Dal vocabolario della lingua italiana: Predestinare
Destinare qualcuno o qualcosa a un fine particolare, decidendolo molto tempo prima (il soggetto è perlopiù il destino o una volontà superiore). Più frequentemente in costruzione passiva: “era predestinato alla carica di presidente”.
Ecco, se si parla di Belinda Bencic è impossibile non utilizzare questa definizione, considerando che la sua vita è stata tratteggiata e indirizzata prima ancora che nascesse: pre-destinata, appunto.
“Il soggetto è perlopiù il destino o una volontà superiore”. Più frequentemente in costruzione passiva.”
Nel caso di Bencic, la volontà superiore non è espressione di un destino imperscrutabile o divino; nel caso di Belinda la volontà superiore è quella di suo padre, che nel 1996 seguendo i primi successi di Martina Hingis decide che sua figlia farà altrettanto. Belinda nasce nel 1997, e due anni dopo ha già in mano la prima racchetta. Ma perché proprio Martina Hingis?
Hingis non è un modello casuale per il signor Ivan Bencic: Martina è di origine slovacche (il suo cognome originario era Hingisova) ma cittadina Svizzera. E ugualmente Ivan Bencic è uno slovacco che si è trasferito in Svizzera per giocare a hockey.
Del resto anche Martina Hingis ha avuto un genitore sportivo professionista, nel suo caso la madre (Melanie Molitorova, ex tennista) che quando era rimasta incinta, prima ancora che nascesse, aveva deciso che sua figlia sarebbe stata una campionessa di tennis. Tanto è vero che per cominciare subito con il piede giusto l’aveva chiamata Martina, in onore di Navratilova.
Si potrebbe parlare di vite parallele, tenendo presente che le similitudini non sono casuali, ma pianificate. La vita di Belinda Bencic, infatti è sin dall’inizio organizzata avendo come riferimento Hingis e il suo successo. Perfino gli hobby sono ricorrenti, visto che entrambe praticano l’equitazione.
All’età di otto anni la vita di Belinda si incrocia ancora più strettamente con quella di Martina: per quasi dieci anni infatti Melanie Molitor(ova), affianca papà Bencic nella preparazione tecnica della futura campionessa. Anche qui nessun caso fortuito, visto che la collaborazione nasce nella scuola di tennis di Melanie Molitor, alla quale Belinda è iscritta da quando ha quattro anni.
Inevitabilmente quando Bencic comincia a farsi conoscere grazie ai primi successi viene descritta come “la nuova Hingis”, e si insiste sulle somiglianze del loro gioco.
Da allora il paragone non l’ha mai abbandonata e di recente c’è addirittura chi ha parlato di “hingis-ness”. Il tema è stuzzicante, e fa la gioia dei giornalisti, che hanno un riferimento conosciuto da cui partire: e forse si potrebbe costruire tutto questo articolo in forma di parallelismo. Io però preferisco non farlo, perché penso che una simile impostazione non aiuterebbe a chiarirci le idee su una nuova giocatrice, in parte ancora da scoprire. Troppo ingombrante la figura di Martina Hingis per non correre il rischio di andare fuori strada.
Probabilmente per Bencic avere un riferimento tanto importante è di aiuto per farsi conoscere e ricordare, ma a lungo andare potrebbe diventare un problema: un tormentone ripetitivo e un modello difficilissimo da emulare. Quest’anno contro Hingis ha tenuto una esibizione ad Hobart, e insieme a lei, per la prima volta in un torneo ufficiale, proprio in questi giorni sta giocando in doppio a Tokio.
Per chiudere questo aspetto, mi rifaccio al giudizio di Chris Evert che individua nell’anticipo l’elemento più importante che le accomuna. A proposito di anticipo direi che molto dipende da quali sono gli standard di riferimento; nel tennis più recente a mio avviso giocatrici come Li Na o Azarenka (o una volta Clijsters) “attaccano” la palla ancora prima di Bencic; ma se prescindiamo da queste primissime, allora credo sia difficile contraddire un parere tanto autorevole.
Ma veniamo a Bencic, e a lei soltanto.
Ho già avuto occasione di dire che non conosco il tennis giovanile, per cui spesso finisco per scoprire in ritardo le stelle del circuito junior. Tuttavia l’anno scorso anche un non esperto come me era venuto a conoscenza delle imprese di una giocatrice capace di vincere nello stesso anno i due Slam europei. Dopo la vittoria al Roland Garros 2013, poche settimane dopo, con il successo a Wimbledon, Bencic ha ottenuto un’accoppiata che mancava da quasi vent’anni. Le ultime due junior capaci dell’impresa erano state Mauresmo (1996) e Hingis (ancora lei… nel 1994).
