TENNIS LIBRERIA – Diamo il via ad una nuova rubrica. Una piccola biblioteca sul tennis in continuo aperiodico divenire. Si parte con 500 anni di tennis scritto da Gianni Clerici
La cronaca è veloce. La letteratura lenta. Una critica, celebra, dimentica e rinasce ogni giorno. L’altra mastica. E ricorda. La prima è una freccia. La seconda un incrocio tra un cervello che non dorme mai, un giudice crudele e un angelo compassionevole.
Questa rubrica vuole essere una piccola biblioteca sul tennis, lo sport che assieme al ciclismo e alla boxe, meglio si presta alla parola scritta. E vuole farlo su Ubitennis. Storie di ieri in un quotidiano elettronico che si nutre dell’oggi.
I libri proposti sono solo una bibliografia essenziale in continuo e aperiodico divenire.
Chi ha consigli, o meglio ancora recensioni, è benvenuto.
Iniziamo da qui.
Clerici G., (1974), 500 anni di tennis, Mondadori, 2004.
Incominciamo col botto. Forse il libro che ogni appassionato di tennis dovrebbe avere, o almeno far finta di avere letto. Una specie di bibbia laica che letteralmente riscrive la storia di questo sport. Frutto di tre anni di ricerca alla biblioteca di Londra, Clerici trova tracce dell’antenato del nostro sport in incisioni medioevali, quadri risorgimentali e addirittura in testi scientifici di Galileo. 500 anni di tennis è un viaggio nell’animo umano inseguendo la metafora di una pallina che ricorda tanto il moto dei corpi celesti. Si dice che dopo Pinocchio e la Divina commedia sia il libro italiano più venduto all’estero. Non saprei dire quanto sia vero ma se mi dovessero chiedere uno scambio Italia Spagna, “noi vi diamo Nadal e voi ci date Clerici” rifiuterei senza esitazione. Il cantore è più importante della guerra diceva Wim Wenders e tra Achille ed Ettore, io scelgo Omero. Eppure 500 anni di tennis è il libro più importante di Clerici ma quello che lascia più spiazzato chi idolatra e insegue lo scriba. Il celebre “Dottor Divago”, l’uomo capace di trasformare la storia del commento televisivo, o alzare la cronaca tennistica a piccolo genere letterario, lascia per lunghi tratti il passo allo storico (del tennis). Il vero protagonista non è mai l’occhio di chi guarda ma sempre sua maestà Il Tennis restituito finalmente nelle sue varie epoche e nella sua strana essenza di “Re dei giochi e gioco dei Re”. Accanto a informazioni sull’evoluzione delle racchette (in principio fu un guanto di cuoio) e delle palline, scopriamo che Proust fu un buon giocatore di tennis, e anche il duca Carlo D’Orleans o Enrico II non giocavano malaccio. Quello che oggi chiamiamo sport ci viene consegnato nel suo strano cammino da necessità dell’essere umano a intrattenimento di corte, fino a diventare un signorile passatempo agonistico che si trasformerà rapidamente in uno stupefacente fenomeno di massa. In mezzo un paio di guerre mondiali. Quasi uno specchio privilegiato per cogliere la storia, o meglio, l’essenza di quello stano animale ludico chiamato uomo. Se vi affliggono domande come “perché si chiama Tennis?”, “perché i punti si contano quindici, trenta, quaranta?”, o perché lo “zero” si dice love?, è il libro che fa per voi. Se poi sulla Grande Questione del doppio circuito dilettanti/professionisti, con relative problematiche sul conteggio tornei dello Slam per inseguire il mito del GOAT, volete avere le idee chiare una volta per tutte, correte subito in libreria. Ma subito.
A spaccare il libro in due, c’è una frase: “come è noto, la storia viene scritta dai vincitori. Io sono, al contrario, il giocatore di tennis più battuto e uno dei più deboli che gli annali ricordino”. Il dott. Clerici si ricongiunge con mister Scriba e da lì parte la sezione forse meno “pesante” ma più avvincente. Finalmente la storia raccontata da uno degli ultimi, senza alcun rancore ma solo ammirazione. Con un superbo corredo fotografico, acutamente commentato, si srotola un film fatto di gesti bianchi, personaggi da romanzo, aneddoti, guerre mondiali, campioni e una cosa che potremmo chiamare “l’odore della storia”. Andrebbe imposto con la forza bruta di Arancia Meccanica a chi crede che Federer vs. Nadal rappresenti il momento più alto di questo sport. Il film arriva fino ai nostri giorni. Ogni edizione viene aggiornata e accanto all’implacabile asse temporale viene proposta un’acuta divisone tematica che rilegge ed elabora il tennis dei pionieri, quello tra le guerre, quello moderno e quello contemporaneo. Il primo Wimbledon, la Divina, i Quattro Moschettieri, il grande Slam di Budge, Pancho Gonzales (l’immigrato messicano), Rod Lever, l’avvento di Connors, Mc vs. Borg, il poker d’assi: Lendl, Becker, Edberg, Wilander, l’era Sampras, il regno di Federer, la sua nemesi maiorchina eccetera. La presenza del tennis femminile ha uno spazio uguale con applausi, se possibile, più forti. Ogni periodo viene restituito con i colori dell’epoca e con una scrittura acuta e confidenziale che sarebbe più corretto chiamare “voce”. La voce evocativa e millimetrica di quello zio elegantissimo che ha visto il mondo e che aspettiamo come bambini nei pranzi delle feste. A rafforzare l’impianto saggistico delle tavole finali con tutti i vincitori degli Slam (che si chiamano Majors) che se ai tempi di internet è molto semplice reperire immagino che nel 1974 sembravano così preziose che solo questo dovrebbe dare la cifra di come il mondo, e il tennis corre veloce.
Insomma la storia di uno sport meraviglioso scritta dal suo miglior cantore e peggior interprete. Due pietre focaie in grado di produrre un libro semplicemente unico. Una sola avvertenza per il lettore. 500 anni di tennis più che un libro è un’enciclopedia in prosa. Pesa come un comodino, ha l’apertura alare di un’aquila reale e costa un botto. Non si può leggere in spiaggia, non si può leggere al bar, non si può leggere a letto. Forse però è lo stesso verbo leggere a essere improprio. 500 anni di Tennis, come la bibbia, o il capitale, o meglio ancora il Kamasutra non si legge, si frequenta. Spesso per tutta la vita.
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1 Wenders W., Il cielo sopra Berlino, 1987.
2 Tommasi R. (cit.)
3 Penso agli articoli su Repubblica. Me ne ricordo uno in cui Clerici raccontava che una grande tennista proprio in seguito a 500 anni di Tennis si era offesa con lui per non averle dedicato il giusto spazio. Da quel giorno, scrive Clerici, è cominciata la più grande seduzione mai messa in atto verso un’anziana signora inglese. In poche parole dopo sequenze di fiori, cioccolatini e lettere mai accettate, Clerici prende il posto dell’autista di un suo amico invitato alla festa dell’ottantesimo compleanno della dama e, una volta in sua presenza, si inginocchia e chiede scusa. Teatro puro.
Prossimo libro: A. Agassi, Open, Einaudi, 2011
Pier Paolo Zampieri