutto parlando in termini di Major. Nel tennis odierno una certa continuità di risultati e quanto mai prima importante e necessaria.
2. C’è una domanda scomoda che attende risposta: i successi più grandi per Andy sono arrivati sotto la guida di Ivan Lendl, ma chi è Murray privato dei consigli dell’uomo che l’ha aiutato nel salire all’Olimpo del tennis?
3. C’è chi parla di un rovesciarsi delle gerarchie, di giovani che finalmente sbocciano… chi è convinto (come Berdych) che non sia cambiato niente. La verità probabilmente sta nel mezzo, ci sono giocatori come Raonic e Dimitrov che paiono aver fatto il passo definitivo nella giusta direzione, poi ci sono i soliti nomi, ma in entrambi i casi il bilancio stagionale di Andy è disarmante:
Australian Open – Q Roger Federer 6-3, 6-4, 6-7(6), 6-3
Acapulco – S Grigor Dimitrov 4-6, 7-6(5), 7-6(3)
Indian Wells – R16 Milos Raonic 4-6, 7-5, 6-3
Miami (dove difendeva il titolo) – Q Novak Djokovic 7-5, 6-3
Roma – Q Rafael Nadal 1-6, 6-3, 7-5
Roland Garros – S Rafael Nadal 6-3, 6-2, 6-1
Wimbledon – Q Grigor Dimitrov 6-1, 7-6(4), 6-2
0-7, deve dimostrare di poterli battere ancora.
4. Sono stati i Master 1000 americani, nel “lontano” 2006, a sancire la nascita dello scozzese come giocatore destinato all’elite del tennis. A Toronto batté Tim Henman, in un simbolico passaggio di consegne, e raggiunse la semifinale, ma a Cincinnati fu il secondo giocatore – quasi inutile dire che l’altro fu Nadal – in grado di battere Roger Federer in quella che è considerata la miglior stagione dello svizzero, l’unico a batterlo prima di una finale. E’ tempo di rinascita.
5. Paradossalmente, quest’anno, il miglior Murray si è visto su terra, basti pensare a quel primo set e spiccioli giocato contro Nadal a Roma, con il rovescio che pareva in grado di seguire ogni traiettoria e trovare ogni angolo… Il terzo set, poi, fu vera battaglia. Ma si sa, sono le superfici veloci quelle che hanno sempre esaltato il gioco dello scozzese; sul cemento Andy sa come muoversi e i suoi colpi trovano maggiore incisività grazie alla velocità aggiunta.
6. Lo scorso anno le prestazioni di Murray furono modeste, la tournée americana non porto soddisfazioni, specialmente per quel quarto di finale perso con Wawrinka a New York (6-4, 6-3, 6-2). Il tutto fu poi sottoposto a rilettura, dopo la decisione di fermarsi per intervenire chirurgicamente sul problema alla schiena. Il lato positivo è che ci sono punti da guadagnare, punti utili per risalire.
7. A riguardo della concorrenza il momento pare propizio, tutta una serie di coincidenze sembrano agevolare il cammino di Murray. Federer, dopo Wimbledon, si è quasi guadagnato il titolo di Highlander, ma è pur sempre in fase calante, Nadal si è infortunato in allenamento e Djokovic dovrà gestire le distrazioni portate dal matrimonio e dalla paternità. Certo ci sono sempre quei nomi emergenti da tenere d’occhio e quel Wawrinka fatto di picchi e abissi, che però non si può sottovalutare, specialmente sul cemento.
8. Convinzione. Volendo fare della retorica, a Murray serve essere in fiducia, ma ancor più gli serve trovare la convinzione necessaria a risalire. Recentemente ha ammesso che ci sono aspetti del suo gioco che devono migliorare e la capacità di sapersi mettere in discussione è certamente buona cosa, però è necessaria anche la sicurezza nelle proprie decisioni e una linea definitiva da seguire. La continuazione della collaborazione con Amélie sembra il segnale di una nuova maturità, di chi è autonomo e sa cosa vuole. Questa parte di stagione è il reale banco di prova.
9. Quest’anno non sono arrivati né titoli né finali, siamo ad un nuovo punto d’inizio, che coincide nel tempo col periodo dove l’anno scorso tutto si è arenato. Una stagione nella stagione, un ripartire da “zero”, in molti sensi. Andy deve dimostrare di nuovo di poter cancellare i momenti negativi, che non è destinato a tornare un perdente, che può, anche senza Ivan, non lasciarsi sopraffare dalla fragilità che sempre l’ha caratterizzato, che è in grado di rimanere in partita.
10. “10” è l’attuale posizione in classifica dello scozzese, l’elite è ancora vicina, ma ancor più vicina è la possibilità di uscirne del tutto, per la prima volta dal 2008. Questi non sono i luoghi di Murray, deve risalire, e non solo perché scendere nel ranking significa avere tabelloni più duri e non beneficiare di bye, anzi, qualche match in più nelle gambe al momento è quasi necessario. Lo scozzese ha dimostrato di avere il tennis per poter stare al passo coi migliori, probabilmente non avrà mai la costanza e la dedizione di Djokovic, ma quando è al top non si discosta nemmeno più di tanto dal campione serbo.
Dopo Wimbledon, Andy non si è lasciato andare, è volato a Miami con Amélie al suo fianco, nella speranza di smentire tutto e tutti, un botta e risposta sarcastico e giocoso su Twitter (“Ciao Andy, stai ancora lavorando con aimlee?” “Chi è questa?”, “Hai intenzione di mantenere lo staff tecnico attuale o sono in progetto dei cambiamenti?” “Probabilmente no, perché li odio tutti!”, “Speri di vincere un altro Slam?” “No”) fa sperare in una serenità ritrovata… E’ tempo.