Non solo: nel 2013 Bencic è rimasta imbattuta nei tornei giovanili fino al mese di luglio, ottenendo 39 vittorie consecutive, e chiudendo l’anno con un bilancio di 42 vittorie e appena 2 sconfitte.
Dopo gli US Open Junior 2013, nei mesi conclusivi della stagione ha deciso di giocare solo tra gli adulti. E anche se per ragioni di età deve ancora limitare il numero di tornei a cui partecipare, ha avuto bisogno di pochissimo tempo per ottenere risultati degni di nota.
E’ riuscita subito a superare le qualificazioni degli Australian Open 2014 e a vincere al primo turno contro Kimiko Date, prima di perdere dalla futura campionessa Li Na.
Ma il primo vero exploit lo ha ottenuto nel primo turno di Fed Cup giocato a Parigi, quando ha vinto entrambi i singolari contro Razzano e Cornet. Una prova di maturità sorprendente, perché l’ambiente delle trasferte di Fed Cup sembra particolarmente ostile per una ragazzina di 16 anni.
Poi segnalerei la semifinale al torneo di Charleston (sempre partendo dalle qualificazioni) in cui ha sconfitto Kirilenko ed Errani, la vittoria a Roma contro Pavlyuchenkova e soprattutto lo straordinario ultimo US Open, in cui ha battuto due top ten come Kerber (che ha New York ha sempre giocato bene) e Jankovic, arrivando addirittura ai quarti di finale.
Certo non sono mancate anche le delusioni (penso al 6-0, 6-0 subito da Wozniacki a Istanbul) ma pretendere la continuità assoluta da una giovanissima sarebbe davvero troppo.
Si spiega spesso come il tennis sia diventato sempre più fisico e che per questo alle più giovani occorra un periodo di adattamento per reggere alle sollecitazioni del circuito WTA. A me pare un ragionamento corretto, e fino all’anno scorso sembrava che fosse una regola che quasi non ammetteva eccezioni.
Ma dopo alcuni anni in cui chi faceva il salto nel professionismo da giovanissima faticava inizialmente ad essere all’altezza, alcune giocatrici della generazione 1996-97 sono riuscite a ritagliarsi piuttosto rapidamente momenti significativi nel circuito maggiore.
Oltre a Bencic penso ad Ana Konjuh (entrambe del 1997, Konjuh è già a ridosso delle 100 malgrado alcuni mesi saltati per una operazione al gomito); e penso a Taylor Townsend e Donna Vekic (nate nel 1996).
Delle quattro che ho nominato, solo Donna Vekic non aveva primeggiato anche tra le junior; Konjuh, Townsend, e Bencic, invece, sono state tutte e tre ai vertici del ranking giovanile e vincitrici di Slam, anche incontrandosi tra loro in finale. Per il momento è difficile stabilire se questo sia effetto di un innalzamento del circuito junior o semplicemente di una generazione più forte e pronta del solito.
Ma come gioca Bencic?
Direi che innanzitutto è una tennista con i fondamentali molto solidi. Dei colpi di base secondo me quello che è forse di livello meno convincente è la seconda di servizio. Ma la prima di servizio, il dritto e il rovescio (bimane) sono colpi davvero ben impostati, sotto tutti gli aspetti, inclusi i difficili cambi di gioco lungolinea. E i gratuiti sono molto limitati.
La caratteristica che ho trovato più sorprendente, e che a prima vista non le avrei attribuito, è la pesantezza di palla. Alta 1,75 (secondo la scheda WTA) non sembra avere un fisico potentissimo, eppure riesce a scambiare senza complessi di inferiorità contro chiunque. Questo aspetto penso sia risultato fondamentale per fare subito bene nel circuito maggiore.
Nella partita di Roma con Pennetta ho avuto l’impressione che Bencic facesse viaggiare la palla ad una velocità media molto sostenuta, e proprio con la pesantezza di palla ha spesso messo in difficoltà Flavia. In quella occasione mi è sembrato che la “velocità di crociera” di Bencic fosse leggermente superiore a quella di Pennetta.
Sono consapevole del fatto che stabilire la pesantezza di palla dalla TV è difficilissimo: occorrono molte partite, la possibilità di fare confronti con giocatrici che già si conoscono bene, evitare di farsi ingannare da certe inquadrature etc. etc; e rimane comunque un margine di errore.
