TENNIS EDITORIALI – Un calendario che non l’aiuta. Troppe sconfitte strane nello svolgimento e nel punteggio: Novak Djokovic, Maria Sharapova, Serena Williams. E curiose “resurrezioni”: Jo Wilfiried Tsonga, Agnieszka Radwanska, Venus Williams, Feliciano Lopez. I probabili perché
Sono successe troppe cose strane all’ultimo Canadian Open, e curiosamente sia a Toronto sia Montreal, quasi che il “combined” fosse meno virtuale di quanto fosse previsto.
La sua collocazione nel calendario lo mette a rischio. I più forti tennisti del mondo sono praticamente costretti a giocare i Masters 1000 e i Premier, anche se non ne hanno troppa voglia.
Dopo Wimbledon quasi tutti i big si fermano, vanno in vacanza, perché la stagione sul “rosso” da Montecarlo in poi è molto intensa, con una gran concentrazione di Masters 1000 e di Slam (3 più 2 in meno di 3 mesi).
Se fosse per loro, per le star, rientrerebbero volentieri con Cincinnati, giusto per arrivare “rodati” per l’US Open, l’ultimo degli Slam ma quasi il più importante per dare un’impronta decisiva al ranking di fine anno, anche se ci sono ancora poi i due Masters 1000 autunnali ed indoor (Shanghai e Bercy) e le Atp Finals.
La mia sensazione è che certi risultati a sorpresa registrati a Toronto e Montreal siano conseguenza di un interesse un tantino ridotto da parte dei big.
Così uno Tsonga che non aveva avuto una grande annata fin qui, batte quattro top-ten di fila e conquista il secondo Masters 1000 della sua carriera 6 anni dopo l’unico che aveva vinto, a Bercy 2008, sfruttando l’appoggio del pubblico.
Così Agnieszka Radwanska, anche lei non straordinaria nel 2014, ha vinto a Montreal il suo primo torneo dell’anno. Su una Venus Williams improvvisamente risorta.
Nel torneo, disertato da Rafa Nadal che è sempre più in forse per l’US Open – io sarei sorpreso che giocasse – Serena perde da Venus – che non aveva mai vinto un solo match in Canada in 20 anni! Ma che qui ha battuto Kerber, Suarez Navarro e appunto Serena – come non le era accaduto più da 6 anni. Una resurrezione dovuta soltanto ai suoi meriti, oppure anche agli altrui demeriti?
Djokovic aveva vinto le ultime dieci partite con Tsonga e, ok, era reduce dal matrimonio – con una donna con la quale era “fidanzato” da 9 anni e, incinta, non lo avrà certo spinto a stravizi sessuali tipici dei neo-sposi in luna di miele – però non ci sta che perda in poco più di un’oretta e con quel punteggio.
Murray ha resistito a Tsonga più degli altri, ma con il passante che ha e con la diagonale rovescio vs rovescio a lui così favorevole doveva essere considerato favorito, sebbene anche lo scozzese – e non credo sia colpa di Amelie Mauresmo: sono i giocatori che vanno in campo, i coach a mio avviso hanno un’importanza relativa e comunque più “pesante” se i giocatori/trici allenati hanno scarsa personalità – quest’anno raramente abbia entusiasmato.
Ferrer ha fatto il suo, come (quasi) sempre, anche se è in fase calante, i canadesi, soprattutto la Bouchard ma anche Raonic (battuto dal redivivo Feliciano Lopez che ha saggiamente approfittato dei “bassi” altrui) hanno patito la “pressione” di dover far bene in casa. Dimitrov si fa apprezzare per una prima inconsueta continuità, ma al momento buono gli manca l’acuto.
Insomma è stato un po’ il torneo dei trentenni, e oltre (Tsonga ha però compiuto 29 anni ad aprile: pochi hanno fatto caso al fatto che il Canada gli porti bene: nel 2002 vinse qui il suo primo grande torneo junior), cioè quelli che con l’esperienza vanno sempre avanti e non deludono davvero mai se stanno bene: Federer, Tsonga, Lopez i tre semifinalisti attorno a Dimitrov (vittorioso per un soffio sul vecchio Robredo, e poi Anderson), Benneteau (ha battuto Gulbis). E nel femminile, Venus e Serena, 67 anni in due a disputare la loro venticinquesima sfida.
Troppi indizi per non ritenere che l’approccio al Masters 1000 del Canada sia stato particolare, per molti, troppi atleti (Sharapova compresa: non ci sta che una guerriera come Maria perda 6-2 al terzo dalla Suarez Navarro!).
Ribadisco: Toronto e Montreal pagheranno sempre di più una collocazione non ideale nel calendario. Per me molti l’hanno snobbato, non si ci sono presentati con la dovuta concentrazione.
Dal 2003, quando trionfò Andy Roddick, il Canadian Open maschile era stato monopolizzato dai Fab Four, Federer, Nadal, Djokovic e Murray. Del resto negli ultimi cinque anni soltanto Ivan Ljubicic (Indian Wells 2010), Robin Soderling (Bercy 2010), David Ferrer (Bercy 2012) e Stan Wawrinka (Monte Carlo 2014) avevano spezzato quel fronte nei Masters 1000.
Con i malanni fisici di alcuni – Nadal, Murray e Djokovic si sono tutti fermati quest’anno – e l’anagrafe incalzante di Federer, queste breccie si faranno sempre più numerose.
Addirittura, se pensate a Nadal assente a Toronto e Cincinnati e se avete letto l’intervista di Roger Federer a Toronto (“Non so se mi rivedrete qui”), verranno anche a mancare le occasioni di rivederli tutti insieme. Nemmeno Roger può dare per scontato che a 35 anni sarà ancora in grado di giocare un Master 1000 a Toronto. Ciò significa che in semifinale sempre più spesso ci sarà un rappresentante della new generation.
Fossi l’organizzatore del Canadian Open pretenderei dall’ATP una turnazione in calendario con Cincinnati. Ma non accadrà. E secondo me, proprio in questa fase storica in cui per la prima volta il Canada ha due giocatori contemporaneamente tra i top-ten (Raonic e Bouchard, oltretutto giovanissimi), i suoi tornei potrebbero perdere di peso specificico.
Post scriptum: che tutti i tennisti italiani presenti al Canadian Open abbiano deluso non ha inciso.