TENNIS US OPEN – Djokovic contro Murray e Wawrinka contro Nishikori: dopo un torneo fin qui francamente deludente la speranza degli appassionati di tennis è che da stasera inizi un’altra musica
I dieci giorni che ci hanno condotto ai quarti finale, lungi dallo sconvolgere il mondo, ci hanno detto una volta di più che il tennis internazionale non attraversa un gran momento. Tutto sembra rimanere in mano ai Fab Four, ma se si considera che uno è malato una volta su tre, un altro si sposa, un altro ancora sembra Werther e il quarto un anzianotto a cui non si sa bene cosa chiedere ci si può rendere conto come si siano visti tempi migliori. Del resto non è certo un caso che la partita più attesa dei quarti di finale sia quella tra due “Fab”, lo sposino e il Werther-Murray. Significa che dietro non c’è davvero niente per cui esaltarsi.
L’estate aveva fatto sperare in qualche giovane leva – Kyrgios su tutti, ma si è parlato a lungo degli exploit di Borna Coric, di Alexander Zverev, delle speranze su Thiem, mentre si sta un po’ perdendo Veselj – ma sono tutti troppo giovani per sperare di trovarseli pronti prima di un altro paio di stagione. La generazione di mezzo invece ha la brutta abitudine di patire in maniera eccessiva il confronto con i ragazzi meno giovani uscendo inesorabilmente sconfitta appena le cose diventano un pizzico più complicate. Come spiegare altrimenti la sconfitta di un Dimitrov fin qui ottimo – fatto salvo un black out con Goffin, ma quelli li ha pure Federer – con un ottimo giocatore ma non certo un fenomeno come Monfils? O l’appannamento che coglie Raonic quando riesce ad issarsi fino alla quinta partita di un torneo dello Slam?
Insomma gira e rigira ci ritroviamo con il solito Berdych, il solito Federer, il solito Wawrinka. I tre intrusi dei quarti meritano forse un discorso a parte. Il primo, Gael Monfils, ha compiuto 28 anni l’altro ieri ed entra ed esce dal tennis in relazione non solo alle proprie condizioni fisiche ma anche ai suoi quarti di luna. Il fatto che beva Coca Cola ogni tanto ai cambi di campo serve a dare la misura del ruolo che si è ritagliato il francese nel circuito. Alle prese con Federer, la quintessenza della continuità, è sempre stato a disagio, tranne l’anno scorso quando contro lo svizzero a disagio erano proprio pochi. Non significa che il pronostico sia chiuso, Federer ha sempre dovuto faticare per superare il francese, l’ultima volta una ventina di giorni fa a Cincinnati, ma non trovare l’uomo di Basilea in campo per il Super Saturday – e per la 36ma volta in semifinale slam, ma se cominciamo con i record non la finiamo più – sarebbe decisamente sorprendente.
Il secondo intruso è Marin Cilic, che zitto zitto pare possa ritagliarsi un angolino accanto ai vari Tsonga, Ferrer, o l’uomo che incontra domani, Thomas Berdych. Cilic, tornato alle gare dopo essere stato fermato per doping – che, com’è noto, nel tennis non esiste… – sta faticosamente cercando di riprendere il discorso interrotto nel 2010, quando era riuscito ad issarsi fino alle semifinali dell’Australian Open. Quest’anno, il pupillo di Goran Ivanisevic, ha fatto secondo turno in Australia, terzo in Francia e quarti a Wimbledon. Ma in queste ultime due occasioni è stato fermato a fatica solo da Novak Djokovic che magari non era in grande spolvero ma è sempre in grado di portare a casa la partita praticamente con chiunque. Stavolta Nole è capitato dall’altra parte del tabellone e non è il caso di lasciarsi impressionare dalle ultime due partite di Berdych, che ha avuto due avversari davvero troppo teneri. Il brusco passaggio ad un giocatore decisamente più solido potrebbe essere fatale per il ceco. Insomma se a sfidare Federer sabato ci fosse Cilic non sarebbe chissà quale miracolo.
Lasciando da parte il match più atteso, che paradossalmente dipende più da Murray che da Djokovic, il terzo intruso dei quarti è quello probabilmente più forte di tutti. La stagione di Nishikori fin qui non è stata buona, è stata ottima e solo i guai fisici non gli hanno permesso di portare a casa dei titoli prestigiosi. Tutti ricorderanno come stava trattando Nadal a Madrid, ma Nishikori impressiona praticamente dall’inizio dell’anno. Proprio dagli ottavi di finale persi contro il Nadal dei giorni pari a Melbourne – quello dei giorni dispari era infortunato e rischiava di uscire con Dimitrov ancor prima di perdere con Wawrinka – quando mise in seria difficoltà il maiorchino, Poi l’andamento vittoria-ritiro-rientro difficile-vittoria. Cominciò a Memphis, vincendo il torneo per poi ritirarsi a quello successivo e conseguente rientro con sconfitta contro Haas prima del gran torneo a Miami dove superò Federer, salvo ritirarsi ancora prima di scendere in campo contro Djokovic. La stagione su terra fu clamorosa, con la vittoria a Barcellona, dove letteralmente macinò tutti quanti, la già ricordata vicenda di Madrid e il ritorno zoppicante a Parigi e un Wimbledon in cui pagò lo scotto di un gioco non troppo adatto all’erba. Considerato che ha saltato i due mille nordamericani va a finire che il vero favorito del torneo è lui, anche se ha pensato bene di mettere la mani avanti prima ancora che tutto cominciasse, dicendo di non essere a posto. Ma non fatevi trarre in inganno, se quel fisico tiene oggi per Wawrinka saranno dolori, perché lo svizzero minore ha sì dei picchi di rendimento pazzeschi – e non solo con il rovescio, con Robredo il servizio lo ha cavato fuori dai guai più di una volta e il dritto adesso viaggia in modo molto diverso dagli anni passati – ma troppe pause che non può permettersi. Insomma se la semifinale bassa sembra più o meno prevedibile, quello che succederà nella parte alta del tabellone è davvero sulle ginocchia di Giove. Solo chi fa i pronostici può sbagliarli e quindi non sottraiamoci al giochino: o Djokovic- Nishikori o Murray-Wawrinka.