Tenendo presente tutto ciò, direi che Bencic dispone di una palla “tosta”, da non sottovalutare. Almeno al livello di una Jankovic; proprio nella partita contro Jelena a Flushing Meadows mi è sembrato che il palleggio delle due giocatrici fosse sostanzialmente identico in termini di velocità e di potenza.
A mio avviso un altro significativo punto di forza è la capacità di muoversi in campo senza rimanere ancorata alla linea di fondo. Ma su questo devo spiegarmi bene: spesso ci sono giocatrici che sentono la linea di fondo come una specie di riferimento invalicabile e quindi si muovono quasi solo in orizzontale, oppure decisamente in verticale. Di conseguenza o giocano stando dietro la riga o (eventualmente) scendono a rete.
Tutto al contrario Bencic: lei è abilissima a gestire la profondità di palla e se la sua avversaria accorcia, legge senza difficoltà la situazione, andando per tempo a colpire con i piedi ampiamente dentro il campo. Significa che è capace di muoversi indifferentemente dietro o davanti alla linea di fondo, con grande sicurezza.
E se si è da sempre abituati a colpire palle ampiamente dentro il campo, si aprono possibilità per un tennis differente: traiettorie con angoli inconsueti, o palle che diventano pericolose anche se solo appoggiate; conclusioni che diventano imprendibili proprio perché la parabola molto più breve toglie il tempo alle avversarie:
Tra le attuali primissime, questa capacità di palleggiare ampiamente dentro il campo con naturalezza secondo me la possiede soprattutto Azarenka (ne avevo parlato in questo articolo). Nel tennis contemporaneo perdere profondità può diventare molto pericoloso, ma se si gioca contro Bencic basta accorciare troppo un solo colpo per ritrovarsi immediatamente a rischio.
Secondo me è stato questo uno dei problemi di Kerber nella partita persa a Flushing Meadows. Senza farsi abbattere dalle capacità difensive di Angelique, Bencic ha quasi sempre saputo approfittare dei vantaggi che riusciva a costruirsi nello scambio, scegliendo il momento opportuno per chiudere il punto, senza strafare.
Ma anche Sara Errani a Charleston ha sperimentato sulla propria pelle cosa significa non riuscire a tenere dietro la linea di fondo Bencic, e quanto si soffre se le si lascia la possibilità di trovare soluzioni con i piedi dentro il campo.
Il gioco difensivo non è il suo punto forte; ci sono giocatrici molto più elastiche e scattanti di lei. Direi che si affida più alla tecnica che alla velocità di gambe: colpi in chop, mezzi lob per recuperare la posizione, back di contenimento.
Quando l’avversaria è in controllo deve però stare attenta a considerarla spacciata troppo presto, perché Bencic è capace di rovesciare la situazione con un solo colpo, spesso con un lungolinea tirato in corsa, anche da fuori campo (sia di dritto che di rovescio).
Nei pressi della rete devo confessare che non ho ancora le idee sufficientemente chiare per valutarla: capita spesso che rinunci a fare il passo avanti preferendo continuare a spingere al rimbalzo; e quando proprio decide di scendere, ricorre molto spesso allo schiaffo al volo. Ma credo che, considerata l’età, ci sarà tempo per diventare più sicura e usare più frequentemente le volèe classiche, che in alcune situazioni rimangono (per chi le sa eseguire) il colpo più logico e meno rischioso per chiudere il punto.
Caratterialmente mi sembra un tipo piuttosto deciso e combattivo; curiosamente a me pare che siano certe gestualità e certi segni di frustrazione esibiti a scambio finito gli aspetti che lasciano trasparire di più la sua giovanissima età. E così finisce per sembrare più matura quando la palla è in gioco che tra un punto e l’altro.
E per il futuro? Nel caso di Bencic, come quasi sempre per chi si afferma tanto presto, direi che il nocciolo della questione è solo uno: questi successi sono il segno di un superiore talento o di una superiore precocità? Nella prima ipotesi ci si deve aspettare una ulteriore crescita, nella seconda ipotesi i progressi sarebbero minori e ci troveremmo di fronte semplicemente ad una buona carriera cominciata in anticipo rispetto alla media.
Sotto questo aspetto personalmente non mi sento in grado di esprimere una opinione motivata e convinta. Chi l’ha seguita da più tempo di me forse ha gli elementi per valutare se ci troviamo davvero di fronte ad una giocatrice di massimo livello o se i suoi orizzonti futuri devono essere considerati un po’ più limitati.